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 2014  giugno 05 Giovedì calendario

SANTORO: “LA TV PUBBLICA È IL VECCHIO LA SCOSSA DEL PREMIER UN’OPPORTUNITÀ”

[Intervista] –

ROMA.
«Guardi, penso che la Rai possa salvarsi solo così: un canale finanziato col canone, che faccia tutto quello che il mercato non fa, niente reality, grande informazione, innovazione, e due canali aperti ai privati». Due ore a tu per tu con Michele Santoro, nella redazione del suo “Servizio pubblico” piena di trentenni.
Fosse in Rai farebbe sciopero?
«Penso di sì, resto “un vecchio comunista”: se il mio sindacato me lo chiede non faccio il crumiro».
Quindi non condivide il taglio dei 150 milioni di euro?
«Renzi, che ha nell’intuito la sua qualità più grande, ha capito che la tv pubblica è l’ultima sopravvissuta del vecchio sistema politico: una mossa coerente».
Cosa l’ha colpita del suo attacco?
«Soprattutto quel che è accaduto dopo: Grillo che si mette a difendere lo sciopero, presentandosi così come l’alfiere del passato. E l’alleanza tra la parte spodestata del Pd e Forza Italia. Renzi li osserva dall’altra parte. Un capolavoro politico».
A Saxa Rubra dicono: così è un favore a Mediaset.
«È vero il contrario. Mediaset e Rai vengono da vent’anni di non belligeranza, di concorrenza sparita. Un tempo c’erano due pubblici, dopo il Ventennio berlusconiano è tutto un indistinto. E la pax ha prodotto in entrambi i campi una burocrazia di dirigenti che non sa più fare televisione, e che il premier ora mette in crisi».
Cosa vuole fare veramente Renzi?
«Ecco, nel progetto sta la sua debolezza. Infatti temo che non sia ispirato da una visione profonda. Togliere senza preavviso 150 milioni di euro, il 10 per cento degli incassi dal canone, significa costringere l’azienda a tagli lineari, a ridimensionare il prodotto. Ma del resto il premier sa che in quel 41% che l’ha votato si condensa un senso di rimorso collettivo, per tutto quello che non è stato fatto, per i giovani traditi, e pertanto si comporta di conseguenza».
Lei ha votato Pd?
«Non sono andato a votare».
Non è troppo indulgente con la Rai?
«La tv generalista è in crisi profonda. Dieci anni fa la somma degli ascolti ammontava al 94 per cento, oggi siamo precipitati al 57. Eppure i video sui siti online restano un elemento fondamentale. Segno che bisogna ripensare tutto».
Vale anche per i suoi talk, non trova?
«Vale per me, per la Rai, per i giornali. Quando ho iniziato nel 1987 ero la voce della piazza, ora rischio anch’io di passare per istituzionale. C’è stata la rivolta dei diseredati sul web che Grillo ha guidato abilmente, mostrando un talento nel cogliere il senso comune che prima di lui aveva avuto solo Berlusconi con le sue tv. Salvo poi accomodarsi nel salotto di Vespa».
La Rai non soffre di un drammatico deficit di qualità?
«Infatti questa scossa è un’opportunità. Dovrebbero avere l’ambizione di porsi un passo avanti rispetto alla politica, non a rimorchio, come avvenne negli anni Sessanta. Invece guardi le fiction: parlano di preti, di carabinieri, di buoni sentimenti. Non c’è il futuro. Non c’è la modernità. Anche “La grande bellezza” non l’ha prodotto la Rai».
Alla fine salveranno le sedi regionali: per dirla alla Gabanelli, si occupano soprattutto di sagre?
«Andrebbero ripensate, a cominciare dalla dimensione regionale, per stare vicine al territorio basterebbero meno della metà delle attuali strutture produttive».
E lascerebbe in vita i tre tg nazionali?
«È una domanda figlia di un mondo vecchio, quando c’erano le grandi ideologie a contendersi il Paese. Temo che non ci sia una domanda del pubblico che giustifichi tutte quelle edizioni, considerato che con l’online siamo informati in tempo reale. Ma ogni rete deve mantenere la sua informazione».
È demagogia chiedere che le star, i Vespa, i Floris, si taglino lo stipendio?
«Pura demagogia. Se non hai Maradona lo stadio non lo riempi, senza Celentano non fai audience».
Pensa che Floris andrà a Mediaset?
«La Rai farebbe male a perderlo, sono ben altri di cui potrebbe fare a meno, senza alcun danno. Né mi è chiaro il vantaggio che ne ricaverebbe lui. Poi ognuno gioca le sue partite».
E questa storia della Rai modello Bbc rimarrà un’eterna fola, o Renzi ce la farà?
«Beh, la forza di autoriformarsi la Rai non ce l’ha. Renzi, promettendo che non influirà sulle nomine, otterrà che andranno da lui a Canossa, così li avrà piegati tutti. A quel punto bisognerà verificare se saprà resistere all’antica massima che vuole la Rai come una puttana, di cui tutti parlano male di giorno, ma che poi frequentano di notte».

Concetto Vecchio, la Repubblica 5/6/2014