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 2014  giugno 04 Mercoledì calendario

I SUPER-CARABINIERI DEI CRIMINI VIOLENTI RISOLTI 9 CASI SU 10


Non è più il tempo dei commissari Maigret. Contro assassini passionali e rapinatori balordi che perdono la testa e uccidono senza un perché, ma poi spariscono nel nulla perché scappano attraverso frontiere aperte, oppure studiano il delitto perfetto per anni esaminando giornali e telefilm con passione maniacale, i carabinieri da due anni a questa parte schierano una squadra di super-sbirri che associano il fiuto classico dell’investigatore con l’uso delle più sofisticate tecnologie. Et voilà, ecco l’ultimo nato nella famiglia dei Ros, il raggruppamento operativo speciale, la punta di diamante dell’Arma.
Due anni di operazioni finora svolte nell’ombra. Ventidue inchieste di altissimo livello, passando dalla bomba che uccise una ragazza e ne ferì altre sei in una scuola di Brindisi al delitto efferato di una coppia di anziani a Lignano Sabbiadoro, all’omicidio della gioielliera di Saronno, al sacerdote incaprettato di Pistoia. Ventidue i casi affrontati, diciannove quelli risolti e tre, tra cui il rompicapo di Yara, la giovanissima uccisa in provincia di Bergamo, in corso. Medie degne del romanziere Simenon. Ma questa, appunto, è realtà, non fiction.
«Sono soddisfatto dei nostri risultati», si limita a dire il colonnello Vincenzo Molinese, comandante del neonato Reparto Crimini Violenti, una carriera trascorsa ad occuparsi di criminalità organizzata. L’Arma dei carabinieri festeggerà pure domani a Roma, in Piazza di Siena, alla presenza del Presidente della Repubblica, i suoi duecento anni di vita - essendo stata fondata nel lontano 1814 dal re Vittorio Emanuele I per la duplice funzione di difesa dello Stato e della tutela della sicurezza pubblica - ma non li dimostra. O meglio, dimostra di essere al passo con i tempi: la nascita di un reparto ultraspecializzato, che nulla ha da invidiare all’Fbi, ne è l’ultimissima prova.
Come i cugini americani, anche il Reparto Crimini Violenti ha i suoi metodi e trucchi del mestiere di cui è geloso e che per nulla al mondo vuole svelare. «Non è il caso di regalare informazioni preziose ai delinquenti. Loro s’ingegnano a cancellare le tracce, noi a tirarle fuori», taglia corto il colonnello Molinese.
Diciamo che, in linea generale, la digitalizzazione dei servizi aiuta gli investigatori. Hanno fatto la loro comparsa nelle inchieste anche i software, ma il complesso delle tecnologie, tutto quello che ci circonda e ci registra, dai video ai telefoni, dalle carte di credito ai satelliti, a Internet, ai social network, alle mail, agli sms, permette a chi indaga di ricostruire un tale reticolo di relazioni attorno alle vittime che poi, sapientemente analizzato, ne viene fuori una sorta di mappa virtuale dove gli investigatori possono muoversi utilizzando le più classiche tecniche investigative per raccogliere quegli elementi capaci di individuare e soprattutto far condannare gli autori dei crimini.
E se normalmente tutti gli investigatori dei Carabinieri già fanno questo percorso, e ci sono squadre investigative in ogni capoluogo di provincia, ora che c’è l’ausilio degli investigatori super-specializzati del colonnello Molinese in alcuni casi di particolare complessità o di altissimo allarme sociale la soluzione è arrivata prima e meglio.
«Anche la tempestività nelle soluzioni è fondamentale - dice il colonnello Molinese - e l’Arma si rende conto che in alcuni episodi efferati non si devono assolutamente lasciare punti interrogativi in sospeso. Una forza di polizia ha il dovere di rassicurare i cittadini facendo totale chiarezza».
«Nel caso di alcuni omicidi i cui responsabili erano stranieri, e che poi si erano divisi, alcuni scappando all’estero, la nostra esperienza pregressa al Ros ci ha poi permesso di chiudere operazioni di polizia qui e lì all’unisono. Abbiamo operato arresti sincronizzati tra Italia e Albania, ad esempio, come pure tra Italia e Romania. Ma ci siamo mossi anche fuori dall’Europa. L’esperienza del Ros, sia per le indagini antimafia, sia per quelle antiterrorismo, ci permette di padroneggiare tutti gli strumenti della cooperazione internazionale di polizia e giudiziaria».

Francesco Grignetti, La Stampa 4/6/2014