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 2014  giugno 04 Mercoledì calendario

IL MIRAGGIO DELLE GARANZIE


Nel primo trimestre del 2014 il tasso di disoccupazione fra chi ha meno di venticinque anni è balzato in Italia al 46 per cento. Peggio di noi in Europa ormai fanno solo la Croazia, la Grecia e la Spagna, dove comunque la disoccupazione giovanile è in calo.
Sapevamo già che le vere vittime della Grande Recessione e della successiva crisi dell’Euro sono i più giovani. Ce lo hanno ricordato con il voto alle elezioni europee. Sono loro che nei paesi della crisi del debito, Italia compresa, hanno dato massicciamente il voto ai movimenti populisti. Tsipras, Front National, Movimento 5 Stelle e Podemos sono stati spesso il partito di maggioranza relativa e, in alcune giurisdizioni, addirittura di maggioranza assoluta fra gli under 30.
L’Europa non può permettersi di ignorare questo disagio profondo. È frutto, in gran parte, degli squilibri fra i diversi paesi europei. Nel 2007, alla vigilia della Grande Recessione, gran parte delle differenze fra i tassi di disoccupazione giovanile fra le regioni europee si spiegava con le differenze nelle condizioni del mercato del lavoro all’interno dei singoli paesi. Ad esempio, le regioni settentrionali italiane avevano più o meno gli stessi tassi di disoccupazione della Baviera o del Noord-Holland, vicine alla piena occupazione. Oggi ciò che demarca alta e bassa disoccupazione giovanile sono i confini nazionali e molto meno quelli regionali. Non solo nel Mezzogiorno, ma anche in Piemonte e in Liguria la disoccupazione giovanile è sopra il 40 per cento, mentre in Austria e Germania è saldamente al di sotto delle due cifre. Sono, dunque, i paesi della crisi del debito nel loro complesso ad essere afflitti da questa malattia, grave perché rischia di consegnarci intere generazioni di persone destinate ad avere a lungo un rapporto molto difficile con il mercato del lavoro.
Non può certo essere la cosiddetta Garanzia Giovani la risposta dell’Europa a questo disagio che mina alle basi l’unione dell’Europa. È un programma che vale troppo poco (6 miliardi in due anni per l’Ue nel suo complesso) e soprattutto studiato in modo tale da far sì che questi soldi vadano a tutti tranne che ai giovani e ai loro datori di lavoro. Le regole per la concessione delle risorse della Youth Guarantee sono in gran parte le stesse utilizzate per i fondi strutturali, quelle che portano a non spendere i fondi oppure a disperderli in una miriade di piccoli progetti, che hanno costi amministrativi superiori al valore dei servizi e dei trasferimenti monetari erogati.
Bisogna prendere atto del fatto che le politiche di coesione oggi non possono che avere una dimensione nazionale. Bene allora permettere ai governi nazionali di utilizzare i fondi della Youth Guarantee e gli stessi fondi strutturali per ridurre subito le tasse sul lavoro nei paesi della crisi dell’Eurozona. Ad esempio, permettendo il pagamento immediato ( frontloading ) di almeno la metà delle risorse stanziate dal bilancio comunitario per i fondi strutturali e destinate al nostro paese nell’esercizio 2014-2020, si avrebbero 30 miliardi per tagliare subito le tasse sul lavoro. Perché queste misure abbiano effetto immediato, meglio la strada degli incentivi automatici, piuttosto che i trasferimenti discrezionali. Fondamentale, inoltre, incentivare la creazione piuttosto che la ricerca di lavoro. Non è tanto un problema di spingere i giovani a mettersi in coda per trovare un lavoro, come previsto da molti piani della Youth Guarantee. C’è ben poco da cercare quando il lavoro non c’è.
Le tasse vanno ridotte per tutti, non solo per i giovani. Saranno comunque i primi a beneficiare di una domanda di lavoro che riparte, così come sono stati i primi a pagare per la sua caduta. I giovani saranno anche i primi a beneficiare di politiche che alleggeriscano la stretta creditizia alle imprese, soprattutto quelle di più piccole dimensioni. Draghi ha fatto spesso riferimento ai problemi dei giovani nei suoi discorsi istituzionali in questi anni. Speriamo che le decisioni che verranno prese domani a Francoforte siano conseguenti con questa sua attenzione. Non possiamo più permetterci rinvii nel sostenere in modo diretto la domanda di lavoro delle imprese.
Il fatto che il problema dei giovani chiami in causa l’Europa non alleggerisce le responsabilità dei governi nazionali. Ha fatto bene lunedì la Commissione Europea a ricordare al Governo Renzi che non ha ancora attuato una riforma del lavoro. Ci ha anche fatto capire che, qualora si facesse una vera riforma, le autorità sovranazionali e intergovernative europee saranno disposte a concederci tempi più lunghi nel rientro del debito. Bene utilizzare al più presto il potere contrattuale che il voto europeo ci ha conferito in questa direzione. Anche perché non c’è tempo da perdere se non vogliamo che la disoccupazione giovanile superi la soglia, psicologicamente devastante, del 50 per cento.

Tito Boeri, la Repubblica 4/6/2014