Fernand Braudel, la Repubblica 3/6/2014, 3 giugno 2014
Fernand Braudel La mia vita ha avuto un corso veramente semplice. È stata una vita costantemente intrecciata con il mio lavoro
Fernand Braudel La mia vita ha avuto un corso veramente semplice. È stata una vita costantemente intrecciata con il mio lavoro. Del resto non è possibile separare la vita di uno storico dalla Storia che egli va forgiando. Sono nato (1902) in una regione francese che non è forse particolarmente bella ma che io amo: la Lorena. Ho fatto degli studi assai rapidi, forse molto buoni ma davvero assai rapidi. Non ho avuto il tempo di risentire dell’influenza culturale dei miei bravi maestri. Ho avuto il tempo di amarli, ma avevo vent’anni quando divenni professore: un’età oggi impensabile per chi è chiamato a insegnare. Ho passato dieci anni della mia vita nel nord Africa, ad Algeri, dove insegnavo in un liceo. Ciò significa che, a differenza della stragrande maggioranza degli storici occidentali, io vidi il Mediterraneo non tanto affacciandomi da Nord, ma al contrario guardandolo da Sud, cioè secondo una prospettiva rovesciata. È ciò è importante, perché vidi le stesse cose con altri occhi. La libertà La libertà per uno storico è davvero importante. Dopo essere rientrato in Francia, poiché non tutto nella vita è piacevole, trascorsi cinque anni nelle prigioni tedesche come prigioniero di guerra: ero ufficiale d’artiglieria. Così ebbi moltissimo tempo per scrivere il Mediterraneo ( Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo I-I). Credetemi, se non fossi stato prigioniero, vale a dire padrone del mio tempo dalle cinque del mattino alle dieci di sera, mai avrei scritto il Mediterraneo o, almeno, avrei fatto un lavoro del tutto diverso. Il mio inglese La sfortuna della mia esistenza è che ho solo sfiorato il mondo anglosassone. Sono arrivato troppo tardi alla conoscenza della lingua inglese. La parlo alla mia maniera, che definirei più che patriottica. Non sempre comprendo ciò che mi vien detto. Al telefono addirittura muoio. Siate assennati, imparate l’inglese a 20-25 anni, non aspettate fino a 75 anni per perfezionarlo, perché sarebbe troppo tardi. Il mito Lucien Febvre aveva l’abitudine di scrivere Storico con l’iniziale maiuscola e storia con la “s” minuscola. Io faccio l’inverso. La Storia è molto più importante dello storico ed è parlandovi di Storia che io v’intrattengo. Se voi voleste fare della Storia secondo la scuola delle Annales, conviene che vi avverta. La scuola delle Annales non è mai esistita, è un mito. Ma è un mito che tiene duro e, dopo il 1972, non c’è più scuola delle Annales, perché quello che era percepito come eresia è diventato ortodossia. Poiché oggi ormai tutti appartengono alla scuola delle Annales si può dire che la scuola ha finito d’esistere. E se voi volete far parte della triade Bloch- Febvre-Braudel, allora sappiate che, all’inizio, non c’è nulla di più semplice. Le complicazioni verranno dopo. Bisogna rispettare “tre regole” piuttosto della “regola dei tre”. La prima regola si chiama «Histoire problème». [...]. La seconda regola è: «Storia globalizzante». Dico globalizzante per non dire totalizzante, totalitaria, parola quest’ultima che nella lingua italiana, come in quella francese, gode di una pessima reputazione. La Storia globalizzante è la Storia che tende alla globalità. E, infine, la terza regola, la più difficile da spiegare, è la «Storia di frontiera» («Histoire de pointe») [...] Voi suonate le note di questi tre pentagrammi, e farete della Storia secondo lo stile delle Annales. La felicità Non potrete dedicarvi a una ricerca di lunga lena se prima non avete identificato quale sarà il centro gravitazionale della vostra indagine. Se non prenderete questa precauzione, il problema rischia di sfuggirvi. [...] Quando nel 1928 Lucien Febvre scrisse Martin Lutero, un destino o piuttosto: Un destino: Martin Lutero, in quel periodo visse il momento più felice della sua vita. Voi saprete che anche in Storia si riesce a scrivere bene solo quando si è felici. Analogamente, direi, capita l’opposto in letteratura e in musica. Si riesce meglio quando si è infelici, ma per la Storia non è così. Se non fosse stato felice, Febvre non avrebbe scritto un libro nettamente superiore alla media. È anche il caso di Martin Lutero. Febvre vuole dimostrare che si trattò di un individuo nobile, indubbiamente eccezionale, che da solo riesce a cambiare il destino del mondo. Egli ha quest’idea fissa in testa: mostrare che Lutero fa pendere il piatto della bilancia dal lato della rivolta contro Roma. A partire dal 1525, Lutero è sommerso dalla rivoluzione che travolge la Germania con la guerra dei contadini e, in un certo senso, sono i contadini a porre Lutero fuori dal gioco. Non credo che Lucien Febvre abbia avuto ragione e glielo dissi più volte con molta insistenza. La Storia problema consiste nel concentrare la luce su di un problema. Ciò non significa che, alla fine, il problema sarà risolto. Se si tratta di un problema importante, esso si riproporrà di nuovo, dopo la vostra ricerca, com’era prima che voi la faceste. È una specie di regola naturale. Sembra che Febvre si sia ingannato quando pensa che Lutero, che proviene dalla Germania orientale mineraria, vale a dire dalla Germania in rivolta, sia stato l’arbitro del destino del Paese, mentre fu invece la Germania che si servì di lui per poi lasciarlo sulla sua strada. Cultura o società Marc Bloch ha pubblicato un libro che voi certo conoscete, soprattutto i medievisti lo conoscono, si tratta di La società feudale. Non si tratta tanto di un bel libro, ma di un’opera molto importante anche se non realizza lo scopo per il quale fu scritto. L’intento centrale del libro è dimostrare che la feudalità era un fenomeno sociale. Voi avete la società e, di conseguenza avete anche il feudalesimo. Non credo che sia vero perché non è solo la società a essere messa in questione. C’è per lo meno anche la cultura, della quale Marc Bloch del resto trattò. Ora il feudalesimo o meglio la feudalità è o non è un fenomeno culturale? Il cuore del problema Sono stato duro e ingiusto nei confronti dei miei maestri e predecessori, mostrando che essi non riuscirono nei loro intenti. E posso dimostrare come io stesso fallii quando scrissi il Mediterraneo, che del resto per vent’anni in Francia non è stato compreso e che continua a non essere compreso. Non ho avuto successo di vendite con il Mediterraneo, né ho allievi che lavorino nello stesso filone. Fate attenzione: ho voluto scrivere una Storia che non fosse la Storia di una provincia, di un individuo, di una formazione politica, di una qualunque realtà economica. Sono voluto scendere il più possibile fra le onde della Storia fino a trovare il livello più profondo. E questa Storia, che compone la prima parte del mio libro, si svolge all’insegna della lunga durata. [...] Ora mi si potrebbe obiettare, lei non ha mostrato come si manifesta questa Storia profonda: la Storia sociale e quella evenemenziale, la Storia dei fatti politici. Non ne ho avuto il tempo, non l’ho cercata. La Storia evenemenziale non dipende soltanto dagli avvenimenti politici, è anche quella degli avvenimenti intellettuali, sociali, ecc. Anch’io, se volete, non sono riuscito a raggiungere il cuore del problema.