Maurizio Gallo , Matteo Vincenzoni, Il Tempo 6/6/2014, 6 giugno 2014
QUELLE PASSWORD RUBATE PER TAROCCARE LE SENTENZE
Erano potenti i burattinai legati al Cnv. Erano potenti e avevano le amicizie giuste, così giuste da arrivare a potere modificare una relazione della Corte dei conti, prima ancora che la stessa relazione divenisse pubblica. Il progetto del Mose è enorme e, negli anni, i costi per la realizzazione sono lievitati in modo impressionante fino a sfondare il tetto dei 5,5 miliardi di euro: una fortuna. E proprio per questo continuo aumento delle spese, i magistrati contabili di Roma redigono una relazione (siamo nell’ottobre del 2008) che viene resa pubblica solo nel febbraio del 2009. Relazione che però, rispetto all’originale emessa dai magistrati contabili, è parecchio diversa e le modifiche sarebbero state effettuate direttamente dagli uffici del Consorzio. Gli inquirenti sono riusciti a venire a capo di questa ingarbugliata vicenda solo nel 2010, in seguito a una serie di perquisizioni direttamente nella sede del Cnv. Nel computer di Luciano Neri, infatti, gli uomini delle Fiamme Gialle trovano due distinti files: uno è quello originale emesso dalla Corte dei conti, l’atro invece presenta delle modifiche sostanziali che sarebbero state effettuate direttamente dentro l’ufficio di Neri. Un’anomalia gigantesca che Roberto Privatà - pezzo grosso del Consorzio - spiega così agli inquirenti: «La figura di Neri era molto importante all’interno del consorzio in quanto lo stesso aveva un cugino nell’ambito della Corte dei conti di Roma, credo che fosse un magistrato applicato alla sezione di controllo al quale veniva chiesto di intervenire nei casi in cui la Corte dei conti di Venezia delegava a quella di Roma il visto su atti intercorsi tra magistrato delle acque e il Cnv. Mi pare - dice ancora Pravatà - che il Cnv abbia chiesto l’intervento di questo cugino del Neri in occasione del rilievo formulato a metà degli anni 2000 dalla Corte dei conti di Venezia sulla non più giustificabile entità della percentuale in base alla quale veniva calcolato il corrispettivo spettante al concessionario». I rilievi c’erano quindi ed erano scritti nero su bianco, poi accadde qualcosa per cui la Corte «cambiò atteggiamento grazie alla disponibilità di qualche soggetto interno alla Corte».
CONTROLLATO E CONTROLLORE
Nessuno doveva mettere il naso sugli appalti legati alla costruzione delle dighe nella laguna di Venezia. O almeno nessuno che avrebbe potuto, interessandosene sul serio, mettere i bastoni tra le ruote oliatissime della cricca. E così, attraverso le mosse dell’ex governatore Galan e dell’assessore Chisso (che di queste modifiche era sempre relatore durante le riunioni di giunta), il consorzio riusciva a modificare gli enti deputati al normale controllo. In un caso l’indagine, è riuscita a tira re fuori la delibera - datata 2006 - con cui la Giunta regionale veneta trasferiva «la competenza sulla commissione dall’assessorato regionale all’ambiente a quello alle infrastrutture (diretto da Chisso)». Un modo per il Consorzio di monitorare da vicino (e con persone molto legate al consorzio stesso) una commissione (quella della Via) ritenuta a ragione fondamentale. Una delibera che risulta, scrivono gli inquirenti «certamente anomala sia sotto il profilo formale» sia sotto quello sostanziale visto che è «assolutamente illogico togliere la Via al settore ambiente, che è proprio il settore istituzionalmente competente per emettere tale valutazione». La stessa tecnica era stata usata dalla cricca anche quando i controlli (questa volta relativamente alla valutazione di conformità dei lavori ai parametri comunitari sul delicatissimo ecosistema della laguna) erano deputati direttamente all’Ispra. Nel 2008 infatti la Commissione europea aveva imposto che il monitoraggio sull’opera fosse effettuato da un soggetto terzo rispetto agli attori interessati dalla vicenda e l’incarico era andato all’Ispra. Poi, con delibera della giunta (relatore ancora Chisso) «la Regione subentrava all’Ispra nei monitoraggi sulle attività connesse al progetto Mose». Nella sostanza, il controllato, per non rischiare di finire in fallo, si sceglieva il proprio controllore «estromettendo l’Ispra dai monitoraggi e sostituendola con la Regione, il che - scrive ancora il Gip - voleva dire di nuovo al settore infrastrutture retto dall’assessore Chisso. Sono fatti anomali che potevano preludere - come in effetti poi è emerso - ad accordi di tipo corruttivo tra i vertici del Cnv e i vertici regionali, finalizzato a facilitare gli iter autorizzativi».
Vincenzo Imperitura