Alessandra Bocci, La Gazzetta dello Sport 3/6/2014, 3 giugno 2014
ROSSI, LA GRANDE DELUSIONE DI MAMMA NILDE
Gli avevano regalato Moby Dick , perché ciascuno di noi ha una balena bianca da inseguire. Ne ha letto poche pagine, dato che non era una lettura particolarmente allegra. Non che Giuseppe Rossi fosse depresso: nei due mesi passati a New York a curarsi dopo l’infortunio non ha avuto tempo di deprimersi. Su e giù per Manhattan, da Union Square a Columbus Circle e poi all’80a strada, con l’appartamento di Midtown come base. Cinque o sei ore di lavoro con il fisioterapista-guru Luke Bongiorno, fra manipolazioni, pilates, piscina, potenziamento, sedute motivazionali e, ironia della sorte, anche lezioni di autodifesa, che dovevano servirgli per affrontare i contrasti. Benedetti contrasti. La notizia che Giuseppe sarebbe rimasto fuori dal Mondiale ha lasciato tramortita sua madre, Nilde, molto più di un tackle.
Radici Nilde è un’italiana d’America. Nè lei nè suo marito Fernando hanno avuto una vita semplice e sarà per questo che Giuseppe è abituato a rialzarsi dopo i tonfi. Questa volta sarà più difficile, ma il soccorso psicologico è già pronto nella grande casa vicino a Clifton dove la famiglia vive e dove Giuseppe si è preparato al Mondiale con una applicazione feroce, senza mai pensare che non ce l’avrebbe fatta. Due mesi e oltre passati a pensare al padre che voleva soltanto vederlo giocare con la maglia dell’Italia: il Mondiale era un sogno di Fernando prima di tutto, il sogno di un uomo arrivato giovanissimo in America. Ai suoi tempi a Clifton per seguire il calcio italiano bisognava andare al parco e appoggiare la radio sul cofano della macchina. Il posto è cambiato, ma la piccola comunità della famiglia Rossi è rimasta la stessa e la notizia ha lasciato tutti a bocca aperta. Un altro sogno americano che si infrange.
Brutte sorprese Nilde, semplicemente, non ci poteva credere. Non riusciva a trovare una motivazione, un po’ come la volta che, lasciato Giuseppe in Spagna, ha trovato all’aeroporto di Newark la figlia Tina ad aspettarla. «Mamma, devo dirti una cosa». Giuseppe si era fatto male per la seconda volta e Nilde ha pianto più di lui. Da ieri la famiglia si è ricompattata e le donne di Giuseppe dovranno lacrimare poco e trasformare ancora la delusione in energia. Non era stata programmata nessuna vacanza, il Brasile era la meta non dichiarata per scaramanzia, però pensata da tutte: ora bisognerà cambiare rotta e staccare i cerotti con dolcezza. Chiamatemi Ismaele, così comincia il Moby Dick di Melville. Chiamatelo Giuseppe, non più Pepito, soprannome barocco e poco in linea col carattere dei Rossi. Pepito ha perso, Giuseppe continuerà a rincorrere il destino indicato dal padre. Perché così gli hanno insegnato a fare, e perché liberarsi da Moby è impossibile.