Beppe Scienza, Il Fatto Quotidiano 4/6/2014, 4 giugno 2014
CENTESIMI LA TASSA IN UN PUGNO DI SPICCIOLI
Dopo le richieste di messa al bando delle banconote da 500 euro, sono sotto tiro le monete da 1 e 2 centesimi. Il 6 maggio la Camera ha approvato una mozione che impegna il governo a sospenderne il conio, che nel 2013 sarebbe costato 21 milioni di euro. Una decisione presa a larghissima maggioranza, frutto di apprezzabili intenti di contenimento della spesa pubblica, ma anche di un’impostazione semplicistica. È stato trascurato il presumibile effetto inflazionistico dell’arrotondamento dei prezzi ai 5 centesimi. Limitiamoci ai consumi per alimentari e bevande non alcooliche (114 miliardi nel 2013). Ipotizziamo pure un aumento medio limitato allo 0,05 per cento: una spesa di 39,98 salirebbe a 40 euro. I consumatori finirebbero per spendere complessivamente circa 60 milioni in più, per farne risparmiare una ventina allo Stato. Non sembra proprio una cosa di sinistra, malgrado l’iniziativa provenga da Sel. La moneta da 2 centesimi corrisponde in potere d’acquisto a 50 lire del 2001. Chi ha più di trent’anni ricorda che erano quasi spariti i pezzi da 5 e 10 lire, poco utilizzate le 20 lire, ma normalmente in uso le 50 lire. Perché allora scagliarsi adesso contro le monete da 1 e 2 centesimi? Viene portata a modello la Finlandia, che ha deciso l’arrotondamento ai 5 centesimi, cosa comunque un po’ diversa. Perché non guardare piuttosto alla Germania? Là le cose vanno ben diversamente. C’è un accordo diffuso che le monetine da 1 e 2 centesimi debbano restare. Ma più in generale nessuno parla di ridicole guerre al contante (War-on-Cash). Lo difendono le associazioni consumatori (Verbraucherzentralen), ma anche intellettuali, come Hans Magnus Enzensberger con un suo appassionato articolo sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Ma soprattutto non deflette dalla sua linea la Deutsche Bundesbank, che ha appena organizzato il secondo convegno a difesa del contante con la partecipazione dei massimi esponenti della banca centrale, nonché di associazioni del commercio, del tutela dei consumatori.
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Beppe Scienza, Il Fatto Quotidiano 4/6/2014