Gian Luigi Paracchini, Corriere della Sera 6/6/2014, 6 giugno 2014
BIANCA BALTI
Ho imparato a sentirmi bella, ed è stata una rivincita. Le donne? Magari a qualcuna faccio venire il malumore «Grandi, belle, con la loro pelle splendida... oltre ai bei denti e ai begli occhi e alla gamba lunga e al capello magnifico...». Questi dettagli d’autore raccontano in quale universo femminile si muova la protagonista de «La bella di Lodi», libro del 1972 di Alberto Arbasino.
Passano gli anni ma il tempo può essere galantuomo anche con i riferimenti letterari, almeno guardando Bianca Balti, 30 anni, da Lodi, la modella italiana più famosa e pagata al mondo. Qualche dubbio che manchi degli attributi (non letterari, di sostanza) per essere oggi La bella di Lodi?
La risposta non sta nel numero di fans club che sostengono la causa quanto nel come la ragazza, emigrata dalle basse brume lombarde prima a New York poi a Marbella dove ora abita con la sua Matilde (7 anni), abbia ampliato la propria sfera d’azione. Dalle passerelle della moda al festival di Sanremo, dove il suo inciampo sui maxi-tacchi ha alzato l’indice d’ascolto. Dai serial pubblicitari profumo-telefonici al film (non memorabile ma pazienza) di Abel Ferrara. Per non parlare dei mille passaggi sui tappeti rossi della meglio mondanità. A parte le connotazioni estetiche, dal libro di Arbasino esce una bella di Lodi indipendente, con buoni studi, che ha viaggiato molto e pure spregiudica con gli uomini. Un ritratto in cui si riconosce?
Soffrire
«Indipendente senz’altro e non soltanto economicamente. Studi, ho fatto il classico poi Politecnico, corso di laurea in Design della Comunicazione, non concluso causa lavoro. Di sicuro ho viaggiato e viaggio molto. In quanto agli uomini non sono mai stata bigotta ma non mi definirei spregiudicata. Chiaro che da ragazzina sei attratta dalle scoperte, poi però cerchi qualcosa di diverso spessore. Ho un’indole super-romantica, il modello per la vita restano i miei genitori che si sono incontrati al liceo, lei 16 anni, lui 18, e non si sono più lasciati. Più sofferto o fatto soffrire in amore? Difficile dirlo: quando una storia finisce, sono in due a provare dolore».
Bianca non è il tipo di modella che ha esordito in fasce per pubblicizzare pannolini né tantomeno da adolescente addentando biscotti. Infanzia secondo i canoni, papà Bruno imprenditore nella distribuzione dei giornali, mamma Mariabice insegnante di diritto, Alessandro fratello maggiore, avvocato e notaio, Carlo Alberto, minore, studente al Politecnico in design della moda.
«Fino ai 13 anni ho vissuto in una specie di bolla familiare protettiva, fratelli, cugini, in vacanza dai nonni a La Thuile. Al liceo sono invece cresciuta di colpo da tutti i punti di vista, anche della ribellione: a un certo punto sono andata ad abitare in uno squat della Bovisa a nome Malamanera e abbiamo anche occupato una casa. Ero d’un biondo acido fatto in casa e con vestiti assemblati e cuciti sempre da me...E’ stato il mio momento di massima asocialità».
Nelle biografie delle modelle c’è sempre o una mamma (non la professoressa Balti) che porta la figlia in un’agenzia o un agente (ci siamo) che al supermercato scopre la talentuosa da lanciare sulla passerella. Ma Bianca quando ha capito che sarebbe diventata la bella di Lodi?
Bel faccino
«Da piccola dicevano tutti Che bella bambina! e io godevo a più non posso. Da adolescente invece una tragedia perché i ragazzi guardavano quelle con le curve: è un’età in cui vale di più avere il seno che un bel faccino. E a me non cresceva niente anche se ho sempre mangiato un casino ma, come si dice, bruciavo tutto alla grande. Il mio problema non è mai stato ingrassare, al contrario. Mangio super normale e il mio vero sogno culinario sono le schifezze da fast food: una rappresaglia dai tempi in cui mia mamma mi proibiva di bere bevande gassate e mangiare chips o merendine di plastica!».
Non c’è peggiore oltraggio per una normale donna mediterranea delle lamentele di queste sensuali silfidi da passerella su come non riescano, nemmeno con cartocciate di patatine unte, a mettere su un grammo. Ma non lo fanno per il gusto d’infierire: è che il loro metabolismo un tempo le ha fatte soffrire, povere stelle.
«Diventando adulta, facendo poi la modella, imparando a sentirti bella, beh è stata una grande rivincita. Diventi talmente sicura che te ne puoi andare in giro in scarpe basse, tuta e senza trucco. Poi qui a Marbella c’è sempre il sole, si va in spiaggia anche d’inverno. Per contratto non potrei abbronzarmi, ma finora non m’hanno mai sgridato...».
Certo, fra nebbie e umidità, il clima della pur fertile Lodi è senz’altro meno glamour. Ma mai svilire le proprie radici. Tanto più se la tua città t’insigna del Fanfullino d’oro, massima riconoscenza municipale durante la festa patronale di San Bassiano, quando in gennaio sotto i portici si mangia la busèca (trippa con pancetta, fagioli, verdure) inaffiata da vin brulè. Autentico menù da modella.
«Sinceramente a quello non sono ancora arrivata! Lodi però è bellissima, piccola ma non troppo, un magnifico centro storico, giri in bicicletta e quanti bagni ho fatto nell’Adda con i miei amici. Non la cambierei con Milano». Dicono di Bianca che la sua semplice apparizione sui vari set cinefotografici susciti spesso malumore (chissà perché) anche fra stelle/stelline più famose di lei. In ogni caso che rapporto ha con le donne in generale? Risposta con qualche perfidia: «Magari gli viene il malumore perché mi vedono sgranocchiare una manciata di cioccolatini e loro sono a stecchetto, oppure perché non ho un rapporto morboso con il lavoro...Trovo che le amicizie tra donne siano problematiche: prima perché magari c’è qualche ragazzo di mezzo, dopo perché scattano invidie e incomprensioni. Le prime amiche me le sono fatte ora qui in Spagna dove mediamente si ride di più che in Italia. Ci capita anche d’andare a cena in cinque senza uomini e ci si diverte. L’amicizia fra donne richiede maturità».
La passione
E come trova questo scintillante mondo della moda? Ha lavorato con mille stilisti, dov’è scattata una speciale sintonia? «La moda è una cosa seria, un business, però spesso c’è grande superficialità nei rapporti. Il mio primo vero contratto, fra l’altro in esclusiva, l’ho avuto con Dolce e Gabbana. Ero quasi un’esordiente e Domenico stava in ginocchio a spillare la gonna mentre Stefano aveva occhio verso mille altre cose. Per dire come sia stata impressionata da quanto lavorino e curino i particolari. Certo sono italianamente passionali e s’aspettano che chi li circonda aderisca. Se non è così li deludi».