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 2014  giugno 04 Mercoledì calendario

ANTIPARLAMENTARISMO, LE ORIGINI DI UN FENOMENO

C’è una sorta di sogno o ideale, che compare ad intervalli nel tessuto sociale italiano: l’antiparlamentarismo. Mussolini lo apprese probabilmente in Svizzera. Ora si è in qualche modo di nuovo fatto strada in vasti strati dell’opinione pubblica. Le chiedo perché Pareto (ma non escludo Oriani, Corradini e Sorel) ebbe un tale ascendente sul giovane Mussolini.
Piero Campomenosi
pierocampomenosi@libero.it


Caro Campomenosi,
Mussolini ascoltò a Losanna, nel 1903, le lezioni di Vilfredo Pareto e fece in Svizzera il suo apprendistato rivoluzionario. Ma l’antiparlamentarismo è un fenomeno soprattutto francese che cominciò a manifestarsi negli anni Ottanta dell’Ottocento e crebbe progressivamente sino a esplodere nel 1934 quando le Leghe antidemocratiche dettero l’assalto al Palazzo Borbone, sede della Camera dei deputati.
La Francia era divenuta una Repubblica parlamentare dopo la guerra franco-prussiana del 1870, l’abdicazione di Napoleone III, il crollo del Secondo Impero e il tentativo rivoluzionario della Comune di Parigi. Molti salutarono con soddisfazione il ritorno alla tradizione repubblicana della Grande Rivoluzione, ma non altrettanto entusiasti furono i bonapartisti, gli orleanisti, i cattolici «ultramontani» (come vennero definiti quelli che credevano al primato del papa sulle Chiese nazionali) e una buona parte delle forze armate. Negli ultimi decenni del secolo, la Francia crebbe economicamente e finanziariamente, ma la politica e il denaro sono poli magnetici che si attraggono a vicenda. La costruzione del canale di Panama, progettata da Ferdinand de Lesseps dopo il taglio del Canale di Suez, provocò una cascata di scandali che coinvolsero amministratori, banchieri, ministri e parlamentari. Cominciò a diffondersi la convinzione che i rappresentanti del popolo fossero in buona parte corrotti e che il Parlamento fosse il luogo dove i voti si compravano e si vendevano, dove troppi deputati approfittavano delle loro funzioni per arricchirsi, dove le leggi venivano «aggiustate» per compiacere il mondo degli affari.
Erano anti-parlamentari, alla vigilia della Grande guerra, le sinistre e le destre, i seguaci di Marx e quelli di Charles Maurras, fondatore dell’Action Française, e persino molti repubblicani, delusi per il modo in cui il cuore democratico del Paese era stato inquinato dal denaro. Il disprezzo del Parlamento divenne ancora più esplosivo dopo la fine della Grande guerra quando scoppiò lo scandalo Stavisky, uno spregiudicato finanziere che si era valso di un membro del governo per collocare sul mercato le sue obbligazioni. Quando Stavisky, di lì a poco, fu trovato morto, molti non credettero alla tesi del suicidio e la “politica” fu accusata di averlo eliminato per meglio nascondere le proprie complicità. Durante l’assalto alla Camera, nel tardo pomeriggio del 6 febbraio 1934, vi furono 14 morti e 655 feriti fra i dimostranti, un morto e 780 feriti o contusi tra le forze di polizia.
In Italia, nel frattempo, Mussolini aveva già deciso che la Camera dei deputati sarebbe stata sostituita da una Camera dei fasci e delle corporazioni in cui i membri non avrebbero rappresentato gli elettori dei collegi, ma le diverse categorie economiche di cui si compone la società nazionale. Fu questa la “terza via” fra capitalismo e marxismo che sedusse per un certo periodo molte società europee. Ma questa Camera morì prima di nascere e il ritorno al Parlamento, dopo la caduta del fascismo, parve la condizione necessaria per la restaurazione della democrazia. Oggi non sembra che il Parlamento, soprattutto in Italia, goda di buona fama e buona salute. Per Beppe Grillo e i suoi seguaci, il vero Parlamento è la rete.