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 2014  giugno 03 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LO SCIOPERO DELLA RAI


4. Le somme da riversare alla concessionaria del servizio pubblico
radiotelevisivo, di cui all’articolo 27, comma 8, primo periodo,
della legge 23 dicembre 1999, n. 488, sono ridotte, per l’anno 2014,
di euro 150 milioni. (articolo 21 del decreto Irpef in corso di conversione, 24/4/2014 n. 66

REPUBBLICA.IT
ROMA - Nessuna marcia indietro, nonostante il no della Commissione di Garanzia, che sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali era stato netto: la protesta indetta dai sindacati Rai per il prossimo 11 giugno è "illegittima". Ma in serata i sindacati confermano lo sciopero di tutti i dipendenti del gruppo Rai, per l’intera durata di ciascun turno di lavoro, e su tutto il territorio nazionale, per l’11 giugno. Lo ha reso noto la Cgil, sostenendo che "non risulta che la sigla USB (Unione Sindacale di Base, che ha proclamato un altro sciopero per il 19 giugno, ndr) abbia una consistenza rappresentativa tale da integrare" la violazione delle norme.

Eppure il Garante aveva sottolineato che "la proclamazione dello sciopero dell’11 giugno non rispetta la regola, ben nota alle organizzazioni sindacali, dell’intervallo di dieci giorni tra due scioperi che insistono sullo stesso settore, considerata, infatti, l’azione di sciopero del sindacato Usb prevista per il prossimo 19 giugno e precedentemente comunicata". L’Autorità "ha invitato, pertanto, i sindacati proclamanti ad adeguarsi a quanto stabilito, anche al fine di non essere oggetto di provvedimenti sanzionatori". Ma i sindacati non hanno voluto sentire ragioni.

Intanto, le commissioni Bilancio e Finanze del Senato hanno approvato l’articolo 21 del decreto Irpef che conferma il
taglio da 150 milioni di euro a carico della Rai, mai messo in discussione in questi giorni dal governo. La tv pubblica non subirà, però, ulteriori risparmi, grazie all’approvazione di un altro emendamento dei relatori, secondo cui la Rai sarà esclusa dai tagli previsti dall’articolo 20 del dl Irpef per le società partecipate. Salve, inoltre, le sedi regionali. L’emendamento stabilisce, infatti, che in ogni regione ci siano "strutture adeguate" alla produzione giornalistica e prevede esplicitamente la cessione di quote di Rai Way e di dismettere Rai World.

Se appare dunque sempre più vicina la revoca dello sciopero unitario della Rai, a rinfocolare la polemica ci pensa Susanna Camusso, che critica le parole pronunciate sabato dal premier Matteo Renzi e accentua lo scontro fra governo e sindacati: "Noi insistiamo, perchè le vertenze si fanno così. E’ grave sostenere che lo sciopero è umiliante - sottolinea il segretario Cgil alla conferenza stampa dei sindacati - Qualunque controparte dovrebbe sapere che lo sciopero è una cosa normale. Se cambiano le cose, siamo pronti a discutere, ma si deve dire che il decreto non si fa così e che si apre un confronto". (VIDEO)

Le fa eco il leader della Uil, Luigi Angeletti: "Il premier, che è bravissimo a fare le caricature, si comporta come un pessimo amministratore delegato dell’azienda pubblica Rai. Ha fatto bene a dire che è dei cittadini, lui dovrebbe per questo amministrarla ma è il peggiore amministratore". Raffaele Bonnanni non ha partecipato alla conferenza stampa ma ha ribadito: "La decisione del Garante è l’occasione per riflettere sull’opportunità di bloccare la Rai con uno sciopero. Non dobbiamo trasformare questa vertenza in un inutile braccio di ferro dal sapore politico con il Governo. In questo momento non lo capirebbero soprattutto i cittadini che pagano il canone".

Sulla questione torna a intervenire il presidente della Commissione vigilanza Rai, Roberto Fico (M5s) che, a Radio 24 afferma: "Difendo lo sciopero della Rai nella parte in cui vuole difendere l’infrastruttura pubblica Raiway". Fico ha aggiunto che "la Rai comunque va assolutamente riformata. Va trasformata, deve cambiare il numero di testate giornalistiche perchè sono troppe, bisogna rivedere la forma governance, si devono ridurre gli appalti esterni che oggi ammontano a 1,3-1,4 miliardi l’anno, bisogna riorganizzare le sedi regionali e il personale interno. Ma dietro i 150milioni di euro non c’è una revisione della spesa ma una svendita del bene pubblico".

Nel pomeriggio, a intervenire è l’Usigrai (il sindacato dei giornalisti Rai) che in una nota scrive: "L’anticipo di due anni della concessione di servizio pubblico, la riforma del canone per recuperare l’evasione e la conferma di redazioni Rai in ogni regione. Sono le novità importanti arrivate tra ieri sera e oggi. Si tratta di passaggi che finalmente aprono il confronto sul futuro del servizio pubblico. Su questi temi, come già annunciato ieri, consulteremo i nostri organismi sindacali per le valutazioni del caso sullo sciopero, avviate ben prima del parere della Commissione di Garanzia".

"Resta la nostra contrarietà - conclude Usigrai - nel metodo e nel merito al taglio di 150 milioni di euro, sul quale abbiamo presentato il parere di incostituzionalità del professor Pace, fondato anche sui principi europei sull’indipendenza dei servizi pubblici".

(03 giugno 2014)

DISCORSO DI RENZI A TRENTO, 1/6/2014
TRENTO - "Non c’e’ una ricetta magica, una riforma che risolva tutto. O c’è uno sguardo d’insieme o è tempo perso’’. Il premier Matteo Renzi, al Festival dell’Economia di Trento, parla di riforme e delle opportunità che il nostro Paese in questo momento non deve lasciarsi suggire e torna a ribadire che la politica deve riconquistare il suo ruolo e deve giocare le sue carte, anche e soprattutto in Europa, o "non c’è misura economica che ci salverà". Ed esorta, immaginando tra 10 anni un’Italia smart, nella quale i giovani vogliono tornare: "Non sprechiamo questo inizio di ripresa".

Commissione Ue. Le indicazioni della Commissione europea al nostro Paese non preoccupano il premier, che dice di non avere "particolari timori sulle valutazioni che la Commissione deve fare. La vera questione è che cosa i governi immaginano della prossima Commissione Europea. Oggi c’è un allineamento astrale irripetibile: le ricette dell’Europa fino ad oggi non sono state efficaci. Impostare tutto solo su parametri di rigore, correttezza rispetto ai vincoli di Maastricht... Dobbiamo cambiare le regole, poi dobbiamo cambiare le istituzioni’’. E aggiunge: "Non c’è un problema Juncker, è uno dei nomi. I problemi emersi dal voto europeo sono altri: certo il problema della democrazia europea non si risolve così parlando solo di problemi. Bisogna avere una visione alta di indirizzo, la politica deve fare questo".

Nomine in Europa.
"Non si fanno battaglie su base nazionale o di passaporto. Il Pd ha preso più voti assoluti della Cdu, ma il consenso non va messo in una battaglia sui posti. Quest’atteggiamento rovina e distrugge l’impostazione filo-europea. Non è un problema di nomi, ma di scelte, le nomine sono conseguenza delle scelte", dice Renzi e prosegue: "L’Italia deve presentare un pacchetto di proposte serie, penso all’energia, all’atteggiamento dell’Europa verso i Paesi del Nord Africa. Non mi interessa parlare di nomi, indicare il presidente. La madre di tutte le battaglie - ribadisce - è quella sulla crisi del lavoro. Dobbiamo parlare con riforme sulle politiche industriali, riformare il mercato del lavoro. Con questo 40% - dice ancora Renzi - dobbiamo prendere questa occasione di ripresa, se no non serve".

Immigrazione. Non è mancata una stoccata all’Europa sul problema immigrazione: "Il pescatore dello Jonio sa cosa deve fare grazie all’Europa, ma invece se c’è da salvare un bambino che affoga, l’Europa si gira dall’altra parte", ha detto Renzi e ha insistito sull’urgenza di trovare una soluzione: "La questione immigrazione non si può più rimandare".

Disoccupazione. Il problema dell’occupazione, ha poi detto il premier, è un’altra emergenza a cui fare immediatamente fronte. "Queste politiche economiche hanno portato a una disoccupazione senza precedenti in Italia. O si riparte con una nuova politica europea, con investimenti industriali e nuove regole sul lavoro, o non se ne esce", ha insistito.

I tempi delle riforme. Sui tempi delle riforme Renzi non ha dubbi: "La prossima settimana riparte la discussione sulla riforma del Senato e dopo l’approvazione in prima lettura torniamo alla legge elettorale. La riforma del Senato molti dicevano che era messa in piedi a casaccio. Invece è frutto di 30 anni di dibattito". E aggiunge: "Non sono preoccupato", ha detto Matteo Renzi a proposito del confronto sulla riforma elettorale. "Il risultato delle elezioni - prosegue il presidente del Consiglio - è stato un incentivo a fare subito la riforme elettorale e dimostra che si deve andare verso due gruppi, mi piacerebbero due partiti, e il centrosinistra si sta artrezzando così". Allora, con un orizzonte di "una settimana", Renzi assicura che "su questa legge qui si chiude", al massimo "possono cambiare piccoli dettagli".

Poi la giustizia: "La giustizia civile sembra barbara - ha detto -, ma entro il 1 luglio avremo il disegno di legge delega e questa riforma con il processo telematico. C’è anche la giustizia penale, e qualche problemino anche con quella contabile. Siamo un po’ in ritardo sulla riforma del Fisco che deve diventare una cosa semplice, in Italia ci sono dieci volte i commercialisti degli altri Paesi". E chiarisce: "Io ho bloccato un pochino la delega. Ci vediamo martedì con Piercarlo e i suoi collaboratori per veder alcuni aspetti". Poi torna a lamentare come in Italia ci sia "uno scadenziario delle tasse che non paragoni in altri Stati, dove le tasse si pagano una volta all’anno. Abbiamo finito per destagionalizzare il lavoro del commercialista...Sulla riforma del fisco abbiamo appena iniziato: il meccanismo è già cambiato ma c’è ancora molto da fare".

Prima, però, toccherà alla Pubblica amministrazione: "La riforma della pubblica amministrazione sarà in parte per decreto e in parte con un ddl delega. Bisogna rovesciare il rapporto tra lo Stato e la PA, cambiare le regole del gioco", spiega il premier, che parla anche di Expo: "Nelle prossime ore e giorni dovremo mettere a posto alcune cose, perché i cantieri dell’Expo finiscano in tempo". Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ribadisce l’importanza della trasparenza: ’’L’ho detto - ha ricordato - per me chi viene accusato di corruzione dovrà essere certamente
giudicato dalla giustizia comune, ma poi ha finito: la sua carriera di manager o di politico e’ chiusa. Per questa persona ci sarebbe quindi una sorta di ’Daspo’, un divieto di tornare ad agire nel pubblico’’.

Per l’ennesima volta, Renzi ci mette la faccia: ’’Se le riforme non le facciamo, è colpa mia, vado a casa io. I politici devono assumersi le proprie responsabilità’’. E ribadisce: "L’insieme delle riforme è una pacifica rivoluzione, abbiamo l’occasione di agire adesso".

Lo ’sblocca-Italia". Il premier dà un’altra scadenza: "Entro luglio farò un provvedimento che si chiama ’sblocca-Italia’, che lascerà fare alla gente quel che vuol fare e consentirà di sbloccare interventi fermi da 40 anni", assicura il premier, aggiungendo che domani scriverà "a tutti i sindaci per chiedere di individuare sul loro territorio le questioni bloccate". Sarà una cabina di regia a palazzo Chigi, con un responsabile ad hoc, a guidare l’azione sul territorio. Il premier spiega che entro 15 giorni i sindaci dovranno scrivere a Palazzo Chigi, indicando i problemi locali: "Dagli investimenti bloccati per l’imprenditore al sindaco bloccato dalla sovrintendenza, fino all’imprenditore straniero pronto ad investire a Milano se non avesse i permessi bloccati".

I comuni: pronti a dare ok a Renzi. In merito allo "sblocca-Italia" arriva a stretto giro la risposta dei sindaci per bocca di Piero Fassino presidente dell’Anci: "Io e tutti i sindaci italiani siamo pronti a raccogliere le richieste del Presidente del Consiglio Matteo Renzi - afferma il primo cittadino di Torino - In ogni città e comune, infatti, ci sono progetti che, se finanziati, possono decollare in breve tempo contribuendo così al rilancio della crescita e alla creazione di lavoro".

Sciopero Rai. Matteo Renzi boccia la scelta dello sciopero Rai contro i tagli e liquida così la protesta: ’’È una polemica incredibile. Lascia il tempo che trova. Mi spiace solo che se l’avessero annunciato durante le elezioni prendevo il 42,8%’’. Di più, Renzi bolla come ’’umiliante’’ uno sciopero Rai ’’quando qui tutte le famiglie, nel Paese reale tirano la cinghia’’. ’’Facciano e poi confrontiamo i numeri e quanto costano sedi regionali’’, avverte il presidente del Consiglio. ’’Io invito a discutere del servizio pubblico, ma se ragionano di costi ci troveranno prepapati’’, è il messaggio che arriva da Renzi verso viale Mazzini. ’’Tutti tagliano i costi -rimarca Renzi- non vedo perchè la Rai non debba farlo’’. Per il presidente del Consiglio l’operazione ’’più semplice è quella di vendere Rai Way’’.



QUANDO È STATO INDETTO LO SCIOPERO (30/5/2014)
ROMA - La Rai scende in piazza contro il governo per protestare contro i tagli imposti dalla spending review. L’11 giugno le segreterie nazionali Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater, Libersind Conf Sal e Usigrai hanno indetto una giornata di sciopero con manifestazione a Roma per tutti i dipendenti del servizio pubblico contro il taglio di 150 milioni di euro che mostra "evidenti profili di incostituzionalità".

"Un taglio drastico che non colpisce gli sprechi ma i posti di lavoro - spiegano i sindacati - creando le condizioni per lo smantellamento delle sedi regionali e ancor peggio per la svendita di RaiWay alla vigilia del 2016 (data in cui dovrà essere rinnovata la concessione per il servizio pubblico), lasciando intravedere inquietanti ritorni a un passato fatto di conflitti di interessi e invasione di campo dei partiti e dei governi. Indicare in Raiway e nelle sedi regionali i luoghi verso cui operare vendite o riduzioni significa infatti - continuano - far morire la Rai e compromettere seriamente il rinnovo della concessione per il servizio pubblico".

Proprio sui tagli al servizio pubblico ricordiamo lo scontro a Ballarò lo scorso 13 maggio fra il premier Matteo Renzi e il conduttore del programma Giovanni Floris:
"Anche la Rai deve partecipare dei sacrifici, tocca anche a voi", aveva detto in quella occasione il premier, distinguendo tra "tagli agli sprechi e ai cda" e licenziamento di lavoratori che, anzi, "non ci saranno".
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Alla fine della trasmissione i lavoratori della Rai avevano poi contestato il presidente del consiglio, facendogli notare che aveva detto un sacco di inesattezze e difendendo la propria azienda. Renzi se ne era andato via su tutte le furie gridando di non votare per lui e ricevendo in risposta un coro di "stai sereno Matteo".

"Il dibattito sul fatto che in tempi di crisi anche la Rai deve contribuire al risanamento del paese - affermano ancora i sindacati proprio in riferimento alle parole del premier - risulta tanto affascinante quanto fuorviante, perché nasconde, dietro un’affermazione condivisibile, un’operazione poco trasparente, che rischia di mettere in ginocchio il servizio pubblico e la tenuta occupazionale nella più grande azienda culturale del Paese. Altro tema è quello della discussione su come ridurre gli sprechi e riformare la più grande azienda culturale del Paese, rispetto al quale i sindacati sono come sempre disponibili al confronto. Confronto che - concludono - non può avvenire se il campo non verrà sgombrato dall’idea che la rete possa essere usata per fare cassa".


SCONTRO CON FLORIS
E’ stato acceso lo scontro a Ballarò tra Matteo Renzi e Giovanni Floris. Motivo del contendere, in particolare, la spending review imposta alla Rai. Al termine del programma, il tweet del premier: "Niente paura. Il futuro arriverà anche alla Rai. Senza ordini dei partiti.
#cambiaverso#italiariparte". Nel corso della trasmissione, Floris ha insistito sul rischio di indebolimento della tv pubblica - con i tagli - a vantaggio del concorrente Mediaset. Il premier ha replicato che per 20 anni c’è stato un duopolio fuori luogo, ora invece ci sono La7, Sky, e altre tv. E ha rivendicato: "Voglio che la Rai sia di tutti, non dei partiti, perciò non metterò mai bocca su palinsesti, conduttori e direttori, ma anche la Rai deve fare la sua parte". Contro il premier, anche gli strali del sindacato interno Usigrai: "Il presidente del Consiglio Matteo
Renzi dice che non mette le mani nelle tasche degli italiani ma poi prende i soldi che 16 milioni di famiglie pagano per il Servizio Pubblico e li usa per altro. Nulla fa contro gli evasori. Peggio della vecchia partitocrazia. Dice che non si vuole occupare di Rai, ma poi indica anche quali pezzi vendere". In mattinata, nuovo duello": "L’azienda non è dei conduttori tv o dell’Usigrai", ha detto Renzi. "Appartiene a cittadini che la pagano con canone e fisco". La replica del sindacato: "Ha ragione Renzi: la Rai non è dei conduttori e non è dell’Usigrai. Ma non è neanche del capo del governo". (14/5)