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 2014  giugno 06 Venerdì calendario

BANALI E MELENSE, LE LETTERE DI HIMMLER ALLA MOGLIE

Banali e melense: le lettere di Himmler alla moglie
Un altro capitolo della bana­lità del male? Non proprio. Heinrich Himmler fu uno dei più grandi criminali del direttivo nazionalsocialista. Sul ban­co degli imputati a Norimberga, in questo volume, annotata con dati di contesto, possiamo leggere la corri­spondenza tra lui e sua moglie, Mar­ga Siegroth. Toni, registri comunica­tivi e lessico familiare ordinari, me­lensi, piccolo-borghesi, gozzaniani, quasi, messi al servizio della carne­ficina, che non viene mai menzio­nata, ma occhieggia qua e là, come richiamo al dovere, ai compiti, al ser­vizio svolto per la nazione e il popo­lo tedesco con la dedizione che si conviene a chi li ha così introiettati da non sentire alcuna necessità di chiamarli per nome. È il sottofondo necessario e indispensabile di qual­siasi adesione, di qualsiasi apparte­nenza agli scopi salvifici delle ideo­logie novecentesche. Per quanto alti siano gli ideali per i quali si possa spendere una vita, e qui sono criminali, per quanto vasta sia l’utopia per la quale si sacrifica l’oggi, e qui è miserabile, sempre le prestazioni umane hanno bisogno di mantenersi un retroterra familia­re e quotidiano nel quale rifugiarsi dopo una visita ad Auschwitz o do­po aver passato in rassegna i batta­glione delle SS in Europa orientale. È una sorta di scarico, un po’ come fanno gli atleti il giorno dopo una ga­ra impegnativa, per impedire che i muscoli, nell’allentarsi della tensio­ne, non riescano ad assorbire le tos­sine prodotte. Così l’organizzatore dei campi di sterminio e della per­secuzione degli ebrei scrive alla mo­glie banalissime lettere nelle quali si occupa dell’educazione della figlia Gudrun e del figlio adottivo Gerhard; dove passa in rassegna le necessità minute di un matrimonio duraturo ma non del tutto convincente.
Si potrebbe annotare moltissimo di questa interessantissima documen­tazione, curata da Katrin Himmler, politologa e pronipote di Heinrich, e Michael Wildt, professore di Storia tedesca all’Università Humboldt di Berlino, soprattutto sugli intrecci tra legge morale e dovere nazionale e gli esiti non previsti del loro vuoto for­malismo, eredità imbarazzante del kantismo più rigido e illuministico quando si tratta di discutere il «co­me è stato possibile» del nazismo.
Senza riaprire la discussione sulle note tesi di Hannah Arendt, una con­siderazione la si può fare su quanto l’ideologia nazionalsocialista com­porti di alterazione della realtà. Si tratta dei due figli illegittimi di Himmler, avuti dalla relazione con u­na sua segretaria, Hedwig Potthast. Himmler, infatti, sosteneva l’«Ordi­ne sulla procreazione dei figli» che le­gittimava la filiazione illegittima, permetteva di contrarre seconde nozze mantenendo alla prima mo­glie tutti i suoi diritti, insomma, una doppia famiglia. Se Gerda Bormann, altra moglie famosa dell’alta gerar­chia nazista, accettò, non così fece Marga che subì la teoria dei «figli per la Germania» come un’umiliazione. E qui la quotidianità criminale di Himmler mostra la sua continuità col profondo stravolgimento della natura dell’umano imposto dall’i­deologia nazista.