l’Unità 3/6/2014, 3 giugno 2014
IL PARMA, L’IRPEF, LA LICENZA E IL TRAFFICO DEI CALCIATORI
C’è un lato rimasto in ombra della vicenda che (per ora) esclude il Parma dalla prossima Europa League. Il fatto è noto: il Parma non ha versato entro il 31 marzo 280.000 euro di Irpef riferito ad acconti pagati a suoi tesserati in prestito ad altre squadre. Pendenza che la società credeva di dover saldare entro il 30 giugno, in quanto contabilizzata come incentivo all’esodo. Per la Covisoc si trattava invece di normali retribuzioni che dunque vanno sempre accompagnate dal versamento della corrispettiva Irpef. Quella cifra è in sostanza la «tassa» sulla differenza contrattuale di un gruppo di calciatori passati dal Parma ad altre squadre minori, con paga decurtata (e reintegrata, appunto, dal Parm – a secondo la società a mo’ di incentivo, secondo la Covisoc è comunque voce «stipendio»). Questo è l’aspetto chiaro della vicenda, ed è l’ammanco comunque già saldato dalla società di Tommaso Ghirardi.
La parte meno nota è l’origine di questo garbuglio: il Parma aveva da saldare questa Irpef perché manovra una quantità di giocatori spaventosa. Compra e vende in quantità, cercando il suo equilibrio economico in questo via vai, un transito di «carne» trasformata in plusvalenza, quando va bene. Il Parma compra e vende nelle ultime sessioni di mercato un centinaio di giocatori: un conto della Gazzetta.it ha attestato questo transito a 178 calciatori negli ultimi due anni. Nell’ultima sessione di mercato estivo, gli acquisti furono 90, le cessioni 132, con alcuni nomi ovviamente presenti in entrambe le liste: Parma è una stazione, si arriva e si parte, spesso – quasi sempre – senza nemmeno fermarsi per bere un caffè.
È un «sistema» architettato da Ghirardi e dall’amministratore delegato e uomo di calcio Pietro Leonardi, che conosce tutti e tutto in questo mondo, e che è il braccio operativo del presidente. I meriti di Ghirardi a Parma sono enormi, va premesso: ha risollevato una società distrutta dai Tanzi e dal fallimento Parmalat. La gloria degli anni ’90 nascondeva quella falsificazione. Oggi è tutto almeno limpido, rintracciabile. E se Parma ha festeggiato (per poco) una nuova qualificazione europea si deve alla lungimiranza, alla capacità e alla passione dei suoi dirigenti e dei suoi quadri tecnici. Ma la «tratta» dei calciatori fa comunque effetto, e in questo turbinio di arrivi e partenze si è creato l’equivoco che ha portato alle sentenze di esclusione per la mancata licenza Uefa. Dopo il rastrellamento dei giocatori (meglio se a parametro zero, così da assicurare plusvalenze anche se venduti a due lire), bisogna però piazzarli. Alcuni specie i più giovani hanno buone possibilità di restare in zona: «Grazie a questa tela abbiamo a disposizione 40 giocatori nati tra il 1996 e il 1998: siamo stati in grado di rafforzare il settore giovanile», spiegò Leonardi, al termine dello scorso impressionante mercato. Altri – specie gli over 30 – partono, e serve una affidabile rete di squadre disponibili a prendere giocatori anche in stock (5-6 per volta). Due società sono «satelliti» veri e propri, la gestione è condivisa a livello societario fra gli emiliani e i locali. Sono distanti, il Gubbio e il Nova Gorica. Così molti giocatori la sera si addormentano in Lega Pro e la mattina si svegliano in Slovenia. «Dobbiamo lavorare sulla quantità degli atleti perché operare sulla qualità imporrebbe risorse incredibili alla nostra proprietà», sempre Leonardi. Poi ci sono destinazioni amiche, e più frequenti, squadre come Latina, Crotone, Vigor Lamezia, Savona, Gavorrano, Renate, Teramo. Capitano imbarazzi come nel caso del difensore Giuseppe Figliomeni: giocava alla Juve Stabia, fu comprato dal Parma e annunciato nelle stesse ore dal Latina. Vendere (o «girare») alcuni di questi giocatori in sovrannumero non è semplice: per farlo, il Parma promette un contratto che le nuove società non possono onorare, e allora gli emiliani mettono sul piatto quell’incentivo-integrativo che andava sanato all’Irpef, e che è costato la licenza Uefa (e per ora anche la qualificazione nell’Europa League).
L’intensificazione di questo traffico umano si intuisce leggendo l’ultimo bilancio approvato, quello del giugno 2013 (quando, fra le annotazioni, era già presente il contenzioso che avrebbe portato poi all’esclusione europea: altro che «avvertiti all’ultimo momento»...). Allora, questo via vai non è bastato. E con esso, non è servita nemmeno la plusvalenza di 22,7 milioni di euro per la cessione del marchio, pratica preoccupante di ampliamento contabile, molto in uso in Serie A, che rimanda ma non risolve la necessità di iniezioni di capitale. Il trasferimento al ramo d’azienda appositamente costituito è avvenuto per 31 milioni di euro, quando il marchio era iscritto a bilancio per un valore residuo di 8,3 milioni. Il bilancio al 30 giugno 2013 della società Parma Football Club Spa si è chiuso con una perdita di €3,2 milioni con un valore della produzione sceso a 83,2 milioni di Euro dal record di €101,5 milioni del 2011/12, con un decremento di €18,3 milioni (-18%), causato soprattutto dalla drastica riduzione delle plusvalenze per la cessione di calciatori (da 55 milioni a 22, l’importo più basso degli ultimi cinque anni), e dall’aumento degli ammortamenti della rosa calciatori (altro effetto collaterale di questa esasperata pratica). Da allora, si è visto, Leonardi ha spinto sull’acceleratore, e alla stazione Parma sono arrivati e partiti quasi duecento calciatori. Funziona, perché le minusvalenze sono contenute (3,7 milioni) e perché la rete di società amiche consente operazioni spericolate, come la cessione del ventenne Emiliano Storani all’Ascoli (in Lega Pro) per oltre 3 milioni di euro. Nel frattempo l’Ascoli è fallito, chissà perché. E il Parma è senza licenza Uefa.