Concita De Gregorio, la Repubblica 3/6/2014, 3 giugno 2014
JUAN CARLOS LASCIA IL TRONO TROPPI SCANDALI, TOCCA A FELIPE
Non ha il carisma di suo padre, ma neppure la sua sovrana sventatezza. Non la parola facile, la mano pronta alla fondina e il sorriso galante di Juan Carlos ma neppure il tarlo perpetuo di chi deve occultare di tutto ciò le conseguenze. Felipe di Spagna aveva 13 anni e faceva merenda, il giorno del colpo di Stato del colonnello Tejero. Nella veranda della reggia, latte e cacao e pane imburrato fatto preparare dalla mamma, premurosa come una regina già triste può esserlo con l’ultimogenito maschio, per giunta bellissimo. Le madri e le nonne di tutta la Spagna seguivano il fiorire dello splendore dell’esile principe biondo, a quel tempo, con la segreta convinzione che fosse un risarcimento del cielo al predominio evidente e recessivo dei caratteri borbonici, a partire dalla celebre mandibola e conseguente prognatismo. Felipe no, aveva il mento a punta e faceva merenda. Suo padre lo volle accanto a sé, lo fece chiamare nello studio la sera che, in divisa militare, preparava il discorso alla nazione con cui sconfessava il tentativo di Golpe e metteva così le premesse per una rendita di gratitudine il cui credito, via via più consunto, è comunque durato trent’anni, è durato fin qui. Il ragazzino si addormentò sulla poltrona dello studio. Sofia insisteva perché lo portassero a letto ma no, Juan Carlos volle che restasse perché «il bambino deve imparare». Il suo apprendistato è cominciato quella notte di febbraio, era il 23, del 1981.
Oggi sale al trono con il nome di Felipe VI (il V è stato, alla fine del 600, il primo Borbone a regnare sulla Spagna, nipote di Luigi XIV di Francia) e neppure i suoi due metri di altezza, la barba, le centinaia di cerimonie in divisa, il matrimonio in carrozza, le due figlie, niente della sua vita adulta è riuscito a cancellare dalla retina degli spagnoli l’immagine di quel bambino silenzioso, quell’adolescente timido e prudente, il figlio prediletto di Sofia, il bambolotto vivente delle sorelle maggiori, “el niño rubio”, il bambino biondo. Filippo di Borbone, nuovo re di Spagna, è oggi un quarantaseienne — 30 gennaio ‘68 la data di nascita — ordinato, coscienzioso, ubbidiente. Agli antipodi del padre per carattere e passioni.
Juan Carlos, superstite di un secolo scomparso, quello dei re in esilio senza regno e delle dittature. Cresciuto alla scuola della politica e del compromesso, sulle ginocchia di Franco, poi la transizione, i governi di sinistra, la lieta rappresentanza, i privilegi sovrani e l’indulgenza per gli eccessi. Felipe, nato nell’anno della rivoluzione dei costumi, è cresciuto lontanissimo da tutto questo: un’infanzia riparata e isolata in campagna, scuole borghesi, studi all’estero. Un padre giovane non metteva premura per la sua educazione al trono. Ci sarebbe stato tempo. Fino al 75, nei suoi anni di bambino, ci fu ancora Franco e tutta quella gente che andava e veniva da casa, militari, Opus dei, notabili della destra monarchica. Lui andava sullo skate, molto bene. Poi fu il momento di imparare l’inglese: in Canada, inverni lunghi e freddi, l’oceano fra la reggia e la stanza del college divisa a metà con un ragazzo americano. Nostalgia,
inevitabile tristezza, primi risarcimenti privati. Vita da ragazzo ben nato, ma lontano dagli occhi di chi può controllare, giudicare. Feste, serate, gite. Poco portato per le lettere: piuttosto scienza, tecnologia, sport. A vent’anni tre anni di accademia militare, bello navigare e volare, bello andare a vela alle Olimpiadi di Barcellona. Belli gli amici e le amiche di allora, nessuno salvo i rotocalchi si occupava di lui. Lontano dall’occhio della politica, lontanissimo dall’interesse delle istituzioni. La stampa del cuore si appassiona della sua prima ragazza, Isabel Sartorius: 24 anni lei, 21 lui. Magnifica, bionda, tormentata da una famiglia difficile, un po’ più grande di lui. Sarà la prima, Isabel, di una lunga sinfonia di amori — quasi tutti longevi, tre o quattro anni per volta — che culmina con la modella norvegese Eva Sannum, aspirante regina. Felipe ha ormai 30 anni, ha finito l’università pubblica (si è laureato in Diritto ed Economia, in Spagna) e anche il master in relazioni internazionali a Georgetown, Washington, dai gesuiti: anni lieti con suo cugino Paolo di Grecia a cucinare tortilla di patate per i compagni e le compagne di corso, a fare jogging. Tornato in Spagna, qualcosa bisogna trovargli da fare. Una casa da solo no, la madre preferisce averlo vicino, un lavoro no, non si vedrebbe cosa. Si sposano le sorelle, e finalmente l’occhio di bue dell’interesse nazionale si sposta su di lui: e Felipe? Si sposa o no? Eva Sannum, troppo bionda e troppo scollata alle cerimonie pubbliche, non è ritenuta adatta. Lui la ama di sincero amore, ma obbedisce a Sabino Fernandez Campo, il plenipotenziario di corte che trasferisce sul suo destino le direttive paterne, soprattutto le materne. Rompe con Eva, si incupisce, scompare dalla scena.
Il padre lo manda a far da suo rappresentante ad ogni buona occasione in America Latina. Lontano, in viaggio. Al ritorno da uno di questi conosce una sera a una festa Letizia Ortiz, giornalista della televisione spagnola, 30 anni, divorziata dal suo professore all’università. Felipe ne ha 34. Questa volta non ascolta nessuno. Sarà Letizia la ragazza borghese che a nome di tutte e di tutti riuscirà a farlo decidere per sé, la sua prima decisione davvero sovrana. Nascono le figlie: che la primogenita (2005) si chiami Leonor, nome di nessuna tradizione familiare, dà subito il senso dell’ascendente di Letizia Ortiz Rocasolano, di cui il futuro re subisce il fascino intellettuale, la musica che ascolta i libri che legge, e la libertà di modi. Oggi Leonor, 9 anni, è l’Infanta: erede al trono. Sua sorella Sofia (2007) seconda in linea dinastica. Due bambine che i genitori portano a scuola ogni giorno in auto, nessun autista, guidano il futuro re e la regina. La stessa scuola di Felipe, quella dove — guidando lei, spesso di nascosto dalla sorveglianza sul finire indulgente — lo portava Sofia. La scuola no, Nuestra senora de Los Rosales è ancora la culla dell’ottima borghesia madrilena, ma i tempi sono molto, moltissimo cambiati. Oggi la vita di corte non può più aderire alla realtà dei giorni solo eludendo la sorveglianza. Oggi la popolarità della monarchia è ai minimi storici, e Juan Carlos nel bilancio dei meriti e demeriti vede pesare la gran parte delle colpe: non sono state le amanti, moltissime, né i safari né la lunga malattia, né l’età avanzata a vincerlo e convincerlo a lasciare. E’ stata l’indulgenza con cui ha tollerato e forse coperto gli affari del genero, marito di sua figlia Cristina, entrambi sotto giudizio per questioni losche di soldi. La carta di credito dell’amata Cristina la pietra tombale del suo regno. Con sua sorella Felipe ha rotto i rapporti, funestati dal cognato svelto di mano, mai troppo benvoluto.
Dicono coloro che sono a parte delle discussioni familiari che sia da Natale che Juan Carlos prepara l’uscita di scena, insieme al figlio e alla nuora. Non voleva che suonasse come una fuga di fronte agli scandali. Voleva, volevano, che fosse ancora una volta un gesto responsabile di servizio alla democrazia. Come quella notte di febbraio dell’81, quando Felipe faceva merenda. Di nuovo una scelta di cui gli spagnoli possano essergli grati. Ha lasciato passare qualche mese, dunque, e di nuovo Juan Carlos ha trovato il tempo giusto. «Mio figlio è pronto», ha detto ieri con voce arrochita e tremante. E’ probabile che abbia ragione, ancora una volta. Nei tempi di teatro è maestro. E pazienza se non tutti sono convinti che davvero Felipe sia pronto. E’ la funzione che fa l’organo, è il regno che fa un Re. A Filippo sesto basterà non sbagliare, o sbagliare meno di chi lo ha preceduto: come in ogni altra missione, in ogni incarico anche più semplice di quello, in ogni luogo. Letizia, che dalla vita precedente e diritta fino a qui conosce il mondo e le sue pene, lei sì che è pronta. Basterà, il restò verrà.
Felipe di Spagna, 46 anni, e il padre Juan Carlos, 76 anni
Concita De Gregorio, la Repubblica 3/6/2014