Gian Antonio Stella, Sette 1/6/1995, 1 giugno 1995
INTERVISTA A GRILLO, SETTE 1 GIUGNO 1995
GRILLO GURU: «QUASI QUASI MI FACCIO UNA SETTA»
Dov’è la colonna da stilita? «Quale colonna?». Non negherà che ormai le manca solo la colonna di quindici metri per fare la parte di San Simeone di Aleppo… «Ma no, io non sono un profeta. Sono un comico. Poi, certo, provo a far passate idee attraverso l’ironia. Provo a far ragionare…». Ma perché non mette su una setta? Beppe Grillo si gratta la barbetta, sgrana gli occhi e ciabatta nella sua cadenza genovese: «C’è già, c’è già…». E ti spiega che, nonostante i sei anni di esilio dalla Rai seguiti alle battute sui socialisti ladri, nonostante i due anni abbondanti trascorsi dall’ultima riapparizione in tivù, nonostante il rifiuto di fare pubblicità dopo il clamoroso successo degli spot girati per uno yogurt, nonostante la tirchieria con cui concede le rarissime interviste, a ogni show fa il pieno: «Ci stanno 10.000 persone? Ne vengono 10.000. Quindicimila? Ne vengono 15.000. Palasport o piazze, riempio».
Come fa? Mistero. Perché lui mica va sul palco a raccontar barzellette o improvvisare sketch. Macché: «Vado su e faccio “comizi”. Parlo di inquinamento, economia, informazione, tecnologie». E dei politici? Di D’Alema, Buttiglione, Berlusconi? «Pochissimo. Ormai non contano più… Stern ha messo in copertina una persona tagliata in quadratini. Sa cosa hanno scoperto analizzando da cosa siamo composti oggi noi uomini? Che se muori non potresti più essere sepolto in un cimitero perché ormai sei un rifiuto speciale. Dovresti essere smaltito in un forno d’acciaio temperato. Capito? Con tutte le cose che hai dentro sei come dieci chili di plutonio. Allora che mi importa dei politici se siamo diventati dei rifiuti speciali?».
È per questo che le vengono dietro come fosse un guru?
«Chiaro. Perché sono un comico. Perché non fabbrico niente. Perché chi parla contro i gas fabbrica le maschere antigas. E invece io, non vendendo né gas né maschere antigas, sono credibile. Che ci guadagno? E la gente mi capisce».
Finché un giorno non si barricherà con i suoi adepti in una casa dell’Alabama o minaccerà di buttare il gas nella metropolitana di Sestri Levante.
«Ma c’è già il gas nelle metropolitane! Adesso farò il primo spettacolo a rischio leucemico del mondo. Stappo una bottiglietta di benzene e la metto sul palco. In tre ore può intossicare l’aria di un palasport. Magari arriverò a uno sfoltimento della clientela, però farò capire che non è né più né meno di quello che fa oggi una normale automobile».
Come mai è così orso coi giornalisti?
«Non sono orso, mi difendo. Se faccio entrare nella mia vita tutte le notizie, mi disintegrano la famiglia in una settimana. La mia libertà è in funzione di quanta informazione riesco a distruggere. Io sono per una sana e straordinaria censura. Non è possibile che se uno dice che il Papa ha un figlio oggi escono dieci titoli. Fare informazione è strappare la notizia perché è una scemenza. Non pubblicare dibattiti sul figlio del Papa. La quantità di notizie da far sparire è importante. Io non voglio “esserci”. Voglio “non esserci”. Non voglio leggere, non voglio sapere, non voglio andare in tivù, non voglio che si parli di me. Il “non esserci” è un diritto umano inalienabile».
Lei è sempre di sinistra?
«Io? Mai stato. Io sono un capitalista. Voglio il trionfo del capitalismo, quello vero però».
E com’è che l’hanno scambiata per uno di sinistra?
«Perché la gente è confusa e non capisce un tubo. Cos’è di sinistra: l’Unità che costa 6.000 lire e ha la pubblicità della Rolls Royce e la cassetta di Per un pugno di dollari?».
Ma cosa vota?
«Mai votato, io. Mai».
Qualunquismo puro?
«Per niente. Nello Stato io ci credo. Solo che noi pensiamo ancora allo Stato padrone anonimo e corrotto che ci porta via tutto con le tasse. Non ci accorgiamo, invece, che il nuovo statalismo è quello delle grandi finanziarie. Il mondo va verso un governo delle Spa, Sa e Srl. Gli Stati sono superati. E ce lo mostra Berlusconi da quindici anni, con la Fininvest».
Non le piace il tipo di tv del Biscione?
«Il concetto che ha Berlusconi della tv è di una cosa marrone, omogenea, molliccia e spalmabile. Lui la chiama Nutella, ma nel suo inconscio è cacca. Qualsiasi psicanalista vi spiegherà che non a caso ha fatto questo paragone. Per me, invece, la tv dovrebbe essere un grande banchetto, come le nozze di Cana. Dove puoi scegliere cosa mangiare».
Lei cosa farebbe?
«Per cominciare, seguirei il suggerimento di Amato: la tivù deve essere come il telefono. Più telefoni più paghi. Anzi, dovresti pagare in base al costo del programma. Vuoi vederti un varietà di merda costato miliardi? Paghi di più!».
Qualcuno accenderà un mutuo per vedersi Fiorello…
«Vedo già i titoli: rovinato dalla seconda serata! Siamo in un regime di mercato? Ciapa su il mercato. Domanda e offerta. Tu oggi con 10.000 lire vedi sia il film costato cento miliardi sia quello costato trenta milioni. Sbagliato. Infatti il cinema è nella merda».
Quindi, se ti vuoi vedere un colossal con Schwarzenegger…
«Paghi 20.000 lire. Se vuoi vederti Nichetti al botteghino ne danno 2.000 a te. Così dovrebbe essere».
Metterebbe una tassa anche sulla stupidità?
«Quella no. Il diritto ad essere scemi è inalienabile.
E i tiggì, prezzo politico?
«Scherza? Siccome costano un sacco, la tariffa più alta».
Mica tanto educativo.
«No, no: la gente vive meglio senza notizie. Quando hai miliardi di notizie più di tanto non puoi incamerare. Entro 24 ore te le devi dimenticare perché nella testa non c’è posto per le nuove. Un delirio. Che le immagini siano obiettive poi te lo raccomando. Ma Prodi da Costanzo l’ha visto? Parlava di pensioni e la telecamera cosa inquadrava? Una calza, un orecchio, un foruncolo. Tu con le immagini puoi far capire l’esatto contrario di quel che stai dicendo. Il contrario».
Conclusione?
«Oggi si fa solo disinformazione. Infatti le Madonne piangono. Ormai la gente può credere a qualsiasi cosa. Anche che una giacca è di pelle d’acciuga o che nell’occhio del tonno c’è una sostanza che fa diventare intelligenti. E il luogo ideale per le balle è la tivù. Provi a raccontarla al bar di Sant’Ilario, della giacca di pelle d’acciuga. La prendono in giro per anni. Per i pubblicitari dire che una merendina è una sferzata di energia è “comunicazione”. Invece è una stronzata».
E come si regola uno come lei dal salumiere?
«Semplice: premio le aziende che non mi hanno rotto le balle. Se c’è un bello spaghetto che educatamente non mi ha invaso la casa con gli spot compro quello. Sono anni che porto sul palcoscenico i prodotti hard discount, che tengono i prezzi bassi perché non fanno pubblicità. Perché devono rifilarmi la pubblicità dappertutto? Sul giornale non ci voglio la pubblicità. Se vuoi me la dai su un opuscolo venduto a parte a 500 lire. Così vorrei vedere una pay tv di spot».
Chi se la vedrebbe?
«Visto? Mi dà ragione: se la pubblicità non è imposta non la vuole nessuno. Qui devono smetterla con le fesserie. Perché poi una cosa tira l’altra. Non è possibile importare i kiwi dalla Nuova Zelanda. La Liguria è la terra dei fiori. Bene, non c’è più una serra. Sono tutti magazzini. I fiori arrivano surgelati in un tir dall’Olanda che a sua volta li produce in Colombia… Rose bellissime, colori stupendi. Solo che non hanno profumo e durano 24 ore».
Morale: uno come lei invece che rose rosse regala carciofi.
«Macché, quelli arrivano da Israele. Ma lo sa che perfino il basilico qui, nella terra del pesto, arriva dal Vietnam? Questa è l’economia oggi. Ora, che nasca il sospetto che qualcosa non va… Ma lo vede che ormai è tutto finanza? Non ci sono più imprenditori. Solo usurai. Le grandi aziende sono diventate banche. Guadagnano col cambio del dollaro. Comprano e vendono denaro. Non automobili, lavatrici, televisori. La Fiat fa macchine per abitudine, perché le ha sempre fatte. Ma il guadagno della Standa qual è? La distribuzione? No: è prendere i soldi subito dagli scemi, noi e pagare i fornitori a sei mesi. Sono finanziarie. Il prodotto è solo una scusa».
E com’è che di queste cose si accorgerebbe solo lei?
«Perché sono un comico. Perché non li prendo sul serio. È ridicola l’economia. È la cosa più ridicola del secolo».
Ma la sua cos’è? Una Weltanschauung bartaliana, della serie “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”?
«Ma se è davvero tutto da rifare bisogna rimettere tutto in discussione. Non si può continuare a pensare di sviluppare Pil facendo frigoriferi, automobili, detersivi».
Lei è un catastrofista.
«Sì, ma con ottimismo. Io sono per accelerare la catastrofe economica. Per l’esplosione del consumismo. Potremmo comprare cose inesistenti: elettroseghe per il burro, spazzolini da due chili monouso che dopo esserti lavato una volta butti in mare per ammazzare i pesci… Almeno una volta che la gente si accorgerà di essere sommersa dalla merda e di non avere più speranze si organizzerà diversamente. Si guardi intorno. È pieno di gente sull’orlo del serial killer. Dagli un mitra e ti stermina la famiglia».