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 2014  giugno 05 Giovedì calendario

L’AUTORITÀ ANTIFURTO C’È GIÀ, COSTA TANTO E NON COMBINA NULLA


Milano
Per scoprire che esiste, tra le tante Authority fiorite in Italia, anche l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (Avcp), abbiamo dovuto aspettare gli arresti della “cupola” dell’Expo che aveva messo le mani sui lavori per l’esposizione universale di Milano 2015. Dopo che i buoi sono scappati, ecco arrivare l’ennesima Authority con un mirabolante dossier che racconta quanto il sistema degli appalti Expo funzioni male. Mezzo miliardo di denaro pubblico è stato sottratto alle norme e ai controlli, denuncia l’Avcp, grazie a ben 82 disposizioni del codice degli appalti che sono state cancellate da quattro ordinanze della presidenza del Consiglio. Perché Expo va fatto in fretta, dunque bisogna abbassare le soglie dei controlli. L’appalto per le architetture di servizio, per esempio, del valore di 55 milioni di euro, è finito alla Maltauro con il criterio dell’offerta più vantaggiosa. Ora che sono finiti in carcere, tra gli altri, l’imprenditore Enrico Maltauro, i “mediatori” Gianstefano Frigerio e Primo Greganti e Angelo Paris, gran manager di Expo spa, l’Avcp ci spiega che la gara era anomala, perché assegnava 35 punti per gli aspetti quantitativi, oggettivi, ma ben 65 punti per gli aspetti qualitativi, soggettivi, opinabili. Così bastava avere i commissari amici e il gioco era fatto (“Ne abbiamo due su tre”, si dicono Frigerio e Greganti).
Il dossier passa poi in rassegna le gare Expo e segnala deroghe e anomalie. Ben 72 appalti sono stati assegnati senza pubblicazione del bando. Alcune gare sono state fatte con “procedura ristretta semplificata”, per cifre anche di molto superiori al milione e mezzo di euro che è il limite oltre il quale quella procedura non deve essere usata. Domanda: ma la Avcp non poteva svegliarsi prima? Non era suo compito vigilare sulle gare, prima che arrivasse Ilda Boccassini? È da più di due anni che si susseguono le inchieste sugli appalti Expo. Sono sotto indagine la gara sulla “rimozione delle interferenze” (la pulizia dell’area), vinta da Cmc, e il grande appalto della “piastra” per di tutti gli impianti e padiglioni, base d’asta 272 milioni, conquistato dalla Mantovani con un’offerta di soli 165 milioni e un ribasso del 41 per cento (presidente della Mantovani è quel Piergiorgio Baita tornato agli onori delle cronache a causa degli arresti di ieri per lo scandalo Mose). Ben 34 aziende sono state “interdette” dai lavori per mancanza di requisiti antimafia. E l’Autorità che deve vigilare sui contratti pubblici dà segno della sua esistenza soltanto venerdì 30 maggio, quando invia il suo dossier a Raffaele Cantone, il magistrato posto da poco a capo di un’altro organismo, l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac). Due giorni dopo, domenica 1° giugno, il dossier finisce sulle pagine di Repubblica. Quattro giorni dopo, il presidente dell’Avcp, Sergio Santoro, incontra Cantone, per avviare una “fruttuosa collaborazione”. Ieri, Cantone incontra il presidente del Consiglio Matteo Renzi, proprio mentre le agenzie diffondono le notizie degli arresti per il Mose. Cantone: “Il sistema degli appalti è da ripensare, perché ormai fa acqua da tutte le parti”.
Cantone, con l’anac, è appena arrivato sulla scena. La Avcp è su piazza dal 2006. Santoro ne è presidente dal 2012. Prima è stato avvocato dello Stato, magistrato del Tar, consigliere di Stato, consigliere giuridico e capo di gabinetto in vari governi, consigliere del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per la trasparenza. Il perfetto super-burocrate. Ora è al vertice di un’Autorità composta da sette membri e ha a disposizione una struttura elefantiaca: 330 dipendenti, sei dirigenti, un segretario generale. Una sede prestigiosa in un palazzo in via di Ripetta, nel centro di Roma. Di fronte a una tale corazzata, l’Autorità nazionale anticorruzione guidata da Cantone pare una barchetta: ci lavorano 26 persone. A Cantone è stata affidato, personalmente da Renzi, il compito di sgominare il malaffare e ripulire l’Expo. Un impegno da far tremare i polsi, specialmente se non accompagnato da strumenti e poteri adeguati. Con il rischio che il magistrato con alle spalle una grande esperienza antimafia sia trasformato in un’icona da esibire, in un parafulmine per deresponsabilizzare chi i controlli non li ha mai fatti e non li sa fare. Ora la palla passa al governo, che deve trasformare l’icona in un organismo efficiente e produttivo. Domani, al consiglio dei ministri, dovrebbe avviarsi la messa a punto di un decreto legge per dare a Cantone i poteri necessari (quando?). Ci sono ancora gare Expo per almeno 120 milioni. Ci sono richieste di ristrutturazione dei contratti da parte delle aziende che hanno vinto le gare con forti ribassi e ora chiedono più soldi. Ci sono gli allestimenti da affidare (a Fiera Milano? E con quali garanzie per i subappalti?). Ci sono norme da varare per regolare le assunzioni.
Ci sono i soldi che devono arrivare dal governo: 130 milioni per trasporti e sicurezza, 60 per rimpiazzare la Provincia di Milano che non ha pagato la sua quota. E c’è da risolvere il problema Maltauro: non si può togliere all’azienda gli appalti già aggiudicati, ma forse si può bloccarle gli utili, nel momento in cui si provasse che ha vinto le gare in modo fraudolento. La parola ora passa al governo.

Gianni Barbacetto, Il Fatto Quotidiano 5/6/2014