Edmondo Rho, Panorama 5/6/2014, 5 giugno 2014
AUTOVELOX LA NUOVA SUPERTASSA COMUNALE
Sono tra noi. Come killer freddi e spietati, privi di scrupoli e senza alcuna remora, sparano a raffica giorno e notte: pam, pam, pam. Colpiscono senza distinguere tra le vittime, con un automatismo da robot senza cuore. Sì, i primi 5 mesi del 2014 saranno ricordati nelle cronache cittadine di mezza Italia per il clamoroso ritorno degli autovelox. E soprattutto per gli incassi da record dei comuni: oltre alla Tasi, alla Tari e alle altre tasse locali che da metà giugno si abbatteranno sugli italiani, la multa da autovelox diventa la vera imposta municipale del 2014. Facile da riscuotere, come andare al bancomat.
A Milano, dove dal 10 marzo sono stati attivati 7 nuovi radar in altrettante «vie cittadine a scorrimento veloce» (in realtà strade periferiche a 4 corsie, che di «cittadino» hanno solo l’ubicazione, e che le auto inevitabilmente percorrono a velocità più elevata di quella consentita), in una sola settimana sono state accertate 64.205 infrazioni, cioè 9.172 al giorno: 4 automobilisti ogni 10 beccati dai nuovi autovelox superavano di oltre 10 chilometri orari il limite cittadino dei 50, e dovranno pertanto pagare una multa tra 168 e 674 euro (per intenderci, da 2 a 8 volte i mitici 80 euro di cui fa vanto il governo Renzi), oltre alla decurtazione dei punti sulla patente. L’assessore milanese al Traffico, Marco Granelli, richiama gli automobilisti a una «maggiore attenzione alla sicurezza della strada», ma intanto si frega le mani: perché soprattutto grazie agli autovelox il comune prevede che nel 2014 gli incassi da multe aumenteranno del 10 per cento.
A Roma, dal 14 maggio, 7 macchinette sono state attivate a rotazione nelle vie più strategiche e anche qui hanno fatto un massacro: in un’ora sulla via Trionfale, arteria a ovest della Capitale, sono passate 602 vetture e 270 (il 45 per cento) erano in contravvenzione. Al 27 maggio le multe erano già 4.095, cioè 273 al giorno, per una media potenziale d’incasso di svariate decine di migliaia di euro al dì.
Ma così va un po’ dovunque. A Bologna, in aprile, il comune ha impiantato autovelox fissi sui viali attorno al centro e in via Stalingrado, a nord della città; accoppiati allo «Scout», un diabolico sistema di fotografia automatizzata delle targhe in sosta vietata, lasciano prevedere che tra 2013 e 2014 le entrate da multe passeranno da 45,9 a 46,5 milioni di euro. A Firenze le 8 postazioni automatiche ormai rendono più delle slot machine di MonteCarlo: nel 2012 avevano prodotto 77.865 multe, nel 2013 sono salite a 101 mila (il 31 per cento in più) e il 2014 lascia intuire nuovi record. Non va meglio a Palermo, dov’è bastato installare 3 colonnine nella centrale arteria di viale Regione Siciliana per raddoppiare le multe, da 34 mila nel 2012 a 68.951 l’anno scorso: nel 2013, solo per gli eccessi di velocità, il Comune ha incassato 5,5 milioni di euro su un totale di 18,6 riscossi per multe. Così i vigili palermitani hanno appena piazzato altri 2 autovelox, sperando nella crescita geometrica delle infrazioni. A Torino gli occhi elettronici avevano prodotto 52.755 multe nel 2012 e 95.618 nel 2013, ma nei primi 4 mesi del 2014 hanno già identificato 29 mila eccessi di velocità.
È proprio come se i sindaci si fossero passati la parola: la corsa alla colonninaspia è corale, perché nell’era della spending review è il più facile strumento per fare cassa. Nell’ultimo mese di maggio sono comparsi nuovi autovelox, telelaser e rilevatori a ogni latitudine e anche nelle città medie e piccole: a Mestre, Padova, Bergamo, Caorso, Piacenza, Cremona, Riccione, Terracina, Taranto, Otranto, Cagliari... Una caccia indiscriminata: perché è vero che i limiti andrebbero sempre rispettati, ma in molte strade sono inutilmente (o volutamente?) bassi, con limiti urbani per strade che urbane non sono.
Com’è ovvio, questa grandine di contravvenzioni «a tradimento» già comincia a suscitare proteste e polemiche. A Milano l’ex vicesindaco Riccardo De Corato, ora all’opposizione con Fratelli d’Italia, critica l’amministrazione: «L’autovelox è l’ultima tassa comunale, è il modo con cui Giuliano Pisapia e la sua giunta svuotano le tasche ai cittadini». A Roma pare che il Codacons stia addirittura pensando a una denuncia: «Questi metodi» dice il presidente Carlo Rienzi «servono più per fare cassa che a garantire sicurezza. Se davvero si vuole combattere la velocità eccessiva si deve aumentare il numero dei vigili o installare il Tutor come avviene sulle autostrade, registrando le violazioni dei limiti in base al tempo di percorrenza».
Anche a Bologna Michele Facci, consigliere comunale di centrodestra, accusa: «Questa città ha il record di multe elevate con il sistema Scout, da più parti dichiarato illegittimo. Non ha niente a che fare con la sicurezza, ma porta tanti denari al comune. Se aggiungiamo che Bologna ha le tariffe per le rimozioni tra le più care d’Italia, possiamo affermare che qui l’automobilista è il pollo da spennare». La protesta, insomma, monta. A Firenze un originale artista francese, Clet Abraham, per manifestare il suo sdegno «contro il potere esercitato nel peggiore dei modi», ha piazzato accanto a un autovelox in periferia la suggestiva statua di un mostro rosa con la testa a forma di bidet.
Che la situazione sia sfuggita dalle mani degli stessi ideatori del sistema, del resto, è emerso con evidenza il 18 maggio a Rovigo, dove un inesorabile e ottuso autovelox ha multato l’intera carovana delle vetture partecipanti alla Mille Miglia, la storica competizione d’auto d’epoca, più quelle di organizzatori e collaboratori al seguito. Un paradosso, è ovvio: eppure annullarle non sarà comunque facile.
Il punto è che i comuni agli autovelox non vogliono rinunciare. Garantiscono incassi facili, senza personale, senza costi. E le macchinette danno un contributo aggiuntivo alle multe per le violazioni al codice della strada, che già rappresentano un notevole incasso. Come si nota dai dati elaborati da Panorama sui bilanci di 8 grandi città (vedere le schede a pagina 58), il peso delle multe sulle entrate correnti nel 2013 è andato da un minimo dell’1,9 per cento a Bari (dove peraltro l’incasso da autovelox è quasi irrilevante) a un massimo del 6,5 a Bologna e a Roma.
L’efficienza bolognese nel fare cassa con i balzelli sugli automobilisti è testimoniata dal fatto che è quasi tutto automatizzato: solo il 30 per cento delle contravvenzioni è elevato dai vigili, mentre il 70 deriva dagli apparecchi elettronici. I più noti sono il Rita (Rete integrata di telecontrollo degli accessi), il Sirio (vigile elettronico che controlla gli accessi della Zona a traffico limitato nel centro storico) e lo Stars (Sanzionamento transiti abusivi rosso semaforico). Poi c’è il contestatissimo Scout, e ovviamente gli autovelox.
La destinazione degli incassi è un altro piccolo scandalo italiano. Per legge, i soldi pagati per le multe stradali dovrebbero essere destinati almeno per il 50 per cento a finalità di sicurezza, prevenzione e manutenzione delle strade stesse. «E la quota sale al 100 per cento per le multe fatte con gli autovelox» ricorda Gian Guido Passoni, assessore al Bilancio a Torino. Ma le amministrazioni locali rispettano la norma? «Per quanto ci riguarda, sì» risponde Passoni: «Noi non abbiamo usato le multe per compensare i tagli della spending review».
Altrove, però, i dati sono molto diversi. Antonio Coppola, presidente dell’Aci di Napoli, accusa: «Su 98 milioni di euro di verbali elevati in un anno a Napoli e in 51 comuni dell’hinterland, appena il 22 per cento è stato destinato alla sicurezza». Non è improbabile che, soprattutto in periodo di crisi, siano molti i comuni che non rispettano la norma sulla destinazione dei fondi.
Proprio a Napoli, dove intanto emerge lo scandalo dei vigili urbani che non vanno mai in strada (vedere l’articolo a pagina 62), la Corte dei conti contesta al Comune di avere inserito nel «piano di riequilibrio» 80 milioni d’introiti da multe stradali: oltre il doppio di quelli effettivamente incassati.
Il paradosso è notevole: tu comune fai di tutto per aumentare le multe e poi non sei in grado d’incassarle. Ma il paradosso copre una pratica di bilancio poco trasparente. Andrea Santoro, consigliere comunale dell’opposizione (Ncd) e nella vita vigile urbano in un comune dell’hinterland, spiega che il fenomeno è antico e nasce all’epoca del sindaco Rosa Russo Iervolino, tra il 2001 e il 2011: «Per un decennio le multe sono state utilizzate per spendere soldi prima ancora d’incassarli. Il trucco è semplice: nei bilanci previsionali s’inseriscono entrate da multe molto superiori a quanto poi si riscuote davvero. Puntualmente, queste entrate non raggiungono il 20-30 per cento delle stime. Nel frattempo però la corrispondente voce di spesa entra nel calderone generale per accendere mutui o altre forme di finanziamento».
È l’ultimo effetto perverso delle multe come tassa. Anche di quelle da autovelox.
(hanno collaborato: Claudia Daconto, Michele De Feudis, Maria Pirro, Valentina Reggiani, Accursio Sabella, Giorgio Sturlese Tosi)