Fabrizio d’Esposito, Il Fatto Quotidiano 4/6/2014, 4 giugno 2014
GASPARRI, NOVELLO TRILUSSA DI B.
Verrà un giorno in cui il magico universo del Condannato non sarà più politica ma storia e magari uscirà un Meridiano dedicato alla poesia berlusconiana. Dopo l’ermetismo di Sandro Bondi, ecco avanzare la versificazione gasparriana, nel senso di Maurizio, ex colonnello di An oggi forzista. La scoperta l’hanno fatta Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro in una puntata di Un giorno da pecora, su Radio2 Rai.
Gasparri ha esordito con un’ode in rima che schernisce gli scissionisti alfaniani di Ncd dopo il magro risultato elettorale: “All’inferno la discesa/ vi ha evitato solo Cesa/ con Alfano e con Sacconi/ eravate tra i tizzoni/ né vi avrebbe mai salvato/ di Schifani il parentato”. Alfano è l’ingrata musa dominante dell’invettiva gasparriana anche se lui, interpellato, precisa: “Io scrivo sms in rima, non sono mica Bondi”. Da Sabelli Fioretti e da Lauro, l’ex ministro delle Comunicazioni un paragone però l’ha fatto: “Sono il Trilussa dei poveri”. La poesia berlusconiana dopo la lunga fase ungarettiana di Bondi approda a una cifra più popolare. L’ode bondiana s’immergeva totalmente nel mare nero dell’anima di centrodestra, con malinconie e verbi declinati solo al participio passato. I versi di Gasparri riflettono invece la sua indole battutista (quanti duelli con Storace quando i due erano colonnelli di Fini) e si mantengono più in superficie. Ma c’è il serio pericolo che il corpus delle poesie gasparriane vada perso perché lo stesso autore rivela di non conservare nulla. Scrive e getta. Di solito gli sms in rima hanno un destinatario, sempre lo stesso. E cioè l’ex ministro nonché saggio del Quirinale Gaetano Quagliariello, oggi tra i big del Nuovo Centrodestra. Gasparri e Quagliariello, nella scorsa legislatura, erano rispettivamente capogruppo e vicecapogruppo vicario del Pdl e tuttora sono rimasti amici. Di seguito due inediti di “Maurizio”, di cui uno con risposta di “Gaetano”. Il primo: “Tra litigi e scissioni/ non si fan rivoluzioni/ né davvero liberali/ ma neanche di normali./ Con Gaetano agimmo in coppia,/ ma la strada ormai si sdoppia/ glielo dissi: ma che fai?/ ma fu il dado tratto ormai./ Le poesie le scrivevamo/ per un intervallo umano,/ tra le lotte e i tormenti,/ tra decreti ed emendamenti./ Poi fu Monti e dopo Letta/ e fu tutta una disdetta./ Ma non ben presto, lo si sa,/ nuovamente vincerà/ una tosta coalizione/ ancorata a scelte buone./ Terzi poli non ci sono,/ centrodestra è il polo buono./ Quello nuovo piacque a pochi,/ diventaron muti e rochi./ Quei che fecero scissione/ sono sul ciglio del burrone./ Stian lontani da poltrone,/ faccian solo cose buone./ Se ritornan nelle schiere/ dono avranno di dentiere,/ ma se restano così/ finiranno in serie C”.
Per comprendere la seconda ode è necessario spiegare che Gasparri è romanista e Quagliariello napoletano. I versi risalgono all’autunno scorso, quando la Roma battè il Napoli due a zero. Il calcio come metafora: “C’era un tempo, andato via,/ una gara di poesia,/ son finiti ormai quegli anni/ or rimangono solo affanni/ ma se il tempo è assai più amaro/ resto sempre un pallonaro/ non perché racconto balle/ ma perché vedo le palle/ che la Roma in serie insacca/ quando baldanzosa attacca/ otto volte fu vittoria,/ mai ci fu più grande gloria/ e al Napoli di notte/ rifilammo due gran botte/ e guidiamo il campionato/ anche se nulla è scontato./ Ma è rinata la speranza/ e la curva lieta danza/ mentre il Napoli sconfitto/ torna a casa triste e afflitto/ la metafora è assai chiara/ perde il centro questa gara/ Fitto Alfano Berlusconi/ troverem le soluzioni/ Monti tristo professore/ ha finito le sue ore/ niente centro all’orizzonte/ centrodestra è il nostro fronte”. Risposta di Quagliariello, sempre in rima: “Penso prima ai democristi,/ solo dopo ai romanisti!/ Se io avessi troppa fretta/ tireresti la maglietta./ Come ier fece Borriello/ t’inchiappetti Quagliariello/ che non vuol far più gl’inchini/ né a Ghedini né a Verdini/ mentre tu che a tutte l’ore/ vai facendo il mediatore/ guarda un po’ che caso strano/ far non vuoi il democristiano!”. Il ventennio della Seconda Repubblica ci consegna una rigida divisione: a destra sono poeti, a sinistra scrittori (Veltroni e Franceschini). Il resto è noia.
Fabrizio d’Esposito, Il Fatto Quotidiano 4/6/2014