Daniele Martini, Il Fatto Quotidiano 6/6/2014, 6 giugno 2014
ACEA, MARINO “CACCIA” CALTAGIRONE
Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, avrà pure un sacco di difetti, come gli rimproverano gli oppositori tra cui paradossalmente primeggiano i suoi amici Pd della maggioranza, soprattutto quelli dell’area renziana. Ma non si può dire non sia tenace: aveva detto alcuni mesi fa che avrebbe fatto piazza pulita all’Acea, l’azienda pubblica dell’acqua e della luce, e ieri ha portato a compimento il proposito. Ha dato il benservito ai due vecchi capi, il presidente Giancarlo Cremonesi, e l’amministratore delegato, Paolo Gallo. E ha ridisegnato il consiglio di amministrazione riducendolo da 9 a 7. L’assemblea della società lo ha sostenuto su tutta la linea. La proposta di Marino ha ottenuto molto più del 51 per cento (la quota azionaria del comune). Con lui si sono schierati i piccoli azionisti e i fondi esteri esprimendo in totale un voto che ha lambito il 70 per cento.
Al posto dei vecchi capi di Acea sono stati scelti Catia Tomassetti, presidente, e Alberto Irace, amministratore delegato. La prima ha già assunto i suoi poteri, il secondo sarà formalmente eletto lunedì mattina in occasione della riunione del primo cda rinnovato che dovrebbe anche cancellare la figura del direttore generale fino ad ora assunta dall’amministratore Gallo. Entrambi sono nomi nuovi, ma allo stesso tempo hanno una certa consuetudine con Acea. Tomassetti, esperta di finanziamenti per il settore idrico, ha già lavorato ad alcuni progetti per l’azienda capitolina e anche per il comune di Reggio Emilia di cui l’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, è stato sindaco fino a 5 mesi fa. Irace ha avuto una parentesi da politico, sindaco Pds del comune campano di Castellammare di Stabia, è stato poi amministratore della fiorentina Publiacque quando consigliera era Maria Elena Boschi, ora ministro Pd per le riforme costituzionali. Per Roma è una svolta importante. Non tanto per il cambio di manager o per i risparmi, visto che il nuovo vertice tutto intero costa quanto costava da solo l’ex amministratore delegato. Quel che è successo è importante perché Acea non è solo una grande azienda, la prima in Italia per il trattamento e la distribuzione dell’acqua, una delle più grandi fabbriche del centrosud con 7 mila dipendenti, una holding con una ventina di società controllate e più di 3 miliardi di euro di fatturato. A Roma Acea significa potere vero. Chi la controlla ha le mani sulla città. Prima di Marino, era guidata di fatto dai privati, pur avendo il Campidoglio la maggioranza assoluta del capitale.
I privati di peso di Acea sono due, i francesi di Suez e il costruttore Francesco Gaetano Caltagirone. A quest’ultimo l’ex sindaco Gianni Alemanno aveva fatto ponti d’oro. Con appena il 16,3 per cento delle azioni al re del mattone era stato permesso di scegliere accuratamente i vertici dell’azienda, come fosse roba sua. Questo andazzo ieri è stato sanzionato in modo eclatante: quando si è trattato di votare, il costruttore romano che sulla carta aveva i numeri per eleggere 2 consiglieri, ne ha eletto uno solo. A sorpresa ne hanno avuti 2 i francesi.
I dissensi su Acea tra Marino e Caltagirone erano a 360 gradi. Marino rimproverava al vecchio vertice aziendale di avere occhi solo per l’andamento del titolo in Borsa (la società è quotata) anche a discapito dei servizi per i cittadini. L’altro punto di scontro sono stati i rifiuti. Marino vorrebbe rafforzare la presenza di Acea nel ciclo di trattamento dell’immondizia collegandola con l’azienda comunale che i rifiuti li raccoglie (Ama). Pur senza mai esplicitarlo, Caltagirone seguiva invece un suo scopo puntando all’acquisto degli impianti Colari per prendere il posto di Manlio Cerroni, l’ex re della monnezza che per più di 30 anni ha monopolizzato quel business prima di essere arrestato.
Daniele Martini, Il Fatto Quotidiano 6/6/2014