Paolo Valentino, Corriere della Sera 6/6/2014, 6 giugno 2014
LA GIORNALISTA USA, LA MARIJUANA E QUELLE OTTO ORE DI ALLUCINAZIONI
Nella migliore tradizione dei reporter americani, aveva pensato che una «full immersion», l’immersione totale nell’esperienza fosse il modo migliore di documentarsi, per raccontare la nuova rivoluzione sociale d’America, quella avviata in gennaio dal Colorado con la legalizzazione delle droghe leggere per i maggiori di 21 anni. Ma per il Premio Pulitzer Maureen Dowd, la più urticante editorialista di politica e costume del New York Times , l’incontro ravvicinato con la marijuana è stato un lungo incubo.
È bastata una barretta di cioccolato misto a erba e la giornalista ha visto le stelle: «Dapprima – ha raccontato nella sua column sul Times - per circa un’ora non è successo nulla. Poi ho sentito un fremito di paura attraversarmi il corpo e il cervello, ho raggiunto a fatica il letto, dove sono rimasta in uno stato di allucinazione per le successive 8 ore. Avevo sete ma non potevo muovermi. Ero ansimante e paranoica, certa che se il cameriere avesse bussato e io non avessi risposto, avrebbe chiamato la polizia. Mentre la mia paranoia cresceva, mi sono convinta che ero morta e nessuno me lo aveva detto».
Solo il giorno dopo, durante un’intervista, il consulente medico di una fabbrica alimentare che produce dolci alla cannabis, ha spiegato alla giornalista che barrette come quella che lei aveva mangiato intera, dovrebbero essere divise in 16 porzioni: «Ma questa raccomandazione — ha commentato lei — non c’era sulla confezione».
Partendo dall’esperienza personale, Dowd ha rivelato il lato oscuro della liberalizzazione decisa nello Stato delle Montagne Rocciose, che sta attirando a Denver orde di turisti dello sballo di ogni età e che nei soli primi 3 mesi ha prodotto un volume d’affari di 13 milioni di dollari. Negli ospedali del Colorado aumentano i ricoveri di adolescenti e adulti, annientati da potenti dosi di tetracannabinolo. I casi più gravi: il suicidio in marzo di uno studente di 19 anni, gettatosi dal balcone dell’albergo dopo aver mangiato un dolce con 65 milligrammi di THC. E quello di un uomo, che dopo una barretta di Karma Kandy, ha cominciato a parlare della fine del mondo, prima di prendere una pistola e uccidere la moglie che stava telefonando al pronto soccorso.
Ma la botta di vita della giornalista, sia pur per ragioni professionali, ha prodotto reazioni molto diverse tra i media. Il Washington Post ne ha colto il punto di denuncia, sostenendo che occorre trovare un modello per il consumo di marijuana: «Se si è trovato un modo di regolare il consumo di alcol invece di proibirlo, dovremmo fare lo stesso per l’erba». Per il bene nostro, ha aggiunto con malizia il Post , «e per la dignità di Maureen Dowd».
Un’ironia devastante ha in realtà dominato i commenti nei siti e sui social media. Per Dylan Byers, blogger di Politico.com, «la raison d’etre dell’editoriale è l’ambientazione, non le conclusioni. Il messaggio è che Maureen si è stonata». Byers suggerisce «a tutti gli editorialisti del Times di fare un salto a Denver, per un fatto di equilibrio: vorrei vedere l’effetto su Paul Krugman», ha scritto riferendosi all’economista Premio Nobel e polemista di punta del giornale.
Ma una contestazione dura a Dowd è venuta da «The Cannabist», giornale online, capofila della battaglia per la legalizzazione. Secondo il reporter Ricardo Baca, la columnist , il cui viaggio in Colorado risale al gennaio scorso, era stata perfettamente informata di tutti i rischi legati all’erba dal fondatore di un’agenzia turistica, creata apposta per i turisti del dope . Matt Brown, questo il suo nome, ha accompagnato per oltre quattro ore Dowd in un giro di Denver, discutendo con lei dei problemi legati alla liberalizzazione, mostrandole i locali, spiegandole gli effetti possibili con ogni tipo di consumo di THC, dalle canne ai dolci. «Ma nulla di tutto questo era nell’articolo — ha detto —. Il dibattito sulla legalizzazione è una cosa seria e non può essere liquidato con un paio di frasi ben scritte, come quelle di Maureen Dowd: non leggeremo lei quando vorremo cercare esempi di buon giornalismo sulla marijuana libera in Colorado».