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 2014  giugno 04 Mercoledì calendario

LE BANCHE TOSCANE IN CRISI LASCIANO A SECCO IL CHIANTI


E se a guardarlo bene quel bicchiere di Chianti fosse mezzo vuoto? Perché crisi bancarie, shopping degli stranieri e storici marchi sull’orlo del fallimento raccontano questo.
D’accordo il Consorzio di tutela continua a sciorinare numeri ottimistici. Il Chianti Classico fattura quasi mezzo miliardo di euro di cui 360 milioni da vino in bottiglia con l’export al 40% e dati che raccontano di 242.000 ettolitri prodotti nel 2013, +5%, e un prezzo dello sfuso cresciuto del 27,4% sul 2012 a 185 euro all’ettolitro. Eppure anche la presentazione della Gran Selezione, il nuovo vino al top che deve invecchiare almeno 30 mesi, forse nasconde un’eccedenza di stock in cantina.
Nel biennio 2009-2010 il Chianti ha venduto meno e di vino ne è avanzato. Ma nel chiuso delle cantine si sussurra di eclatanti crisi aziendali perché manca la liquidità. Comincia a farsi sentire l’effetto Monte dei Paschi e non solo: rischiano di saltare marchi che custodiscono la storia del Chianti, più massiccio si fa lo shopping da parte degli stranieri e sullo sfondo si intravvede un intreccio enologico-bancario capace di ridefinire gli assetti complessivi di questo pezzo pregiato di Toscana.
A raccontare che la crisi morde e che forse è sistemica è il caso eclatante della famiglia Mazzei. Sono proprietari del Castello di Fonterutoli quello dove fu siglata la pace del 1208 che definì la storica assegnazione del Chianti al territorio della Repubblica Fiorentina e l’adozione del Gallo Nero come araldo di queste terre. Se uno a Firenze dice Lapo Mazzei c’è chi si toglie il cappello: è ancora presidente onorario del Consorzio del Chianti Classico e presidente della Lega del Chianti, è stato per almeno trent’anni presidente della Cassa di Firenze e creatore di Findomestic. Non c’è politico toscano che non gli abbia chiesto indulgenza. Ebbene Lapo Mazzei stava per portare i libri in Tribunale dopo 800 anni di storia familiare. Fonterutoli è gravato da una montagna di debiti, 43 milioni di cui 14 sono serviti a costruire la nuova faraonica cantina, ma l’azienda non fattura più di dieci milioni. Così le banche hanno chiesto il rientro.
La più esposta è la Cassa di Firenze (22 milioni) e viene da chiedersi se la lunga presidenza di Lapo Mazzei c’entri qualcosa con questa sovraesposizione, poi c’è il Monte dei Paschi (10 milioni). Mazzei ha presentato un piano di riassetto come prevede la legge fallimentare, ma le banche nicchiano. La crisi di Fonterutoli ha squarciato un velo. E ora si capisce che il gigante Chianti ha i piedi d’argilla perché il sostegno del credito, in particolare di Mps, non c’è più. Così s’avanzano gli stranieri. Lo shopping è cominciato nel 2007 con Constelation Brand che si compra la Ruffino, è proseguita con Alejandro Bulgheroni, argentino, che si è comprato Dievole. Ma ha fatto molto male l’acquisto da parte dei sudafricani di Vignamaggio azienda
che fu dei Gherardini, la famiglia di Monna Lisa, e molto scalpore lo sbarco dei cinesi che si sono comprati (per ora) solo otto ettari di Casa Nova ma si sa di altre trattive in corso. E comunque tra i 600 soci del Consorzio Gallo Nero i toscani sono ormai una minoranza. Ma se questi sono i fatti noti, minore attenzione si è prestata al fatto che in Chianti è in atto anche in considerazione delle crisi delle banche un complessivo riassetto.
I Frescobaldi che mai hanno avuto vigna nel Gallo Nero hanno già affittato oltre 60 ettari di vigna della San Donato in Perano a Gaiole e Antinori di fatto il Signore del Chianti continua la sua espansione con l’acquisto di Castello di San Sano altro storico marchio del Chianti.
I grandi si stanno mangiando i piccoli, ma altri marchi storici sono in bilico. A farli capitolare è in gran parte la mancanza di credito. La stretta del Monte dei Paschi ha dato il là, ma un’altra crisi bancaria rischia di far saltare gli assetti viticoli della Toscana più pregiata. È quella di Banca Etruria, la Popolare di Arezzo, conosciuta come la banca dell’oro e delle vigne. La storia è la solita di quelle che si sono viste negli ultimi anni: quasi 400 milioni di crediti deteriorati concessi per lo più a cantine e artigiani del distretto dell’oro, Bankitalia che preme perché si trovi un partner forte, il presidente Giuseppe Fornasari, il direttore generale Luca Bronchi e David Canestri, dirigente centrale, indagati dalla Procura di Arezzo. Ma è la possibile conclusione che è diversa. La Popolare di Vicenza è pronta a lanciare un Opa su Banca Etruria pagando un euro per azione con un esborso di 217 milioni pari a un premio del 25,8%. Presidente della Popolare di Vicenza è il Cavalier Gianni Zonin, il massimo vignaiolo privato d’Italia e quello che ha con il bellissimo Castello d’Albola, la vigna più estesa e tra le più prestigiose di tutto il Chianti Classico. Un caso? Probabilmente sì: ma il fatto è che oro e vigna alla Popolare di Vicenza, che non è quotata e già ha fatto sapere che se l’Opa andrà a buon fine proporrà il delisting di Banca Etruria, interessano molto come la rete di quasi 200 sportelli diffusa per lo più nel centro Italia. Così anche se il bicchiere di Chianti è mezzo vuoto, c’è qualcuno che se lo beve. Ora resta da stabilire se sarà un’ottima annata.