Paolo Mastrolilli, La Stampa 5/6/2014, 5 giugno 2014
“LA MIA SFIDA PER L’AMERICA AIUTARLA A MANGIARE SANO”
[Intervista a Michelle Obama] –
Michelle Obama, la moglie del presidente degli Stati Uniti, ha una confessione da farvi: «Prima di vivere alla Casa Bianca, ero una mamma indaffarata che lavorava, cercando come un giocoliere di conciliare le esigenze del mio impiego con le necessità della mia famiglia. Siccome eravamo entrambi così impegnati, mio marito e io non facevamo sempre le scelte migliori su come mangiavamo a casa. Alla fine, il nostro pediatra ci consigliò di cambiare».
Così, come può capitare nella vita quotidiana di una mamma qualsiasi, è nata la passione personale della futura First Lady degli Stati Uniti per il tema che poi è diventato l’impegno centrale della sua attività alla Casa Bianca: l’alimentazione. Perché il cibo è vita e salute, certo, ma anche sicurezza nazionale e stabilità sociale a livello internazionale. Bisogna curarlo per stare in forma, evitare le malattie, ma nello stesso tempo per aiutare l’economia dei propri Paesi ed evitare pericolosi squilibri sociali.
Da qui è nata la sua iniziativa «Let’s Move!», che negli ultimi anni ha cercato di scuotere l’America, sollecitandola a mangiare meglio e fare più attività fisica. Così è nato l’orto della Casa Bianca, dove Michelle Obama torna ad essere soprattutto una mamma, che insegna alle proprie figlie, e a tutti i bambini degli Stati Uniti, l’importanza di ingoiare non solo patatine fritte o caramelle «gummy bears», ma anche frutta vera e vegetali. I risultati già si vedono, perché secondo i dati pubblicati di recente dal Journal of the American Medical Association, l’obesità sta iniziando a scendere tra i giovani americani, con tutto l’impatto che questa tendenza potrebbe avere in futuro sulla diffusione di gravi malattie come il diabete.
L’anno prossimo questi temi saranno al centro dell’Expo di Milano, non a caso intitolata «Feeding the Planet», sfamare il pianeta. Perciò il ministro degli Esteri Federica Mogherini, durante la sua visita del mese scorso a Washington, ha invitato a nome del governo proprio la First Lady, affinché partecipi in qualche forma all’appuntamento.
La richiesta di una sua presenza ora è al vaglio della Casa Bianca, ma intanto Michelle Obama ha deciso di concedere questa intervista a La Stampa, la prima mai data a un media non americano, proprio per discutere la dimensione personale, nazionale e globale del suo impegno per l’alimentazione.
Quando lei lanciò l’iniziativa «Let’s Move!», il 9 febbraio 2010, disse: «La salute fisica ed emotiva di un’intera generazione, e la salute economica e la sicurezza della nostra nazione, sono in gioco». Può spiegare ai nostri lettori perché le buone abitudini alimentari non sono solo una questione di natura medica, ma anche economica e di sicurezza?
«Noi abbiamo sempre saputo che l’obesità infantile era una seria questione di salute pubblica. Anche con i progressi compiuti nell’affrontare il problema, in America un bambino su tre è ancora sovrappeso o obeso, e si prevede che uno su tre svilupperà il diabete nel corso della sua vita. Oltre alla dimensione sanitaria, però, l’obesità è anche una seria questione economica.
Oggi, negli Stati Uniti, noi spendiamo circa 190 miliardi di dollari all’anno per curare le malattie collegate a questa condizione fisica. Immaginate come diventeranno alti tali numeri, tra dieci o venti anni, se non cominceremo a risolvere questo problema proprio adesso. Per quanto riguarda la sicurezza nazionale, poi, per anni abbiamo sentito i leader militari del Paese che lanciavano l’allarme su questo tema. L’obesità è una delle cause principali che squalificano per il servizio nelle forze armate. I leader militari sono infatti alcuni dei più grandi sostenitori dell’iniziativa “Let’s Move!”, e proprio in questo momento, nelle nostre basi in tutto il territorio dell’America, stanno lavorando per servire cibo più salutare e istruire le truppe sul tema della nutrizione».
Parlando del suo programma, lei ha detto anche: «Alla fine, come First Lady, questa non è solo una questione politica. È una passione. Questa è la mia missione. Io sono determinata a lavorare con la gente in tutto il Paese, per cambiare il modo in cui una generazione di bambini pensa al cibo e all’alimentazione». Perché questo tema è così importante e personale per lei?
«Prima di vivere alla Casa Bianca, ero una mamma indaffarata che lavorava, cercando come un giocoliere di conciliare le esigenze del mio impiego con le necessità della mia famiglia. Siccome eravamo entrambi così impegnati, mio marito e io non facevamo sempre le scelte migliori su come mangiavamo a casa. Alla fine, il nostro pediatra ci consigliò di cambiare. Perciò cominciammo a mangiare più frutta e vegetali, bere più acqua, fare attenzione alle dimensioni delle porzioni, e consumare meno cibo da asporto comprato fuori casa. Ben presto, iniziammo a sentirci più in salute e pieni di energia. Perciò io so di prima mano che il modo in cui ci alimentiamo può avere un effetto significativo sulla nostra salute. Per questo motivo, l’obesità infantile per me non è solo una preoccupazione in quanto First Lady, ma anche come madre. E qui sta davvero l’approccio che uso per affrontare questo tema. Non è una questione di centimetri della circonferenza della pancia, di chili, oppure dell’apparenza esteriore: qui stiamo discutendo di come i nostri figli si sentono fisicamente, e come si percepiscono sul piano personale. Il punto centrale è l’impatto che l’obesità ha su ogni aspetto delle loro vite, dalla salute fisica e quella emotiva, fino ai risultati che riescono a ottenere nello studio. Perciò io volevo avviare una conversazione nazionale su questi temi, e fare ogni cosa in mio potere per sostenere i genitori, che sono determinati e impegnati a compiere scelte salutari per le loro famiglie».
Nel dicembre del 2010 suo marito, il presidente Obama, ha firmato la legge chiamata «Healthy, Hunger-Free Kids Act», un provvedimento senza precedenti che sta aiutando le scuole pubbliche degli Usa a offrire pasti più salutari nelle mense a decine di milioni di bambini americani. Ci può raccontare quali sono le iniziative più importanti che sono state ispirate dal programma «Let’s Move!» e quali sono stati i loro effetti?
«Noi sappiamo che il problema dell’obesità infantile è incredibilmente complesso, e abbiamo lavorato per affrontarlo da molti angoli diversi. Ci siamo impegnati per ottenere cibi più salutari e più attività fisica negli asili e nei centri di assistenza per i bambini. Stiamo rivedendo le etichette sui prodotti alimentari che arrivano negli scaffali, per fornire alle famiglie informazioni migliori. Stiamo ottenendo anche l’apertura di più negozi di generi alimentari nelle comunità meno servite, e tante altre cose. L’idea alla base di tutto questo è creare una nuova norma, in cui gli ambienti più salutari per i bambini e le famiglie diventano parte della nostra cultura. Uno dei risultati più significativi che abbiamo ottenuto è stato il nostro lavoro per trasformare la situazione nelle scuole, cominciando proprio dal cibo che serviamo ai nostri bambini. Attraverso l’Healthy Hunger-Free Kids Act, decine di milioni di studenti in tutta l’America stanno ricevendo ora pranzi più nutrienti nei loro istituti. Pasti che centrano alti standard alimentari, e includono più frutta, vegetali, e grani integrali non processati. A partire dal prossimo anno scolastico, poi, anche gli snack e gli spuntini offerti nelle scuole attraverso le macchine per la distribuzione automatica, o con i menù serviti di persona, dovranno a loro volta rispettare standard nutritivi più alti. Abbiamo anche lavorato per offrire a più studenti la prima colazione mattutina, perché sappiamo che cominciare la giornata delle lezioni con un pasto salutare e nutriente, può avere un impatto significativo sui risultati accademici ottenuti poi dagli studenti. Stiamo lavorando anche per aumentare l’attività fisica attraverso il programma “Let’s Move Active Schools”. Dal lancio di questa iniziativa, l’anno passato, oltre 8.500 scuole in tutto il Paese si sono impegnate a fornire ai loro studenti più opportunità per essere attivi fisicamente, nel corso della giornata scolastica».
Di recente il Journal of the American Medical Association ha riportato che nel corso dell’ultimo decennio l’obesità fra i bambini americani, compresi fra l’età di 2 e 5 anni, è diminuita dal 14 all’8%. Qual è stata, secondo lei, la chiave per ottenere questo risultato?
«Ci sono una serie di fattori che hanno portato al declino dei tassi di obesità fra i nostri bambini più giovani. E mentre siamo eccitati per queste statistiche incoraggianti, sappiamo che abbiamo ancora da fare una quantità tremenda di lavoro, per risolvere questo problema in maniera complessiva. Pensiamo che sia assolutamente critico continuare a concentrarci sui nostri bambini più piccoli. Questa è la ragione per cui, tre anni fa, abbiamo lanciato il programma “Let’s Move! Child Care”, per aiutare i gestori degli asili ad offrire ambienti più salutari per la prima infanzia, aumentando l’attività fisica, limitando il tempo in cui guardano la televisione, servendo cibi e bevande migliori, e sostenendo l’allattamento al seno da parte delle madri. Allo stato attuale, oltre 12.500 operatori nel settore degli asili, che servono più di un milione di bambini, si sono impegnati a condurre questi sforzi, e stanno lavorando per instillare nei loro giovani allievi abitudini salutistiche che dureranno per tutta la vita. Abbiamo anche una serie di altri programmi centrati sulla salute della prima infanzia, inclusa l’iniziativa “Women, Infants and Children”, anche nota come WIC. Si tratta di un programma federale designato a provvedere alimentazione supplementare alle donne con basso reddito, e ai loro bambini e neonati. Questa iniziativa le aiuta anche ad acquistare prodotti che altrimenti non si potrebbero permettere, come quelli freschi, in modo da poter colmare le lacune nelle loro diete».
Lei ha lanciato il programma «Let’s Move!» negli Stati Uniti, aprendo la strada su questo tema. Però l’obesità, le cattive abitudini alimentari, e la mancanza di esercizio sono problemi globali, al punto che l’anno prossimo l’Expo di Milano dedicherà loro un ampio spazio. Siccome Expo sarà un grande avvenimento globale, potrebbe anche rappresentare un’opportunità per affrontare questi problemi su scala internazionale. Lei quali suggerimenti offre per poter risolvere la questione a livello globale?
«Noi sapevamo che affrontare questo problema non sarebbe stato facile, ed eravamo coscienti del fatto che non avremmo potuto superarlo in una nottata. Dopo tutto, ci sono voluti decenni per sviluppare questa crisi, e sappiamo che ci vorrà tempo perché le nuove abitudini riescano ad avere presa nel nostro Paese e nelle nazioni in tutto il globo. Negli Stati Uniti noi abbiamo iniziato stabilendo un obiettivo: mettere fine all’epidemia dell’obesità infantile nell’arco di una generazione. Quindi abbiamo sviluppato un approccio multicomprensivo, perché sapevamo che il governo da solo non può risolvere questo problema. Tutti qui abbiamo un ruolo da giocare. Perciò abbiamo coinvolto e attivato insieme persone di ogni settore della nostra società: educatori e insegnanti, politici e funzionari eletti, leader del campo imprenditoriale e del business, religiosi, celebrità, genitori, e altre persone che svolgono funzioni importanti nelle vite dei nostri figli. Abbiamo lavorato per incrementare la coscienza e la conoscenza di questo tema, sottolineare le strategie e le idee più efficaci, e sostenere le persone che stanno lavorando per produrre cambiamenti salutari nelle loro famiglie e nelle comunità. La lezione principale che abbiamo imparato è che per questo problema non c’è una soluzione buona per tutti, così come non esiste una taglia unica per ogni corpo nel campo dell’abbigliamento. Perciò ciascun Paese deve identificare le cause del problema, e dare potere agli individui appartenenti a ogni settore della società a cui appartengano che possono trovare le soluzioni».
Paolo Mastrolilli, La Stampa 5/6/2014