Filippo Ceccarelli, la Repubblica 3/6/2014, 3 giugno 2014
DA SALVEMINI A BERLUSCONI L’ETERNO ALLARME DEL BROGLIO
Come tutti i fantasmi che si rispettano, ma anche come tutti i vizi che affliggono i suoi utenti, in Italia il broglio torna anche quando non c’è e comunque logora pure chi non lo fa.
Certo, in un paese di furbi, tifosi e pasticcioni, in genere lo invocano quelli che non sanno perdere, né vincere; e tuttavia la lunga epopea delle manipolazioni elettorali meritava qualcosina in più rispetto a quanto storicamente e svogliatamente richiamato ieri dal post grillino.
Che l’ha presa davvero molto alla lontana, dalla Repubblica di Venezia addirittura, volando poi al referendum Monarchia-Repubblica, per poi tornare indietro alla denuncia che probabilmente costò la vita a Matteotti. E basta.
Ora, dispiace fare il saputello. Così come è scoraggiante obiettare a chi giudica ”sconcertante” l’esito delle elezioni e “del tutto difforme da qualsiasi razionale previsione e sondaggio pre-elettorale”. Le sorprese infatti, più che la razionalità della politica, fanno parte della vita; così come le toppate dei sondaggisti entrano ormai, e documentabilmente, nel novero delle regolarità esperienziali. Ma pazienza.
Il punto è che quando si parla di brogli non è giusto trascurare i fasti dell’epoca liberale, l’aspra polemica di Salvemini (candidato bocciato) contro il “ministro della malavita”, e cioè Giolitti, che già nel primo decennio del secolo scorso, replicava: “In Italia, da quando si tengono elezioni, è sempre successo che i candidati respinti non vogliono mai essere stati respinti dalla volontà degli elettori, ma dalle violenze del governo”. Fermo restando, per dire il paradosso, che i più intemerati produttori di brogli furono anche i più acerrimi nemici di Giolitti: Crispi e Nicotera, peraltro due ex garibaldini.
Quanto al referendum istituzionale, forse è bene ricordare che nel 1990, in uno slancio situazionista Giovanni Minoli mandò in onda per Mixer un finto scoop, e anche ben fatto (c’entravano un vecchio magistrato pentito in punto di morte e un documento risolutivo depositato presso un notaio); ricostruzione tarocca che non solo a suo modo avvalorava la tesi di due milioni di voti rubati al re, ma un po’ contribuiva anche a consolidare ogni plausibile broglio in una zona dell’immaginario nazionale già abbastanza frequentata.
Perciò Grillo ha anche ragione, e insieme ha torto, e se l’assunto può suonare troppo problematico o pilatesco, va pure detto che non c’è sconfitto che si sia sottratto a questo genere di denuncia, il che rende lui troppo scontato per avere efficacia e troppo sospetta la denuncia per ottenere comprensione.
Ciò detto, tra il 1946 e il “pareggio” del 2006 tutto è accaduto: dalla matita sotto l’unghia al ritocco tecnologico passando per la scolorina in uno stillicidio di denunce, sospetti, bufale e con la partecipazione consuetudinaria, di demoscopi frustrati, giocolieri informatici, ordinari di fisica teorica e blogghisti giocherelloni.
Never-ending broglio. Tra l’amena strofetta in voga nella Dc romana, “E’ uno scandalo lo spoglio/ che si svolge in Campidoglio” e l’arresto nella capitale (1983) di 44 tra scrutatori e presidenti di seggio. Dal “miracolo di San Gennaro alla rovescia” registrato nella circoscrizione Napoli-Caserta (1987: mille indiziati, 42 deputati in bilico, un verbale su tre irregolare), fino al video, vent’anni dopo, di come in Australia, a macchinetta, su di una tovaglia da cucina a fiori, si eleggevano i rappresentanti degli italiani all’estero, te li raccomando.
E vittime, tante vittime, supposte, reali e perfino pregiudiziali, tra queste ultime si annovera Berlusconi che, sia al governo che all’opposizione, in ogni caso prese l’abitudine di gridare “Al broglio! Al broglio!” diversi mesi prima delle elezioni; con tutto che tale forma di mobilitazione, o di messa di mani avanti, di accusatio non petita o di “concolina-concolina/ chi la fa la sente prima”, insomma non gli valse l’innocenza, e anzi il Cavaliere venne sospettato — ci sono due libri, due dvd e una certa stringatezza di parole da parte dell’allora ministro dell’Interno Pisanu — di aver truccato lui i risultati del 2006.
E dunque ci mancava giusto il M5S. Che pure, in termini di regolarità e trasparenza elettorale interna qualche problemuccio ce l’ha avuto. Tanto che in “Alfabeto Grillo”, a cura di Marco Laudonio e Massimiliano Panarari (Mimesis) non uno, ma ben tre studiosi hanno a che ridire con lo svolgimento delle “Parlamentarie” e delle “Quirinarie” elettroniche, queste ultime ripetute dopo un misterioso attacco hacker. A riprova che, brogli o non brogli, la realtà è sempre più complicata di quanto i politici, vecchi e nuovi, con la corona di spine artificiali o senza, si sforzino di far credere.
Filippo Ceccarelli, la Repubblica 3/6/2014