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 2014  giugno 02 Lunedì calendario

LA CITTÀ FANTASMA AL POLO NORD FRA MINIERE, SEGRETI E LENIN


Il «Langoysund», il vecchio peschereccio che porta la gente a fare un giro per i fiordi delle Svalbard, ferma i motori sul limitare della banchisa, nel Billefjorden. A destra, imponente e magnifico, striato di venature azzurre, c’è il Nordenskioldbreen, uno dei più incantevoli ghiacciai dell’Artico.
A sinistra, ai piedi di una montagna inquietante, c’è una città che nessuno si aspetterebbe di trovare da queste parti, a poche centinaia di chilometri dal Polo Nord. Ha edifici imponenti, ampie piazze e viali, monumenti imperiosi. Ma niente si muove nelle strade, dai camini non esce fumo e nessun rumore la disturba. Pyramiden, la città fantasma ai confini del mondo, è così dal 1998, quando tutti i suoi mille abitanti smisero all’improvviso di fare quello che stavano facendo e se ne andarono via insieme, da un momento all’altro.
Le isole Svalbard non sono sempre state dove si trovano ora. Prima che la deriva dei continenti le portasse nel Circolo polare artico erano ricoperte di alberi, che hanno formato enormi giacimenti di carbone. All’inizio del ‘900 tutti vennero qui a scavare miniere e i russi si aggiudicarono tre concessioni: Grumant ancora ai tempi dello zar, Barentsburg e Pyramiden ai tempi di Lenin. Intorno ai primi due insediamenti sorsero le solite baracche dei minatori, ma non nel terzo: a Pyramiden, l’Unione Sovietica volle fare le cose in grande, talmente in grande da creare più di un sospetto e generare leggende, ipotesi inverosimili e spiegazioni che convincono, ma non cancellano del tutto la sensazione che ci sia ancora altro da scoprire.
Pyramiden deve il suo nome alla montagna che la sovrasta e che è non solo a forma di piramide, ma ha sulla cima una punta a gradoni scavati dalla neve e dal vento, che evocano la piramide di Saqqara in Egitto e i templi a scalini dei Maya. Dopo avere ottenuto l’autorizzazione a estrarre carbone nel 1927, l’Urss di Stalin decise nel Dopoguerra di fare di Pyramiden un avamposto della civiltà comunista. Vennero costruiti palazzi di cinque o sei piani mai visti alle Svalbard, nello stile monumentale di Mosca. Nella piazza principale, un busto di Lenin guarda ancora la città e la pianura di fronte, dalla quale si elevano altre montagne a forma di piramide.
I mille abitanti di Pyramiden avevano tutto quello che poteva servire a una comunità: asilo, scuola, ospedale, auditorium, cinema, biblioteca con 50.000 volumi, campo da basket e da calcio, piscina riscaldata. In nessuna delle abitazioni c’era una cucina. Il cibo veniva servito a tutti in un grande ristorante centrale, e non mancava mai. C’erano serre nelle quali si coltivavano frutta e verdura, stalle riscaldate piene di maiali, polli e bestiame. Poiché la terra delle Svalbard è molto povera, venne portata terra feritile dall’Ucraina, che ha prodotto erba che d’estate spunta ancora nei parchi giochi della città.
D’inverno, quando il sole non si fa vedere per quattro mesi, Pyramiden non è raggiungibile e gli unici stranieri che si avvicinano sono orsi polari. Da giugno a ottobre vi si può approdare in nave, e fino a pochi anni fa visitarla è stata una esperienza che nessuno ha dimenticato. Tutto era rimasto come se il tempo si fosse improvvisamente fermato. Sul pavimento della palestra i palloni da basket. Al bar i bicchieri ancora sul bancone. Nell’auditorium due balalaike posate per terra e sul palco un nobile pianoforte «Ottobre Rosso» a coda che stabilisce, malandato e orgoglioso, il record dello strumento musicale più a Nord del pianeta. Nella piscina sembra sia sufficiente aprire il rubinetto per poter nuotare di nuovo. Dentro le case i letti disfatti, le scarpe abbandonate a terra. Gli attrezzi dei minatori appoggiati alle pareti, pronti per essere usati il giorno dopo. C’è un’atmosfera sospesa, come di una fotografia che ha fermato il tempo.
Le ragioni per le quali Piramyden è stata abbandonata così, da un giorno all’altro, lasciando tutto quello che con più calma si sarebbe potuto portare via, non sono mai state spiegate in modo convincente. Si dice che nel 1991, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, i finanziamenti di Mosca siano cessati, dando inizio alla decadenza. La miniera non ha mai generato sufficienti profitti e occorrevano soldi in continuazione per tenere in piedi quell’Eden tra i ghiacci. L’equipaggio del «Langoysund» si ricorda di un luogo anomalo e misterioso, nel quale i mercantili arrivavano pieni e partivano vuoti, popolato da uomini di cultura e scienziati più che da minatori. Uno sceneggiatore di Hollywood potrebbe ambientarci molti film: una base segreta nucleare sovietica, evacuata all’improvviso per una emergenza; un avamposto della Guerra Fedda pronto per una incursione di James Bond; un ingresso segreto di Agarthi, il regno sotterraneo immaginato dallo scrittore Willis George Emerson, circondato da piramidi per metà artificiali e per metà naturali.
Chissà. Grazie al gelo delle Svalbard, Pyramiden resterà intatta per molti secoli. Secondo gli scienziati sarà probabilmente l’ultima città della Terra a scomparire, con la statua di Lenin e i suoi segreti ancora avvolti nel ghiaccio.

Vittorio Sabadin, La Stampa 2/6/2014