l’Unità 5/6/2014, 5 giugno 2014
IO, LIBRAIO ITINERANTE – [PARLA DAVIDE RUFFINENGO CHE RACCONTA STORIE A DOMICILIO]
NOSTANTE GIORGIO MANGANELLI ABBIA DEFINITO LA LETTERATURA «UN DEPOSITO DI POSSIBILI SOLUZIONI LETTERARIE» (UNA MEDICINA CONTRO il genio, Adelphi, 1969), Ella Berthoud e Susan Elderkin nel loro Curarsi con i libri (Sellerio, 2013) sostengono che la letteratura sia un deposito di soluzioni molto più che letterarie, la letteratura lenisce ferite fisiche, emotive ed esistenziali. Le due inglesi hanno inventato, nel 2012, il termine e la prassi della «Biblioterapia... ramo della medicina che cura certi disturbi dell’esistenza con la somministrazione di opere di narrativa». A Davide Ruffinengo, prima libraio ad Asti, poi «librario itinerante», o «libraio errante» come amava definirsi all’inizio di un’avventura che per protagonisti ha il libri portati direttamente a casa dei lettori, autore, insieme a Davide Ferraris de Il libraio suona sempre due volte (Marcos y Marcos, 2013) e chissà quante altre cose...
A Davide Ruffinengo chiediamo se i romanzi siano più vicini all’omeopatia o alla medicina allopatica?
«Credo che i romanzi siano un ottimo strumento per avviare un percorso di guarigione, qualsiasi sia il paradigma medico di riferimento. Prendiamo per esempio un senso di disorientamento, la ricerca non soddisfatta di un proprio posto nel mondo che porta a un calo dell’umore. Una proposta allopatica porterebbe il libraio a suggerire Se dico radici dico storie (Laterza, 2011) di Gian Luca Favetto, perché “Le vite sono fatte di storie più che di atomi e ciascuno ha le sue”. Se scegliamo la strada omeopatica, il lettore potrebbe leggere La Luna e i falò, in modo da assorbire la filosofia pavesiana: la maturità è tutto».
Se i lettori non vanno in libreria la libreria va dal lettori. E come?
«A domicilio, inizialmente. Ora in tutti i luoghi in cui si può ospitare un libraio con i suoi libri e la voce che li racconta: teatro, scuola, piazza, ristoranti, negozi e ancora le case dei lettori. Non è mai una bancarella muta, la mia idea di libreria itinerante è basata sul racconto dei libri come se fossimo in libreria. Arrivo con la mia libreria viaggiante, la Book Car, allestisco, racconto, vendo e torno a casa. Pronto a ripartire. Ho una media di 50 incontri itineranti all’anno. In questo modo la libreria va dai lettori e soprattutto dai non lettori. L’idea è nata come progetto di promozione alla lettura. Per chi già legge è una gran comodità, per chi non legge l’obiettivo e toccare la leva del desiderio e invogliarlo a leggersi un libro. Accade spesso per fortuna».
Come sceglie i libri da portare con sé. Ha una cassa di libri che porta sempre? E se sì, quali sono?
«L’iter di scelta è molto severo. Escludo i libri più commerciali perché le persone già li conoscono. Cerco e scelgo i libri onesti, che hanno una pulsione, che hanno realmente qualcosa da comunicare. Scritto bene e senz’anima non entra nella libreria itinerante. I libri li cambio periodicamente, ultimamente porto sempre con me: Fedeltà di Grace Paley (minimum fax), Mandami a dire di Pino Roveredo (Bompiani), Bisogno di libertà di Bjorn Larsson (Iperborea), Ho paura torero di Pedro Lemebel (Marcos y Marcos), Le notti bianche di Dostoevskij (Einaudi), Strade bianche di Enrico Remmert (Marsilio), Il corpo della foresta di Roger Deakin (EDT)».
Lei cura con i libri, guarisce con le parole lette. Quali tipi di patologie curano i libri?
«I libri intervengono sulla sfera mentale, emotiva e spirituale. Da qui il condizionamento Sul corpo fisico. I libri curano perché agiscono sul cambiamento. I miei pensieri, al termine della lettura, sono inevitabilmente diversi, contrastati dal fluido di un pensiero esterno. Molto dipende da quanto il lettore apre la porta alle parole. Come un trattamento di riflessologia plantare, se lo ricevo rigido e intimorito non causerà alcun effetto».
Qual è il suo libro curativo? E cosa le ha guarito.
«Holden, Lolita, Zivago e gli altri. Il libro di Fabio Stassi ispirato al Dizionario dei personaggi del romanzo di Gesualdo Bufalino. Ha curato la presunzione, educato e ridimensionato l’ego. Perché ti ritrovi con duecento personaggi della letteratura che diventano maestri e ispiratori. Fino a quando arriva Libertino Faussone che ti prende per mano e ti ricorda che “Quando una cosa è studiata bene viene bella per suo conto”».
Quali sono i pregi di un libralo, e i difetti?
«Il coraggio, la forza di orientarsi in un mondo di libri che non smette mai di produrre. È una lotta contro la frustrazione. La perseveranza: un libraio, per quanto piccola è la sua libreria, proverà a salire sulle spalle del gigante. Il difetto è la passione. In questo settore si parla troppo di passione per i libri; etimologicamente si contrappone all’azione. Altro rischio è dividere il mondo in lettori e non-lettori».