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 2014  giugno 02 Lunedì calendario

SCHÖNBERG E STRAVINSKY, I DUE CARISSIMI “NEMICI”


IL LIBRO
«Il primo incontro fra Schönberg e Stravinsky fu praticamente anche l’ultimo. Avvenne il 4 dicembre 1912 alla Krolloper di Berlino, dove la compagnia del Ballets Russes di Diaghilev dava Petruska, ed ebbe un seguito quattro giorni dopo alla Choralion Saal in Bellevuestrasse con una rappresentazione del Pierrot lunaire alla quale Schönberg aveva invitato il collega. In seguito, per tutto il resto delle loro vite non brevi, i due si sarebbero sfiorati e intravisti più volte, ma il dialogo iniziato a Berlino nel segno di una solida stima reciproca, forse anche di una certa simpatia, non sarebbe mai più ripreso. Gli subentrò un rapporto indiretto, basato su polemiche e pettegolezzi per lo più alimentati da esegeti, allievi e seguaci che a causa del loro coinvolgimento erano lontani dall’obiettività».
TRA LE PAGINE
Enzo Restagno, critico e storico della musica, autore di saggi che hanno dato luce a compositori del Novecento quali Luigi Nono, Luciano Berio, Alfred Schnittke, Steve Reich, György Ligeti e Hans Werner Henze, ha felicemente unito il musicista russo e quello austriaco nel saggio Schönberg e Stravinsky. Storia di un’impossibile amicizia (Il Saggiatore, 451 pagine, 25 euro), che è anche il romanzo di due vite diversissime, di due individualità artistiche non fatte per intendersi, ma strettamente legate dalla percezione del reciproco talento.
IL PERCORSO
Il viaggio parte dalla folgorazione che Igor e Arnold si regalarono a vicenda, nel lontano 1912, a Berlino. Schönberg (come si legge nelle righe estratte dall’incipit del testo e riportate all’inizio) ascoltò Petruska alla Krolloper; poche sere dopo, Stravinsky conobbe Pierrot lunaire alla Choralion Saal. Fu il solo, vero vis-à-vis tra i due. Con il passare degli anni, entrambi crebbero nel credito europeo e mondiale, divennero giganti della loro arte, punti di riferimento dotati dello stuolo di discepoli ed estimatori che i grandi talenti sono costretti a comprendere, accudire, il più delle volte a tollerare. Il gossip mondano, amplificato, spesso e volentieri deformato dai laudatores, li divise spesso, alimentato dall’innegabile rivalità, dal clamore della loro stessa fama, pur senza intaccare l’apprezzamento reciproco, in certo modo “naturale”, scaurito nei lontani giorni berlinesi. E mai sopito.
I CONTESTI
Restagno, con scrittura chiara, fluida, accattivante, ci restituisce i due geni, le atmosfere che li hanno consacrati, le città in cui si svolsero le loro vicende, da San Pietroburgo a Parigi, da Vienna a Berlino, da New York a Los Angeles. Non solo. Dalle pagine esce a tre dimensioni, completo di colori, profumi, sapori, linee e tensioni, il secolo breve, con le sue sfaccettature e le sue contraddizioni, con le figure che lo hanno attraversato e le temperie culturali dalle quali nessuno è ancora realmente uscito.
Ecco allora le testimonianze di Richard Strauss, Diaghilev, Debussy, Picasso, Valery, Gide. Voci da ogni arte che offrono al lettore gli scenari più diversi, non di rado chiavi inedite per leggere il passato. E il senso profondo, alla fine, sta nelle pieghe della differenza-uguaglianza. Nella gigantesca macchina da scrivere che a Los Angeles il fedele discepolo Hanns Eisler, compositore a propria volta, aveva scovato negli studi di Hollywood per agevolare, con poche parole scritte a caratteri cubitali su ogni foglio, la vista malconcia del vecchio Schönberg; nella «dolcezza di una serata di settembre» per uno Stravinsky assorto nel mistero dell’esistere «in quella piazza dove il campanile sembra l’accento acuto posto su una parola in cui ogni sillaba canta un’indicibile meraviglia».