Paolo Siepi, ItaliaOggi 6/6/2014, 6 giugno 2014
PERISCOPIO
Il caso Carige ha sconvolto Genova. Il caso Mose sconvolge Venezia. Pisa e Amalfi adesso tremano. Il rompi-spread. MF.
Venezia, il sindaco Orsoni del Pd arrestato per tangenti. Ora punta a un ministero. Spinoza. Il Fatto.
Dice Di Pietro che ora si rimette in gioco. Il gioco delle tre scatole di scarpe, naturalmente. Maurizio Crippa. Il Foglio.
(mfimage) Mentre tutti i media si dedicano all’analisi lessicale dei discorsi di Beppe Grillo, destra sinistra e centro (quelli che parlano forbito e non hanno i boccoli) rubavano. Rubavano e rubano tutti, e insieme, sempre, regolarmente, scientificamente, indefessamente, su ogni grande e piccolo evento, appalto, consulenza, incarico. Anzi, ogni grande e piccola opera, grande e piccolo evento, appalto, consulenza, incarico, servono soltanto a far girare soldi per poterli rubare. Tutti i più vieti luoghi comuni del qualunquissimo bar (sono tutti d’accordo, è tutto un magna magna) diventano esercizi di minimalismo davanti alla Cloaca Massima che si spalanca non appena si intercetta un telefono, si pedina un vip, si interroga un imprenditore. Basta sollevare un sasso a caso per vedere fuggire sorci, pantegane, blatte e bacherozzi maleodoranti con i nostri soldi in bocca, o in pancia (il Mose doveva costare 2 miliardi, ne costerà 6 e ora sappiamo perché). Marco Travaglio. Il Fatto.
Dopo avere visto Nico Stumpo, il colosso di Pierluigi Bersani, darsi il 5 con Matteo Renzi la sera della vittoria elettorale. Dopo avere visto Stefano Fassina esultare nella foto opportunity della segreteria di quella sera. Dopo avere parlato con l’ultimo dei bersaniani, Alfonso D’Attorre, che mi ha confidato come Renzi quella sera avesse chiesto a lui e ai suoi amici di andare davanti alle tv a rivendicare la vittoria. Dopo tutto questo, dopo una giornata intera passata ieri a Montecitorio a parlare con deputati del Pd, mi è chiaro come in quel partito oggi ci siano due sole correnti. Una è quella dei renziani della prima ora. L’altra è quella dei renziani da sempre. Franco Bechis. Libero.
Natalia Aspesi si vergogna da morire a dire che il suo esordio giornalistico avvenne sulle pagine della Notte, il quotidiano milanese del pomeriggio che aveva fama d’essere fascista. Preferisce raccontare d’aver cominciato al Giorno, quotidiano progressista che era apertamente schierato a favore del centrosinistra. Venne assunta dalla testata dell’Eni, allora diretta da Italo Pietra, solo perché se ne era andata Adele Cambria, l’unica redattrice, e serviva il simbolo democratico di almeno una femmina su 300 uomini. «Il bello è che fui fatta subito inviato, mentre i maschi aspettavano anni», ha raccontato. «Non volevano donne in redazione: temevano turbamenti». Trattandosi della Aspesi, non si vede come una simile evenienza potesse verificarsi. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.
Ce l’ho con quelli del «Premiolino», dice Nino Nutrizio, perché il premio lo danno solo ai giornalisti della loro parrocchia. Nino Nutrizio, direttore de la Notte in Milano no di Gigi Moncalvo. Edizioni Elle, 1977.
Ormai il mondo è diventato così complesso che per te decide sempre qualcun altro. Massimo Bucchi. ilvenerdì.
Che cos’è Roma? Ci sono nato, da genitori nati a Roma, e sono cresciuto al Testaccio. Ma non ho mai imparato che cos’è questa città. Non mi è mai piaciuta, l’ho sempre rifiutata, da bambino mi sembrava che avesse un odore di sacrestia e di latrina. Chiunque passi non distrattamente da una zona all’altra di Roma, sente che si smarrisce, per un attimo «perde i sensi» e si ritrova in luoghi reciprocamente incompatibili, come un sonnambulo. Alfonso Berardinelli, scrittore. il Foglio.
Nell’arsenale di Pola, sul monumento all’ammiraglio austriaco Tagetthoff, vincitore di Lissa, si leggeva questa epigrafe: «A Lissa, navi di legno e teste di ferro vinsero navi di ferro e teste di legno». Era la verità, e detta con garbo. Curzio Malaparte, Battibecchi. Shakespeare and Company, 1993.
Pensando a Carter, il presidente degli Stati Uniti, ho il ricordo netto di un uomo sempre pronto a impartire una lezioncina. Il che lo rendeva antipatico a tutti. In albergo, a colazione, tutti lo fuggivano. Era anche poco intelligente come dimostrò il fallimento dell’operazione per la liberazione dei 52 ostaggi americani nell’ambasciata di Teheran. «Non voglio nemmeno un morto», disse. Ma come si può immaginare che un’operazione del genere possa essere indolore? Suvvia? Giovanni Sartori, politologo. Corsera.
Il mio vecchio scolaro, Malvinni, ha pubblicato un libretto, metà lui e metà Umberto Eco. Mi sono divertito e leggerlo. Non dice nulla. Ma lo dice molto bene. Luigi Serravalli, critico d’arte e scrittore.
Non mi considero un buon figlio: ho deluso mio padre per gli scarsi risultati che avevo a scuola e ho fatto soffrire mia madre per la vita che ho condotto. Enzo Ferrari. Il Fatto quotidiano.
Peggy Guggenheim mi raccontò di quando, durante la seconda guerra mondiale, aveva organizzato, a sue spese, la fuga da Parigi invasa dai nazisti, di grandi pittori dell’epoca. Pagò un treno tutto suo dove fece salire i maestri dell’arte contemporanea, che si portarono dietro i loro quadri. Pensate un po’ che treno incredibile. Quando parlava di quel periodo parigino, Peggy non perdeva mai l’occasione di tirare qualche frecciata postuma a Gertrude Stein. Della grande musa di Hemingway e Scott Fitzgerald, diceva: «La Stein era molto considerata, ma, in realtà, aveva l’animo di una portiera». Enrico Vanzina, Commedia all’italiana. Newton Compton.
In realtà non aveva mai osservato il paesaggio. Andava in qualche posto sempre per sistemare qualcosa o per discuterne un’altra, così che lo spazio del mondo era divenuto per lui qualcosa di negativo, una perdita di tempo, un ostacolo che rallentava la sua attività. Milan Kundera, Il libro del riso e dell’oblio. Bompiani, 1978.
A volte si udiva un’esplosione in lontananza: «Non è per noi» pensava la gente con un sospiro di sollievo. «Non è per noi, è toccato agli altri. Siamo fortunati!». Irène Némirovsky, Suite francese. Adelphi.
La mamma-tarlo, ai suoi figlioletti che da qualche tempo soffrono di inappetenza: «E va bene, lasciate pure lì, però vi avverto che, se non mangiate il mogano, andate a letto senza ciliegio». Gino Bramieri. Euroclub, 1989.
Il buono è buono, il buonista è perfido. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 6/6/2014