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 2014  giugno 04 Mercoledì calendario

GLI AMERICANI ENTRANO A ROMA “IL MEDIOEVO NAZISTA È FINITO”


Il 4 giugno 1944 è una domenica, 271° giorno dell’occupazione nazista di Roma iniziata la sera di mercoledì 8 settembre 1943 a seguito dell’armistizio.
All’alba di Settant’anni fa le prime pattuglie statunitensi entrano in città. L’accesso è rischioso: imprevisti, rallentamenti e presenza di truppe tedesche nei punti di scorrimento verso il cuore della capitale. La Wehrmacht ripiega verso nord, i primi soldati alleati entrano con circospezione, spingendosi fin dentro le antiche mura. Non c’è quasi traccia degli occupanti, le vie sono sgombre, alcuni cecchini rimangono nascosti nelle proprie postazioni. Si spara fino a tarda sera; alle 21 in piazza di Spagna un conflitto a fuoco coinvolge gruppi di nazisti, fascisti e alleati. L’ultima strage avviene alla Storta dove vengono fucilati quattordici prigionieri prelevati dalla prigione nazista di via Tasso. L’esito dei combattimenti è scontato. Roma è libera. “Elefante!” la parola in codice diffusa da Radio Londra. Il 5 giugno viene colpito Ugo Forno, un bambino di dodici anni che aveva deciso di proteggere un ponte di ferro sul fiume Aniene.
La liberazione di Roma diventa un obiettivo strategico per il buon esito della campagna d’Italia: impegnare divisioni tedesche sul fronte meridionale e lanciare un messaggio d’incoraggiamento al movimento partigiano e ai diversi teatri di guerra. Nei piani degli alti comandi la presa della capitale avrebbe dovuto seguire di qualche settimana lo sbarco di Anzio del 22 gennaio 1944, Operazione Shingle. Ma il cammino viene presto interrotto dalle capacità di difesa dei tedeschi e dagli errori di una condotta che rallentò invece di accelerare la direzione di marcia. La dialettica difficile tra Washington e Londra condiziona pesantemente la strategia militare e l’indirizzo politico delle operazioni sul territorio della penisola italiana. Per uscire dallo stallo, ai primi di maggio, prende avvio una nuova offensiva, l’Operazione Diadem articolata su due direttrici: lo sfondamento della Linea Gustav nei pressi di Monte Cassino, assegnato all’VIII Armata britannica, concluso il 18 maggio; la marcia verso Roma della V Armata americana, di stanza nel litorale sud. Se il progetto originario prevede il ricongiungimento dell’VIII e della V armata prima dell’ingresso in città, il generale Clark decide di non attendere l’arrivo degli inglesi: da Cisterna e Valmontone, gli americani puntano direttamente sulla capitale, attraverso la via Appia e la via Casilina.
Sullo sfondo della seconda guerra mondiale Roma appare inizialmente incredula e dubbiosa. Dalle memorie che ci sono arrivate prevale un senso di diffidenza; il timore di una nuova cocente delusione, dopo le speranze tradite del 25 luglio e dell’8 settembre 1943. Si cercano conferme, si guarda verso sud per vedere arrivare mezzi e truppe di chi poteva cacciare l’occupante. Quando ci si rende conto di ciò che sta avvenendo la città sembra impazzire di gioia, stringendosi festante attorno ai nuovi arrivati e circondando monumenti e simboli antichi con una nuova speranza. Dormono in pochi, anche i soldati sono increduli per i segni di un’accoglienza diffusa che per le prime settimane avvolge in un clima idilliaco popolazioni e eserciti. Per gli uomini della Resistenza, per chi era passato all’azione, l’incontro con gli alleati si carica di speranze e sogni. «Sul piazzale Tiburtino (erano le 19 circa) incontrammo la prima camionetta americana». Sono le parole di Rosario Bentivegna, Sasà, giovane partigiano del movimento antifascista: «La gente le si avvicinava insospettita, non sapeva distinguere bene dalla foggia dell’elmetto ricoperto dalle reticelle mimetiche e dalle divise rese uniformi dalla guerra se si trattasse ancora del nemico o se fossero i nuovi amici. Anche quei soldati erano stanchi, ma con una gran voglia di riposarsi dalle loro fatiche in mezzo a quella folla che ancora diffidava, che temeva di sbagliare, ma che si sentiva dentro il bisogno di salutare la libertà. [...] Poi vennero fuori le sigarette - le Camel – e non ci furono più dubbi, e la gente corse impazzita intorno, nelle strade a urlare che erano arrivati gli americani. Forse questa volta il Medioevo nazista era finito davvero».

Umberto Gentiloni, La Stampa 4/6/2014