Giordano Tedoldi, Libero 6/6/2014, 6 giugno 2014
LA BIMBA RESA MASCHIO A 5 ANNI I GENITORI: È UN TRANS, ORA È FELICE
Il video parte raccontando che nel 2007 Hillary scoprì di essere incinta: una bambina, come evidenziato dal colore rosa delle parole «baby girl» nel testo che accompagna le immagini sugli accordi iniziali di «Hallelujah» di Leonard Cohen. Il nome scelto per la piccola dai coniugi Whittington, gli autori del filmato, l’unico pubblicato nel loro canale youtube e che ha superato i cinque milioni di visualizzazioni, fu Ryland. Ryland nacque in salute e forte, a parte la sordità, cui i Whittington rimediarono con l’impianto di un apparecchio acustico alla coclea. Poi accadde un episodio che cambiò la vita dei Whittington, e di Ryland, completamente. «Non appena fu in grado di parlare, Ryland strillò: sono un ragazzo!». Cominciò a manifestare avversione per tutto ciò che era tipicamente femminile, alle feste mascherate indossava il costume dell’uomo ragno oppure da cowboy, i suoi gesti, i suoi atteggiamenti erano quelli di un maschietto, tutte cose che in effetti fanno molte bambine intorno all’età che aveva allora Ryland, cioè quattro anni. Sono soltanto fasi. «Ma le fasi finiscono, la tendenza di Ryland, invece, diventava sempre più forte» spiega il video. Così forte che un giorno, quando ha 5 anni, Ryland dice: «Quando la famiglia muore, mi taglierò i capelli così da essere un ragazzo». E poi, piangendo, «Perché Dio mi ha fatto così?».
Frasi che devono aver traumatizzato i genitori che, dicono, a quel punto decisero «di ascoltare veramente» e prendere sul serio quanto Ryland stava tentando di esprimere. Così consultano psicologi, terapeuti dell’infanzia, e tutti insieme giungono a una conclusione: Ryland è transgender. E poiché, nelle loro ricerche, i Whittington scoprono che il 41% dei transgender tentano il suicidio a causa di una mancata accettazione sociale (e in primo luogo familiare), si convincono che c’è un’unica strada per scongiurare quel rischio: considerare subito Ryland, anche se ha solo 5 anni, un bambino. Chiamarlo «lui» anziché «lei», farlo essere il fratello, e non la sorella, della piccola Brynly.
E qui il video cambia registro, si spegne la malinconica «Hallelujah» e parte un rock incalzante, è il momento della svolta, della presa di coscienza, e stordisce pensare che si sta parlando di una bambina che oggi ha soltanto 6 anni. Il video si conclude con Ryland, vestito in giacca e cravatta, che legge da un foglio un suo intervento in cui si definisce un «cool kid», un ragazzo in gamba, davanti alla platea dell’Harvey Milk Diversity Breakfast, un incontro organizzato in nome di Harvey Milk, celebre politico e militante omosessuale americano. Finito di leggere, parte un applauso scrosciante. Seguono alcune righe in cui la famiglia si augura che la storia felice di Ryland possa determinare un mondo migliore per la comunità Lgtb, cioè Lesbian Gay Transgender Bisexual.
Tutto bene dunque? Per niente, secondo la psichiatra Federica Mormando, che abbiamo sentito al telefono: «Un bambino a 4 o a 6 anni non ha la minima idea della propria sessualità, ciò a cui reagisce non è la propria sessualità effettiva ma un modello psicologico, o di comportamento, che gli è stato trasmesso. A quell’età si può ammirare o respingere soltanto un modello, qualcosa che è stato comunicato per via culturale, e quindi in questo caso l’idea di femminilità che i genitori gli hanno suggerito». E vengono in mente le immagini del video che mostrano la prima camera da letto di Ryland, rosa confetto.
«I genitori non raccontassero balle, sono dei narcisisti, che invece di mandare il figlio a un talent show per bambini lo incanalano a un pubblico transgender. Avrebbero invece dovuto indagare in modo serio le vere motivazioni per cui la bambina esprimeva un rifiuto della femminilità, e qual era il modello di femminilità respinto. Solo a 15, 16 anni, quando un ragazzo rivela una tendenza di genere, si può ragionare seriamente sull’eventualità transgender, ma sempre prima studiandone le motivazioni, non per un semplice rifiuto».