Vittorio Emanuele Parsi, Il Sole 24 Ore 3/6/2014, 3 giugno 2014
LA FATICA DI ADEGUARSI AI TEMPI CHE CAMBIANO
Dopo quasi 40 anni di regno, Juan Carlos I di Borbone ha abdicato a favore del figlio Felipe, Principe delle Asturie. La mossa di Juan Carlos è legata principalmente a motivi politici e dinastici. La sua stella si era appannata negli ultimi anni, dopo il coinvolgimento in una serie di scandali. Il più grave è quello che vede indagati per frode il genero e la figlia Cristina, una brutta storia in cui alcuni vorrebbero coinvolto, quantomeno per negligenza, lo stesso sovrano. È molto probabile che Juan Carlos sia estraneo alla frode, ma nel corso degli ultimi anni la sensazione è che il re sia rimasto indietro rispetto ai cambiamenti e al clima del Paese. Basti pensare alle polemiche, seguite da sue pubbliche scuse, per un costoso safari di caccia all’elefante in Botswana nel 2012, inopportuno vista la grave crisi economica in cui versava la Spagna e inappropriato per un capo di Stato che è anche il presidente onorario del Wwf iberico. Ma pure l’irritazione dell’opinione pubblica per i molti love affairs del re sembrano attestare dell’interruzione del feeling tra gli spagnoli e il loro re che avrebbe potuto finire col danneggiare la stessa istituzione monarchica.
Bizzarro, se ricordiamo come quel re salito al trono nel 1975 per volontà di Francisco Franco (e di cui l’allora leader del Partito Comunista Spagnolo Santiago Carrillo vaticinò un regno cosi fugace da farlo soprannominare "il breve"), dovette il suo successo proprio alla straordinaria sintonia con il suo popolo e all’intelligenza e al coraggio con cui seppe interpretare il cambiamento cui la Spagna anelava dopo quasi mezzo secolo di dittatura franchista. Nel giugno 1977, 18 mesi dopo l’incoronazione, si tenevano le prime elezioni libere, e l’anno successivo il re promulgava la nuova Costituzione democratica e autonomista.
Ma è con il "golpe del 23 F", il colpo di Stato del 23 febbraio 1981, che Juan Carlos legò in maniera indissolubile la sua persona alla causa della democrazia spagnola. Allora, mentre un gruppo di Guardia Civil occupava le Cortes al comando del tenente colonnello Antonio Tejero, il re comparve in televisione, in uniforme da Capitano Generale dell’esercito, per richiamare al loro giuramento di fedeltà i militari, così sconfessando i generali golpisti (capitanati da Jaime Milans del Bosch) e le loro millanterie di agire in nome del re. Fu il passaggio decisivo che portò al fallimento di un golpe che avrebbe potuto riaprire in Spagna gli orrori della Guerra civile degli anni ’30. Quello fu il momento della sua seconda incoronazione, quella democratica e popolare, che sembrò consolidare definitivamente il destino della monarchia spagnola, a poco più di un lustro dalla sua improbabile restaurazione. Per decenni, la figura del re è stata popolarissima, e ha illuminato di riflesso l’istituzione monarchica. Ma da qualche tempo a questa parte stava avvenendo esattamente il contrario. Le vicende della famiglia, ma anche alcuni errori da parte del re, rischiavano di mettere a rischio la continuità dinastica, in un Paese che comunque ha avuto sempre una forte tradizione repubblicana, convertita al "Juancarlismo", più che alla fede monarchica. E così il re ha deciso di passare la mano al principe Felipe, il dinamico principe delle Asturie, sposato con una borghese divorziata, ex giornalista televisiva e di famiglia repubblicana, la bella Letizia Ortiz. Certo è che nella parabola di Juan Carlos è racchiusa tutta la crescente problematicità contemporanea del regime monarchico, in cui persino chi vanta meriti straordinari nei confronti della Nazione finisce con l’essere usurato da una permanenza ininterrotta e pluridecennale sotto le luci della ribalta mediatica, se non proprio ormai ai vertici del potere. La sopravvivenza dell’istituto monarchico, forse con la sola eccezione britannica, appare sempre più dubbia: sospesa tra la necessità di mantenere intatta l’aura del prestigio e della tradizione e l’adeguarsi ai tempi che cambiano per sfuggire all’anacronismo. Ma ora, nel momento del commiato, è giusto rendere omaggio a re Juan Carlos I e lasciare al futuro Felipe VI di interpretare al meglio il suo difficile ruolo.
Vittorio Emanuele Parsi, Il Sole 24 Ore 3/6/2014