Fabrizio de Feo, Il Giornale 2/6/2014, 2 giugno 2014
I DEPUTATI A SCUOLA DI LINGUE MA IL CONTO LO PAGHIAMO NOI
La Casta va a lezione di inglese (e non solo). È ben noto che il livello medio di conoscenza delle lingue straniere non è molto elevato tra i nostri parlamentari. Le Iene su questo hanno costruito parecchi siparietti, infierendo sulle carenze di pronuncia e comprensione di deputati e senatori. E, tanto per citarne alcuni, Francesco Rutelli con il suo «please visit our country» e più di recente Gianni Pittella con il suo «Dear all» sono diventati virali su Internet. Non si può dire, però, che le istituzioni non provino a dare una mano ai nostri rappresentanti vogliosi di migliorare le loro facoltà linguistiche, con alcuni corsi ad hoc, naturalmente a nostre spese.
Come ha svelato il sito Il Portaborse, il 13 maggio scorso la Camera, guidata da Laura Boldrini, ha pubblicato l’esito dell’appalto per i «corsi individuali di lingue estere per i deputati», 60 ore di lezioni all’anno, con tanto di tutor: un’asta al ribasso conclusasi con l’affidamento del servizio alla Trinity School di Roma, per 120.500 euro. D’altra parte questo tipo di servizio con possibilità di scegliere una qualsiasi lingua e tenere le lezioni dentro Montecitorio- è compreso da tempo tra i benefit dei parlamentari, sia pure attraverso un meccanismo di compartecipazione dei costi. I deputati, infatti, per le 60 ore di lezioni individuali ( dal lunedì al venerdì, in un orario della giornata compreso dalle ore 7.45 alle ore 20) contribuiranno con 1.110 euro. L’appalto prenderà il via dal 30 aprile 2015 e la possibilità di frequentare il corso verrà sospesa al verificarsi di tre assenze consecutive. Una clausola inserita dopo aver verificato che in passato alcuni parlamentari si iscrivevano senza poi dare seguito al loro impegno.
Peraltro, andando a scartabellare nel bilancio, nel «Programma dell’attività amministrativa » 2013-2015, si può verificare che sotto la voce «gestione corsi di informatica e di lingue straniere per i deputati», viene appunto fissato come «risultato atteso», oltre «l’incremento dell’utilizzo delle nuove tecnologie da parte dell’utenza parlamentare», anche «l’aumento dell’autonomia dei deputati in contesti linguistici diversi », con uno stanziamento di risorse di un milione e 200mila euro per il triennio, quindi in sostanza 400mila euro annui. La gara, dunque, è riuscita a comprimere un costo che avrebbe potuto essere superiore.
Non sono solo i parlamentari a poter usufruire di questa possibilità. Nelle pieghe del sito è infatti reperibile un bando per il «Servizio di somministrazione di corsi di lingue per il personale della Camera », individuali e di gruppo, con fornitura di materiale didattico, risalente al settembre scorso. L’appalto, della durata di 4 anni, potrebbe arrivare a costare un milione di euro tondo di cui 560.000 euro per il lotto I e 440.000 euro per il lotto II ( la suddivisione è tra corsi e acquisto materiale), circa 250mila euro all’anno. Su questi corsi un fronte polemico venne aperto dal quotidiano La Notizia . «Com’è possibile che una delle istituzioni principe dell’apparato democratico si ritrovi a spendere una cifra del genere per una lingua che, sulla carta, tutti i suoi dipendenti dovrebbero conoscere?». Un appunto polemico legato al fatto che nei bandi di selezione per Montecitorio o Palazzo Madama sono previste prove scritte e orali obbligatorie in una lingua straniera. Come dire che la conoscenza di almeno un idioma dovrebbe essere un requisito di accesso e non un benefit successivo all’assunzione.