Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 02 Lunedì calendario

QUEL NUOVO ASSE TRA MARCHIONNE E IL PREMIER


TRENTO.
L’intervento di Renzi? «Ha detto esattamente quel che volevo sentir dire». Il piano di riforme? «È l’agenda di cui hanno bisogno l’Italia e l’Europa». È certamente facile concedere un endorsement post elettorale a chi rappresenta il 40,8 per cento degli elettori, ma per un tipo come Sergio Marchionne non era scontato. L’ad di Fiat ascolta con attenzione l’intervento di Renzi al Festival dell’economia di Trento e ne rimane sinceramente colpito. Al punto che quando tocca a lui salire sul palco per presentare il libro di Giorgio Barba Navaretti («Made in Torino?», Il Mulino), usa Renzi come un esempio di buona politica. Al direttore del «Sole 24 ore», Roberto Napoletano, che gli chiede quanto di Italia ci sia nella nuova Fiat-Chrysler, risponde: «Messa così mi sembra una di quelle questioni su cui si arrovellavano i politici italiani. Parlo dei vecchi politici, non di quello che ho sentito questa mattina».
Dunque c’è un «dopo Cristo», anche in politica, per usare una vecchia battuta del manager di Torino e quel dopo Cristo è evidentemente rappresentato dal premier. Da oggi è possibile credere nell’Italia? «C’è un’Italia buona — dice Marchionne alludendo alla Fiat — un’Italia che è andata all’estero per salvarsi e ora ne trae i frutti, come quei ragazzi di cui parla Renzi che sono andati a studiare a Londra e poi sono tornati a restituire quel che hanno imparato. Senza la cassa Chrysler la Fiat non porterebbe rilanciare l’Alfa».
Ma la Fiat manterrà l’impegno a tenere in vita i suoi stabilimenti italiani? «Abbiamo presentato un piano. Prevede la produzione di tutte le nuove Alfa in Italia e nel 2018 avremo occupato tutti gli attuali dipendenti. Venerdì ho visto l’ultimo prototipo della nuova Alfa. Per ogni modello Bmw ci dovrà essere un modello Alfa che ruba quote di mercato». Ormai di routine le punzecchiature ai costruttori tedeschi. Altrettanto di rito la polemica con la Cgil. Perché questo braccio di ferro con i sindacati? «Con i sindacati firmatari degli accordi i rapporti sono ottimi» (anche se in questo periodo minacciano lo sciopero). E con la Fiom? «Siamo sempre aperti ad accogliere la firma della Fiom in calce agli accordi ». Era stato Renzi, nell’intervento in mattinata, a ricordare che «Termini Imerese è uno dei problemi occupazionali da risolvere». Marchionne risponde: «Abbiamo offerto la nostra collaborazione per trovare nuove vocazioni produttive. Lì non è possibile produrre automobili». Ma Marchionne non ha errori da rimproverarsi? «Preferisco non parlarne in pubblico».
La mattinata finisce con un impegno solenne: «Accoglierò volentieri Renzi se verrà in America a visitare gli stabilimenti Chrysler». E le vecchie ruggini, le polemiche sulla Fiat aiutata dallo Stato? «Io non guardo alla Fiat del passato — risponde Renzi — ma alla speranza che rappresenta per l’industria italiana». A dieci anni esatti dal suo insediamento al Lingotto, Sergio Marchionne ha trovato finalmente un interlocutore nella politica italiana. Alla fine, con il nuovo asse Matteo-Sergio, anche il pubblico di Trento applaude il manager. L’imitazione di Crozza comincia a entrare in archivio?

Paolo Griseri, la Repubblica 2/6/2014