Sergio Romano, Corriere della Sera 5/6/2014, 5 giugno 2014
NEL BISTICCIO CAMERON-JUNCKER UN UTILE CONFLITTO ISTITUZIONALE
La designazione da parte del Consiglio europeo del candidato alla presidenza della Commissione per la sua elezione da parte del Parlamento europeo avviene a maggioranza qualificata, per cui nessun Paese gode, in proposito, di un diritto di veto. Ma il titolo del Corriere del 28 maggio nel quale si dà conto del «veto» del Primo ministro britannico Cameron sul nome di Juncker, candidato del Partito polare europeo, segnala un problema reale. Il Trattato di Lisbona stabilisce un preciso collegamento fra le decisioni del Consiglio in materia di designazione del candidato alla guida della Commissione e il risultato delle elezioni per il Parlamento Europeo. Ora, in questo caso, non c’è dubbio che il Ppe si è confermato il gruppo politico più numeroso nell’Assemblea di Strasburgo. Sarebbe stato quindi del tutto naturale che il Consiglio europeo ne avesse preso atto e avesse indicato a sua volta il candidato del Ppe come il soggetto maggiormente legittimato dal voto degli europei. È certamente vero che Cameron deve vedersela con una opinione pubblica fortemente euroscettica. E tuttavia stupisce che proprio il Primo ministro britannico, di un Paese cioè nel quale il leader del partito che vince le elezioni diviene automaticamente Primo ministro, pensi di poter esercitare a livello europeo un potere che nel proprio ordinamento sarebbe un vero e proprio sopruso.
Giovanbattista Verderame
Caro Verderame,
Sembra che fra Cameron e Juncker vi siano stati dissapori e divergenze. Ma ho l’impressione che gli aspetti caratteriali coprano in questa vicenda un conflitto istituzionale. Grazie all’iniziativa di Martin Schulz, presidente dell’Assemblea di Strasburgo, il Parlamento vuole assumere, per la designazione del presidente della Commissione, poteri simili a quelli di cui dispongono, per la scelta del Primo ministro, i parlamenti nazionali e i loro elettori. E’ possibile che Cameron diffidi di Juncker per motivi personali e lo consideri troppo federalista; ma è maggiormente preoccupato dalle conseguenze istituzionali di una sua eventuale designazione e difende il diritto del Consiglio europeo (l’organo composto dai capi di Stato e di governo dell’Ue) di proporre al Parlamento il candidato che meglio rappresenta i propri equilibri. Se il Consiglio, invece, accetta la scelta degli elettori, l’Europa diventa, nella prospettiva di Cameron, più federale; e al Primo ministro britannico sarà ancora più difficile trattenere il suo Paese all’interno dell’Unione con il referendum che ha promesso al Paese e che dovrebbe avere luogo dopo l’inizio della prossima legislatura.
Credo che dovremmo considerare questo conflitto tra Consiglio e Parlamento come una buona notizia. La buone istituzioni si consolidano grazie al modo n cui vengono affrontati e risolti gli inevitabili conflitti d’assestamento tra i poteri di cui si compongono. La vittoria del Parlamento in questo caso sarebbe la migliore risposta all’accusa di deficit democratico indirizzata all’Ue dai partiti euroscettici in questi ultimi anni.