Valeria Uva, Il Sole 24 Ore 2/6/2014, 2 giugno 2014
FONDI EUROPEI A METÀ DEI COMUNI MA SPESE A RILENTO
Un fiume di microprogetti scorre dall’Europa direttamente verso i Comuni italiani. Un campanile su due può vantarsi di essere riuscito a conquistare almeno un assaggio dei fondi strutturali europei per lo sviluppo della programmazione 2007-2013. L’importante è esserci - questo il pensiero dei sindaci -, riuscire a far sventolare la bandiera blu a 12 stelle della Ue, anche solo su un tratto di marciapiede.
La corsa dei Comuni ai fondi Ue è documentata dal centro studi Ifel nel proprio rapporto sulla «Dimensione territoriale nel Quadro strategico nazionale 2007-2013» che Il Sole 24 Ore ha consultato in anteprima. Al termine della programmazione 2007-2013 il 42,5% dei Comuni italiani è riuscito a ottenere almeno un progetto europeo del Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale). E con i loro 9.025 progetti gestiti per un totale di 6,79 miliardi di euro, le amministrazioni comunali si piazzano al secondo posto nella classifica dei beneficiari, con un po’ di distacco rispetto al primato degli operatori privati, che hanno conquistato il 41% dei progetti.
Ma la valanga di interventi è composta in realtà da mille rivoli, il 42% dei quali non supera la cifra modestissima dei 150mila euro, con la quale appunto si riesce a malapena ad arredare una piazza. Emerge - si legge nello studio Ifel «l’esigenza di far fronte a problemi di finanza locale indotti da tagli ai trasferimenti di risorse ordinarie di bilancio». Come dire: in questi tempi di finanze magre, le risorse comunitarie per i sindaci rappresentano spesso l’unica certezza economica, da qui la corsa all’accaparramento, in cui ognuno fa da sé. Con il risultato, però, che si indebolisce la capacità dei fondi strutturali di incidere in profondità sull’economia locale.
«L’obiettivo di utilizzare le risorse della coesione per incidere principalmente sulle precondizioni dello sviluppo si è infranto contro una miriade di micro-progetti che lasciano poco in termini di crescita strutturale» commenta Micaela Fanelli, delegata Anci per le politiche di coesione. Fanelli lamenta anche il progressivo spostamento verso i privati: «Ha prevalso la spinta ad assegnare direttamente più risorse ai privati, riducendo quelle destinate alle aree urbane, credendo che questo potesse contribuire meglio alla crescita».
LA SPESA
A distanza di oltre sei anni dall’avvio la spesa rendicontata dai Comuni è ancora al 21 per cento. In classifica, comunque, meglio dei sindaci fanno solo gli operatori privati (41%), secondo i dati rilevati dal sito Opencoesione e aggiornati a dicembre 2013.
La capacità di impiego migliora più ci si avvicina alla gestione locale: lo stato di avanzamento rendicontabile medio è del 41,5% nei Por e si abbassa al 19,9% nei Pon e nei Poin (programmi interregionali).
Il discorso cambia in proporzione al «peso» del programma. I programmi comunali di importo oltre i 5 milioni di euro sono solo 121. Di questi, solo 33 a sei anni dall’avvio sono oltre il 50% di rendicontazione (si vedano i primi 15 nella tabella sotto). Le "eccellenze" sono in Liguria: Savona e Sanremo hanno già chiuso i cantieri dei progetti Fesr 2007-2013 (praticamente completo anche il centro culturale di Poggibonsi).
Nell’esperienza ligure, però, si è trattato di opere già avviate, salite in corsa nella vecchia programmazione comunitaria. Persino all’ultimo minuto: è il caso, per esempio, dei lavori sul Torrente San Romolo di Sanremo, già praticamente conclusi e inseriti nel Por 2007–2013 per un piccolo contributo. Viene da lontano anche la nuova piscina di Savona, completata anche grazie al traino dei successi locali nella pallanuoto. «Il progetto era inserito già nel vecchio Por» spiega l’assessore allo Sport e Bilancio del Comune, Luca Martino. Ma la chiave per entrambi è l’attenta programmazione: «Ci presentiamo con i progetti esecutivi - spiega Martino - e se le opere ritardano dirottiamo i fondi verso altri interventi di riqualificazione». Discorso analogo per Sanremo, che nel Por ha traghettato progetti esecutivi già pronti. «Così, per esempio, siamo riusciti a finanziare la pedonalizzazione dal Casinò al teatro Ariston (quello del Festival, ndr)» spiega Gian Paolo Trucchi, il dirigente del Comune che ha seguito il progetto.
All’estremo opposto, si trovano altri 15 grandi progetti che a dicembre scorso, e cioè a distanza di sei anni dal primo sì, erano fermi a zero con la rendicontazione. I primi tre per dimensione appartengono al Comune di Napoli, il quale segnala però una buona performance per la metropolitana (84%). Al palo restano ancora il polo fieristico, la valorizzazione del centro storico e la riqualificazione del porto a Napoli Est.
«L’attuazione è stata ostacolata dalla particolare congiuntura economica, dai limiti imposti dal Patto di stabilità e dalla volontà della Giunta regionale di contenere la spesa» spiega l’assessore ai lavori pubblici di Napoli, Mario Calabrese. Lo stop agli investimenti è durato più di un anno. «Ma ora siamo ripartiti - aggiunge Calabrese - con cinque gare bandite per il centro storico dal valore totale di 23 milioni e tre appalti aggiudicati per 47 milioni per l’area portuale».
Per Napoli, come per gli altri Comuni in arretrato con la spesa, è già partita l’affannosa rincorsa per evitare il definanziamento automatico, che scatterà a dicembre 2015.
Valeria Uva, Il Sole 24 Ore 2/6/2014