Marcello Sorgi, La Stampa 6/6/2014, 6 giugno 2014
REFERENDUM, LA LEGA SPIAZZA
Tra le pieghe di una ripresa politica post-elettorale che s’annuncia più complessa del previsto, c’è un’iniziativa al momento degnata di scarsa attenzione.
Un’iniziativa che, se invece centrerà il proprio obiettivo, rischia di influire non poco sul panorama politico già terremotato dal voto del 25 maggio.
Si tratta dei cinque referendum per i quali il nuovo segretario della Lega Nord Matteo Salvini sta raccogliendo le firme con l’aiuto, per due dei cinque, di Berlusconi e di Forza Italia. Ma in particolare, senza nulla togliere agli altri quattro, meno condivisibili, che riguardano la prostituzione e le case chiuse, la possibilità per gli immigrati di partecipare ai concorsi pubblici, l’abolizione delle prefetture e i reati di opinione, è soprattutto il primo, mirato ad abrogare la legge Fornero sulle pensioni, che potrebbe far nascere una di quelle inedite alleanze trasversali che hanno accompagnato le pagine più riuscite della lunga storia referendaria italiana: imponendo cambiamenti imprevedibili - si pensi alle origini, divorzio e aborto - o addirittura la rivoluzione che con l’introduzione della preferenza unica e del sistema elettorale maggioritario portò alla caduta della Prima Repubblica.
A dispetto delle intenzioni dell’ex-ministra di cui porta il nome, che tra l’altro si è sempre lamentata di non essere stata messa al corrente di tutte le possibili implicazioni della sua riforma, la legge Fornero, che ha risolto il problema del dissesto del sistema pensionistico italiano ed è per questo giudicata positivamente in tutta Europa, in Italia è diventata il simbolo di una macroscopica ingiustizia sociale: con centinaia di migliaia di lavoratori «esodati» (estromessi cioè dal posto di lavoro senza la normale protezione degli ammortizzatori sociali e della pensione), e la sensazione, che non può essere definita altrimenti visto che finora non è stata dimostrata, che abbia contribuito ad aumentare a dismisura la disoccupazione giovanile, giunta alla soglia record di un senza lavoro su due, in Italia, nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni. D’altra parte, se sono sempre meno quelli che, malgrado una rispettabile anzianità di servizio, non lasciano volontariamente il proprio posto, in presenza di una legislazione che non garantisce la pensione prima dei 67 anni, è evidente che il turn-over tra vecchi e giovani rallenta o tende a fermarsi.
Ora, che sia la Lega - e non un sindacato o un partito di sinistra, tradizionalmente più vicini agli strati marginali della società, e in particolare agli «esodati» -, a promuovere un referendum come questo, è di per se una novità. Segnala, quanto meno, un’aspirazione politica nazionale, e non tradizionalmente locale, com’è stata finora, di un partito che per vent’anni ha avuto nella rappresentanza nordista il proprio core business. Salvini, che non a caso nell’ultima campagna elettorale si è spinto ben oltre i confini storici del suo elettorato, verso Sud, mostra di aver colto la lezione intramontabile di Marco Pannella: un referendum azzeccato può trasformarsi in una leva politica così forte, che, seppure azionata da un piccolo partito, può produrre un grande risultato.
Da questo punto di vista la consultazione della Fornero ha tutte le caratteristiche che in passato hanno determinato le principali sorprese referendarie: a cominciare dalla prima, quella di spostare elettori da una parte all’altra e dal basso verso l’alto, come appunto accadde già nel 1974 con il divorzio, quando milioni di elettori cattolici abbandonarono la Democrazia cristiana, che voleva cancellare la legge per lo scioglimento legale del matrimonio, e nel 1981 con l’aborto, quando sempre la Dc, che pensava di prendersi la rivincita, su un argomento più delicato e divisivo come l’interruzione di gravidanza, andò incontro ad un’altra sonora sconfitta. E come avvenne ancora dieci anni dopo, nel ’91 e nel ’93, con la preferenza unica e il sistema elettorale maggioritario, che furono votati in massa dagli stessi elettori che poco prima avevano dato la maggioranza ai partiti di governo travolti dai risultati referendari.
Nei due anni trascorsi da quando la riforma è entrata in vigore, nessuno è stato in grado di definire con sicurezza il numero degli «esodati»: si cominciò col parlare di alcune migliaia, poi cresciute a decine e a centinaia di migliaia. E ancora, nessuno è riuscito a quantificare l’effetto dell’irrigidimento del mercato del lavoro in uscita sulla creazione di nuovi posti di lavoro e sulla possibilità, per le imprese, di procedere più rapidamente a ristrutturazioni e affrontare con maggiore flessibilità le insidie di una crisi economica durissima. È in questo ambito di incertezza, che riguarda un po’ tutti, dai lavoratori agli imprenditori ai semplici padri di famiglia ai loro figli, che l’iniziativa leghista può cercare ascolto e di qui a settembre può trovare le adesioni e le cinquecentomila firme valide che servono per promuovere il referendum. Spostando, appunto, come accadde in passato, gruppi sociali ed elettorali dal loro tipico insediamento politico e sociale a una battaglia, guidata, sì, da un movimento di destra, ma che riguarda trasversalmente un settore assai largo della società civile.
Di qui a dire che domani uno o più d’uno dei grandi sindacati, come fu per i referendum elettorali di Segni, possa associarsi all’iniziativa del Carroccio, certo ne corre. Ma quel che è accaduto basta già a cogliere un cambiamento che al momento riguarda prevalentemente la destra, ma in futuro potrebbe coinvolgere anche la sinistra. Come ha capito Berlusconi, che è corso subito ad affiancare, sia pure parzialmente, ed evitando di aderire alle proposte più indigeste (vedi la prostituzione), la Lega, Salvini infatti, con il referendum sulla Fornero, ha lanciato un’opa, non solo su un elettorato geograficamente e politicamente più largo, ma sulla leadership di quel che resta del centrodestra. Una leadership che, finché Berlusconi è in campo, difficilmente sarà messa in palio con le primarie, com’è accaduto per il Pd, ma può essere egualmente conquistata guidando uno schieramento trasversale, in cui elettori di una parte e dell’altra si mescolano per raggiungere un risultato che li interessa ed è destinato a condizionare anche il governo. Ecco perché il referendum sulle pensioni e sulla Fornero è destinato a coinvolgere anche Renzi e il centrosinistra: e meraviglia che il presidente del Consiglio così veloce, di solito, a cogliere le novità come le insidie, non abbia detto una parola su un tema così delicato. Forse aspetta di sapere se Salvini alla fine riuscirà a raccogliere le firme con il solo aiuto dei suoi gazebi e degli alleati svogliati che lo affiancano. O forse pensa di risolvere il problema nell’ambito di quel Job Act di cui parla da tanto tempo e altrettante volte ha dovuto fino adesso rinviare. Anche in questo, la storia dei referendum insegna: non sarebbe la prima volta che una consultazione dal possibile esito esplosivo verrebbe evitata per il sopraggiungere, più o meno tempestivo, di una riforma.
Marcello Sorgi, La Stampa 6/6/2014