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 2014  giugno 03 Martedì calendario

FIUMICINO, L’ANSIA AI CHECK-IN “BEATI I PILOTI, LORO FUGGONO”


Più che uno scalo aeroportuale, un laboratorio della speranza. Intesa nel migliore dei modi: ingegnarsi per cambiare le carte in tavola prima di trovarsi completamente spiazzati. A Fiumicino, l’intesa italo-araba, Alitalia-Etihad, procura tanta ansia e preoccupazione - al punto che l’anonimato è sollecitato di default - ma anche tanta voglia di rimettersi in gioco. E così prima ancora che la scure dei 2.600 esuberi - di cui 150-200 riguardano i piloti - si abbatta sul personale, si assiste a una fuga verso le compagni estere.
Sono già 100 i piloti che negli ultimi mesi hanno abbandonato la compagnia di bandiera per volare a bordo di società arabe - Emirates in testa - cinesi, turche e presto anche russe, dopo il via libera del Parlamento moscovita di venerdì scorso. «L’offerta è troppo allettante - osserva Ivan Viglietti, responsabile dei piloti Uil-trasporti -: lo stipendio raddoppia e spesso ci sono benefit da capogiro, come la casa e la scuola per i figli, oltre a un’assistenza sanitaria ad ampio raggio. Le proposte sono talmente irresistibili e le incognite Alitalia talmente elevate che l’emorragia è inarrestabile: ogni settimana si registrano 4-5 dimissioni volontarie». Poi la notizia a effetto shock: «Mi creda se continua così, altro che tagli ai piloti, finirà che Etihad ne dovrà assumere di nuovi e quelli italiani, è notorio, sono tra i migliori al mondo. Mi auguro che il nuovo piano industriale sia presentato al più presto e sia serio, solido e competente. Per essere competitivi nel business è fondamentale investire nuovi capitali, altrimenti il flop è dietro l’angolo».
Il contraltare dell’esodo dei piloti è l’allarme del personale di terra. Le stime accennano a un esubero di 1.600-1.900 posti (intorno a 500 invece gli assistenti di volo). La cifra si riferisce ovviamente ai dipendenti assunti a tempo indeterminato, ma una buona fetta di chi siede dietro al bancone del chek-in o che si occupa del recupero bagagli o del «lost and found» è precario. Il tasso di chi da 10 anni si aggiudica solo contratti a termine si aggira intorno al 20%, ma all’aeroporto Leonardo Da Vinci di Fiumicino svetta al 60% nei periodi più intensi come quelli estivi o delle vacanze invernali.
«Abbiamo tutti in tasca una laurea in lingue, qualcuno anche in economia eppure facciamo la fame - dice senza tanti giri di parole una bella trentenne che chiameremo Claudia con uno chignon perfetto e una gentilezza super professional -. L’Alitalia dal 2004 ha bloccato le assunzioni. Io da 8 anni lavoro tre mesi alla volta e poi devo stare a casa senza neppure conoscere i tempi esatti per cui non posso cercarmi un altro lavoro serio. E comunque con 800 euro al mese, per 5 ore al giorno, sono costretta a vivere ancora con i miei genitori. L’unica consolazione sono i biglietti gratis, a parte le spese aeroportuali, per me e tutta la mia famiglia. Oltre a 10 voli free per gli amici. Lo so da me: questo è il biscottino con cui mi trattengono in questa occupazione, ma chissà se l’Etihad manterrà l’abitudine e soprattutto chissà se noi, che copriamo i turni più massacranti come i notturni, saremo mai assunti».
Un secondo lavoro - ugualmente precario - è l’unica consolazione di questi giovani. Ma anche tra il personale con contratto blindato le difficoltà e i dilemmi non mancano. «Faccia finta di informarsi per il check-in - dice una sorridente quarantenne - perché non possiamo rilasciare dichiarazioni e il posto è precario anche per noi assunti a tempo indeterminato. Sono tempi duri e non è detto che non diventino ancora peggiori con l’ingresso degli arabi. Beati i piloti che hanno più mercato e possono andare altrove». Lo stipendio di un pilota oscilla tra i 3 mila e gli 8 mila al mese, i 100 che si sono già dimessi ne guadagneranno tra 6 e i 16 mila al mese. «Resta da capire - dice ancora Ivan Viglietti - quali siano i reali obiettivi della Etihad. Non credo potremo saperlo prima della prossima settimana».

Grazia Longo, La Stampa 3/6/2014