Daniele Martini, Il Fatto Quotidiano 3/6/2014, 3 giugno 2014
GLI ESUBERI ALITALIA LI PAGHEREMO NOI
Chi pagherà per le migliaia di dipendenti Alitalia che gli arabi di Etihad non vogliono? Con molta probabilità i contribuenti italiani che, dopo essersi sobbarcati un fardello tra i 3 e i 4 miliardi di euro per mettere una toppa sulla vecchia compagnia di bandiera statale, saranno di nuovo costretti a portare il loro obolo all’azienda dei capitani coraggiosi, i famosi “patrioti” mandati allo sbaraglio da Silvio Berlusconi e ora costretti ad alzare bandiera bianca. James Hogan, il capo della compagnia di Abu Dhabi che sta per impossessarsi della società italiana, su questo punto è stato irremovibile: 13 mila e passa lavoratori in un’azienda come quella di Fiumicino che fattura poco più di 2 miliardi e mezzo di euro l’anno sono troppi. Etihad, è vero, di dipendenti ne ha anche di più, 17 mila, e ad una valutazione sommaria sembrerebbe un’azienda più modesta rispetto ad Alitalia, con una trentina di aerei in meno (89 contro 120) e una vita breve alle spalle. Ma a differenza di Alitalia che boccheggia, Etihad ha il vento in poppa e fattura quasi il doppio, 4 miliardi e 600 milioni di euro. Qualche mese fa, poi, ha sbalordito il mondo aeronautico con un ordine monster alla Boeing per decine di aerei e un valore di 200 miliardi di dollari. Da mesi, inoltre, gli arabi perseguono una martellante campagna di conquista annettendo una compagnia dopo l’altra: Air Berlin, Air Lingus, Darwin Airline, Air Serbia in Europa. Virgin Australia e Air Seychelles nel resto del mondo. Alitalia, al contrario, riuscirà a sopravvivere solo grazie ad Etihad che dovrebbe portare in dote 560 milioni di euro, stando almeno alle dichiarazioni del ministro italiano dei Trasporti, il ciellino Maurizio Lupi. Con questa cifra gli arabi metteranno le mani sul 49 per cento del capitale, non una virgola in più per non correre il rischio di far apparire la nuova Alitalia una compagnia extra Ue a tutti gli effetti, con testa e portafoglio ad Abu Dhabi. Con tutte le conseguenze negative che ciò comporterebbe, a cominciare dalla rinuncia a parte dei diritti di volo dell’azienda italiana.
Alitalia è talmente in barca che di recente l’Enac (l’ente dell’aviazione civile) ha dovuto fermare una delle sue collegate, Cai Second, perché risultava che la manutenzione fosse insufficiente. Poi si è scoperto che i lavoratori di quel ramo d’azienda sono ormai così pochi che non fanno in tempo a trascrivere sui registri gli interventi di riparazione effettuati per cui la manutenzione, anche se prestata, risulta dagli atti incompleta. Per effetto della cassa integrazione e dei contratti di solidarietà ci sono dipendenti di Fiumicino che lavorano appena 7/8 giorni al mese e ci sono 280 piloti in solidarietà e 28 in cassa integrazione. Nonostante la forza lavoro Alitalia sia stata di fatto ridotta per effetto degli accordi tra i sindacati e la compagnia sottoscritti appena tre mesi e mezzo fa, gli arabi non vogliono sentir ragioni. Quanti dipendenti saranno espulsi? Finché non saranno resi noti i termini della famosa lettera con le condizioni precise dei capi di Etihad, bisogna accontentarsi delle indiscrezioni: si parla di 2.600/3.000 lavoratori.
Ai capi di Etihad il sistema usato per buttar fuori tutta questa gente interessa relativamente poco, dal loro punto di vista conta il risultato. Escluso che possano essere licenziati di brutto per non creare drammi sociali, sarà soprattutto il governo a dover prendere in mano la patata bollente finanziando qualche forma di assistenza. In occasione della prima crisi Alitalia del 2008 è stato istituito un Fondo volo alimentato in parte dalle compagnie italiane (dipendenti e datori di lavoro), dallo Stato attraverso la fiscalità generale e dai viaggiatori quando acquistano i biglietti. Qualsiasi passeggero in partenza da un aeroporto italiano senza saperlo paga il biglietto 2 euro in più proprio per sostenere questo Fondo. Fondo che serve oltre che per Alitalia, anche per pagare i 1.350 esuberi di Meridiana fino a giungo 2015. Il tutto a spese di chi viaggia. È già previsto che dal 2016 il contributo salga a 3 euro. Ma vista la piega presa dalla vicenda Alitalia-Etihad non è affatto escluso che l’aumento scatti subito.
Daniele Martini, Il Fatto Quotidiano 3/6/2014