Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano 6/6/2014, 6 giugno 2014
MATTEOLI IL LAGUNARE
Se l’ex ministro Altero Matteoli è passato all’esame del tribunale dei Ministri, direi che questa è la vicenda principale”. Felice Casson, senatore Pd dopo anni di battaglie da magistrato contro i crimini dei colletti bianchi a Venezia, sa quel che dice. L’inchiesta sul Mose punta dritta a Roma. Ma Matteoli, indagato per corruzione, si è sfilato dall’inchiesta principale che ha portato due giorni fa a 35 arresti, portandosi dietro nel più riservato tribunale dei ministri il suo sodale e presunto corruttore, il noto palazzinaro romano Erasmo Cinque.
La storia l’ha raccontata ai magistrati veneziani Piergiorgio Baita, amministratore delegato della società di costruzioni Mantovani, arrestato il 28 febbraio 2013. Due mesi dopo, mentre Baita spiegava il come e il perché in meticolosi interrogatori, Matteoli veniva eletto trionfalmente dalle larghe intese Pd-Pdl presidente della Commissione lavori pubblici del Senato. Un competente, visto che aveva regnato sul ministero delle Infrastrutture nell’ultimo governo Berlusconi.
La ricostruzione degli inquirenti è la seguente. Cinque, da sempre legato ad Alleanza Nazionale, storico sponsor di Gianfranco Fini e poi finanziatore del Pdl, si presenta al presidente del Consorzio Venezia Nuova come uomo di Matteoli e crea il “contatto” tra il manager veneto e il ministro. Tanta “rappresentatività” gli vale la possibilità di entrare con una quota minima nel Consorzio Lepanto, che fa parte del Consorzio San Marco, che fa parte del Consorzio Venezia Nuova. Siccome la apposita legge speciale dice che Venezia Nuova può farsi tutti i lavori in casa, senza gare, entrare nei consorzi significa sedersi a tavola. La Socostramo di Erasmo Cinque entra nel giro in quota Matteoli. Ed ecco che vince con la Mantovani di Baita e con le immancabili cooperative cosiddette rosse (hasta siempre) il più grosso appalto dell’Expo milanese, la cosiddetta “piastra”.
La Socostramo non partecipa ai lavori del Mose, ma alle bonifiche di Marghera. Già nel 2009, l’allora governatore del Veneto Giancarlo Galan, invocava una nuova legge speciale per Venezia, visto che i lavori del Mose stavano per finire (si fa per dire), e c’erano tante altre cose da fare (“capisci a me”, direbbe Antonio Di Pietro). Comunque, con il permesso del Magistrato delle acque le bonifiche rientrano già nella “salvaguardia della laguna” che la legge riserva a Venezia Nuova. Infatti Cinque e Mazzacurati litigano proprio sul Magistrato alle acque, posizione strategica per trafficare con i soldi pubblici destinati a Venezia. Baita racconta la lite nel 2013, ma i magistrati intercettavano tutti da anni, e così devono solo andare a risentire i nastri per mettere i tasselli al loro posto.
Nel settembre del 2011 c’è da sostituire Patrizio Cuccioletta (arrestato due giorni fa), e Mazzacurati vuole scavalcare Cinque per trattare direttamente con Matteoli. Il governo Berlusconi sta per cadere, ma per questi affari invisibili il ministro delle Infrastrutture è ancora fortissimo. Cinque reagisce, e vieta a Matteoli di parlare con Mazzacurati. Il ministro obbedisce, e passa la nomina di Ciriaco D’Alessio, proveniente da Firenze. Mazzacurati non lo conosce neppure e s’infuria. Interviene sul sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta per bloccare la nomina, senza risultati. Cinque invece lo conosce bene, si danno del tu. Durante l’inchiesta sui lavori del G8 e sulla cosiddetta “cricca”, nelle intercettazioni fiorentine si parla del palazzinaro romano, chiamato in codice “Five”, si noti l’arguzia.
Il 15 ottobre Cinque chiama D’Alessio per comunicargli la nomina, il prescelto lo incensa: “Trionfatore!”. Si danno del tu. Mazzacurati schiuma rabbia. Baita spiega ai magistrati che per la prima volta il Magistrato alle acque di Venezia, il suo controllore, non l’ha scelto lui. Cinque è dunque il trionfatore, il palazzinaro romano che detta legge a Venezia. Ma la sua forza viene dall’essere l’uomo di Matteoli. Con lui fonda nel 2009 la Fondazione della Libertà, che ufficialmente “non ha scopo di lucro”, ed è nata per attuare “ogni iniziativa tesa all’approfondimento dei problemi inerenti”. Ecco . Però ha un tesoriere senza scopo di lucro, Giovanni Battista Papello, storico consigliere d’amministrazione dell’Anas in quota An, e un presidente del comitato tecnico-scientifico , Roberto Serrentino, storico sindaco revisore dell’Anas in quota An. Con Cinque e con il ministro delle Infrastrutture chissà di che cosa parlavano ogni volta.
Esattamente vent’anni fa, il 6 giugno 1994, Francesco Rutelli, fresco sindaco di Roma, scomunicò il palazzinaro che aveva sostenuto Fini alle recenti elezioni comunali, definendolo “un interlocutore assai poco credibile perché frutto del vecchio sistema di potere”. Per adesso è certo che Erasmo Cinque e Matteoli sono durati più di Rutelli e che il malaffare ha radici antiche. Sul resto il tribunale dei ministri ci farà sapere.
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Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano 6/6/2014