Valeria Pacelli, Il Fatto Quotidiano 3/6/2014, 3 giugno 2014
IL MAGGIO NERO DELLA FAMIGLIA ANGELUCCI
C’è un ostacolo nell’odierna lotta di Raffaele Fitto all’interno di Forza Italia ed è targato Angelucci, la dinastia che regna nel settore delle cliniche romane. Giampaolo infatti – il più piccolo dei figli di Antonio Angelucci (parlamentare di Forza Italia) – condivide una brutta vicenda giudiziaria con colui che era tra i pupilli di Silvio Berlusconi. Quella che li vede entrambi condannati in primo grado dal Tribunale di Bari: Fitto, in particolare, a 4 anni di reclusione per corruzione, finanziamento illecito ai partiti e abuso d’ufficio.
Secondo i giudici ricevette un finanziamento di 500 mila euro per il suo movimento politico “La Puglia prima di tutto” dall’imprenditore Giampaolo Angelucci. In cambio le aziende di quest’ultimo avrebbero ottenuto un appalto settennale da 198 milioni di euro per la gestione di 11 residenze sanitarie assistite. Il coinvolgimento nell’inchiesta di Bari è costato al 42enne Giampaolo una condanna in primo grado a 3 anni e mezzo. L’ultimo genito degli Angelucci non è però l’unico ad avere problemi con la giustizia. Anche il capostipite Antonio, oggi onorevole, nelle ultime settimane ha avuto più di una rogna. Una di queste riguarda il rinvio a giudizio per truffa e per aver omesso di dichiarare il “controllo” di due giornali, Libero e Il Riformista, in modo da ottenere contributi statali doppi e non dovuti. L’importo incassato è di 21 milioni di euro, una cifra che qualora si deciderà (il processo deve ancora iniziare in primo grado) di farla restituire allo Stato, peserà non poco sulle casse del giornale di Maurizio Belpietro, che già nel bilancio del 2012 viveva una situazione difficile: pubblicità in calo, 5 milioni di copie in meno su base annua e 34 milioni di euro di contributi pubblici negati dal dipartimento Editoria della Presidenza del Consiglio. L’inchiesta che ha coinvolto Antonio Angelucci è nata nel 2010 dopo che l’Autorità sull’editoria (Agcom) aveva aperto un’istruttoria per chiarire i rapporti economici tra le imprese “Editoriale Libero” e “Edizioni Riformiste”. Il Garante ha riscontrato delle incompatibilità e le carte sono arrivate in Procura a Roma che ha scoperto che a detenere una “posizione di controllo sulle imprese” era proprio Antonio Angelucci . Scrivono, nella richiesta di rinvio a giudizio, i pm Fasanelli e Dall’Olio: Angelucci, assieme a Arnaldo Rossi e Roberto Crespi – rispettivamente rappresentante legale dell’Editoriale Libero S.r.l. e di Edizioni Riformiste (entrambi mandati a processo però solo per truffa) – “si procuravano per le annualità 2006 e 2007, l’ingiusto profitto di 20.860.000 euro a titolo di provvidenze non dovute, con danno per la Presidenza del Consiglio dei ministri”.
Non è finito, per gli Angelucci, il periodo nero in tribunale. Il 21 maggio scorso, il gup di Roma Savio su richiesta del pm Mario Palazzi ha rinviato a giudizio sia padre che figlio (insieme ad altri) all’interno di una complessa indagine su una truffa da 160 milioni di euro al sistema sanitario regionale del Lazio. Truffa messa a segno tramite “fatturazione di prestazioni sanitarie non effettuate nelle forme previste dalle linee guida del Ministero – è scritto nella richiesta di rinvio a giudizio – manipolazione di dati informatici e emissione di fatture non rispondenti agli standard previsti”. Gli Angelucci, scrive il pm, “pur senza rivestire ruoli operativi al San Raffaele di Velletri, esercitavano un controllo diretto nelle attività aziendali, curavano le relazioni esterne, con la messa a disposizione della struttura sanitaria per dispensare favori a terzi, con la messa a disposizione dei mezzi di informazione in loro proprietà editoriale, con l’attività di pressante influenza sulle cariche istituzionali.”
Valeria Pacelli, Il Fatto Quotidiano 3/6/2014