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 2014  giugno 06 Venerdì calendario

ORSONI CHI?


Dunque, secondo Luca Lotti, sottosegretario a Palazzo Chigi e fedelissimo di Renzi, Giorgio Orsoni “non è iscritto al Pd, non ha tessera, è un sindaco indipendente e il Pd, che lo sostiene in consiglio comunale a Venezia, non significa che rubi. L’accostamento tra il Pd e un capo d’accusa personale lo trovo alquanto forzato”. Fantastico. Dunque, siccome Greganti arrestato per le tangenti Expo era iscritto al Pd dal 2011, ciò significa che il Pd rubava su Expo. Siccome poi, fra i 35 arrestati a Venezia, c’è anche Giampietro Marchese, iscritto al Pd ed ex vicepresidente del consiglio regionale, accusato di aver intascato mazzette per mezzo milione in otto anni fino al 2013, vuol dire che il Pd rubava anche sul Mose. Resta da capire che differenza ci sia fra il Pd e Forza Italia, anche perché, all’arresto di Scajola per la latitanza di Matacena, Berlusconi fece sapere che “questo Matacena non me lo ricordo proprio” e “Scajola si era allontanato da tempo dal partito”, che dunque non c’entrava. E anche questo Galan era solo deputato dal ‘94, poi governatore del Veneto e infine due volte ministro, dunque chi lo conosce? Ma sì, dai, i partiti non c’entrano e gli arrestati sono tutti figli di madre ignota. Matteo Renzi si chiama fuori, e con ragione, perché almeno lui con la stagione degli Orsoni, come con quella dei Greganti, non c’entra. Poi però dice “fuori i ladri dalla politica”, e lì è impossibile seguirlo: per lui i ladri sono solo i condannati in Cassazione, il che significa che per cacciarli dalla politica bisogna attendere una decina d’anni da quando rubano, anzi da quando vengono beccati a rubare. Troppo tardi, Matteo. Anche Sandro Gozi se la cava con la favoletta del vecchio che resiste al nuovo: “Le inchieste vedono sempre coinvolti personaggi di un’altra fase politica”. Sì, buonanotte: Orsoni fu eletto sindaco di Venezia nel 2010, quando Gozi era già parlamentare da 4 anni (allora in quota Prodi, non ancora convertito a Renzi), dopo aver lavorato al ministero degli Esteri dal 1995 e alla commissione europea dal 2000 e alla giunta pugliese di Vendola (come “consigliere diplomatico”, mica bruscolini) dal 2005. Quindi l’“altra fase politica” di cui Gozi ciancia è anche la sua. Toti, poveretto, tiene a precisare che le vicende di Galan sono “personali”, ma soprattutto che questi arresti rischiano di influenzare “la vigilia dei ballottaggi”. Insomma è la solita giustizia a orologeria, a differenza della corruzione, che è quotidiana, h 24, dunque non guarda mai l’orologio. Anche Alfano, ancora incredulo per non avere nemmeno un Ncd arrestato su 35, non trova di meglio che commentare la tempistica della retata, fra l’altro in un italiano malfermo: “Sono arresti che per i partiti che li hanno subìti hanno avuto il privilegio di arrivare dopo le elezioni. Ad altre formazioni politiche a qualche giorno dal voto non è stato riservato lo stesso privilegio”. Cioè: a noi avete arrestato Paolo Romano prima che riuscissimo a mandarlo a Strasburgo e a scudarlo con l’immunità, per gli altri invece avete aspettato che passassero le elezioni, non è giusto. Poi c’è Fassino, che va un po’ oltre gli stessi avvocati di Orsoni. Questi, prudenzialmente, non si sa mai, si limitano a osservare che al loro assistito “si attribuiscono condotte non compatibili con il suo ruolo e il suo stile di vita”. Il che fa un po’ sorridere: quanto al ruolo, Orsoni non sarebbe certo il primo sindaco che prende mazzette; quanto allo stile di vita, visto che Orsoni vive in una casa da favola con vista sul ponte di Rialto, un maggiordomo in livrea e una barca con le insegne della Compagnia della Vela, non si capisce se sia troppo povero o troppo ricco per rubare. Ma, come ben sappiamo, entrambe le condizioni sociali sono tutt’altro che incompatibili con le mazzette. E poi che dovevano fare i giudici, dinanzi alla confessione di almeno tre corruttori e alle intercettazioni che provano le mazzette a rate e le continue visite del tangentaro Mazza-curati a casa del sindaco prima durante e dopo le elezioni del 2010?
Assolverlo preventivamente per lo stile di vita, o magari per il ruolo? Fassino, comunque, fa di più e di meglio. Prima invita i giudici ad assolvere Orsoni alla svelta perché “chi lo conosce non può dubitare della sua onestà e correttezza”, quindi la prossima volta i magistrati, prima di arrestare qualcuno, chiamino lui: “Scusi, Fassino, vorremmo arrestare Tizio: lei per caso ne conosce l’onestà e correttezza? No perché, nel caso, noi lasceremmo perdere”. Sulla parola di Fassino però è lecito qualche dubbio, visto il lombrosario di pregiudicati che lo circonda al Comune di Torino (Quagliotti, La Ganga, Gallo), tutta gente che chi la conosce non può dubitare della sua onestà e correttezza, ci mancherebbe. L’altro giorno l’imprenditore Maltauro, arrestato per Expo, ha detto a verbale che “Greganti si consultava con Bersani e Fassino”. Bersani ha smentito, correttamente, di aver “mai in vita mia incontrato o parlato con Greganti” . Fassino invece ha smentito ciò che Maltauro non ha mai detto (“in vita mia non mi sono mai occupato di appalti”), mentre non ha smentito ciò che Maltauro ha detto sui presunti referenti del Compagno G. Ora, può darsi che Fassino non si sia mai occupato di appalti in vita sua. Di affari, però, sì. Nel 1993 il presidente di Euromercato Carlo Orlandini disse ai pm di Torino, di aver incontrato nel 1989 Fassino, allora segretario provinciale del Pci, per parlare del progetto dell’ipermercato Le Gru di Grugliasco (poi finito in uno scandalo di tangenti rosse); e, subito dopo l’interrogatorio, inviò un fax a Fassino per rivelargli quel che aveva dichiarato ai magistrati. Che bisogno aveva di fare quel fax violando il segreto investigativo? E che c’entrava Fassino con un centro commerciale? Nel 2005 l’ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio raccontò al pm milanese Francesco Greco: “A fine 2004-inizio 2005 sono venuti da me Fassino e Bersani a chiedere se si poteva fare una grande fusione Unipol-Bnl-Montepaschi. Io li ho ascoltati”. Pochi mesi dopo, nell’estate del 2005, il segretario Ds Fassino veniva intercettato al telefono col patron di Unipol, Giovanni Consorte, impegnato nelle scalate illegali dei furbetti del quartierino, mentre riceveva notizie riservate sull’affare Unipol-Bnl: “Allora, siamo padroni della banca?... Portiamo a casa tutto”. A che titolo Fassino sponsorizzava fusioni bancario-assicurative? Oggi - senz’aver mai risposto a queste domande, anche perché nessuno gliele ha fatte, forse perché tutti ne conoscono la risposta - Fassino è uno degli alleati più influenti di Renzi. Il problema, in soldoni, è tutto qui.

Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 6/6/2014