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 2014  giugno 02 Lunedì calendario

TOTI: NO ALLA CONTA BRUTALE DEI NUMERI LE PRIMARIE SERVONO AI VECCHI POTENTATI


ROMA — «Non devono venire a dire a me se serve o no il cambiamento in Forza Italia: io ho lasciato il mio lavoro e mi sono messo in gioco perché credevo nella necessità di fare entrare aria nuova nel partito...». Giovanni Toti — consigliere politico di Berlusconi — volente o nolente identificato come il «rivale» di Raffaele Fitto che chiede primarie e «scelte dal basso», non ci sta a fare la parte del conservatore. E, nel dire no alle primarie che sono «una scelta sbagliata, non servono a far emergere il nuovo ma a scongelare il vecchio facendolo passare per nuovo», ammette però che molto c’è da fare per rilanciare Forza Italia. Ma «con un percorso in più tappe, graduale, equilibrato, che non preveda l’accetta, e tantomeno la gazzarra che sta venendo fuori».
Appunto, che sta succedendo in FI?
«La Forza Italia che vedo io è quella che incontro sul territorio mentre giro il Paese per i ballottaggi, quella di due giovani sindaci che ho appena incontrato in Liguria e che hanno espugnato due Comuni rossi, quella di dirigenti locali capaci, di bravi amministratori, di giovani coordinatori che qualcuno vede come disturbatori dei manovratori... C’è un lavoro grandissimo da fare sul territorio, dal basso, e noi ci perdiamo nelle liti».
Ma perché contestare come è gestito un partito che esce da una sconfitta è considerato da voi quasi un tabù?
«Quale tabù? Il tema si è aperto, ne stiamo già discutendo. Ma due sono i cantieri dai quali ripartire, quello tematico e quello del rinnovamento della classe dirigente. Su quest’ultimo punto, che il partito fosse asfittico lo pensavo io per primo quando ho deciso di entrarvi, condividendo l’idea del presidente Berlusconi che si dovessero creare formule, modelli e una classe dirigente nuova».
Però con i club, i nuovi innesti, un linguaggio diverso non avete ottenuto grandi risultati alle Europee...
«Ma il percorso è appena cominciato! Se le cose sono andate peggio di come speravamo vogliamo dar la colpa ai nuovi embrioni o a quello che è rimasto? L’unico che ha creduto al 100% nella necessità di dare una scossa è stato Berlusconi».
E se il problema fosse proprio Berlusconi?
«Tenderei decisamente a escluderlo... Berlusconi non è un tappo ai contributi che vengono dal basso. È lui che chiede di rinnovare, è lui che vuole puntare sul nuovo».
E le primarie interne non potrebbero favorire questo percorso?
«No, non così, non in questa fase. Farle oggi significherebbe aprire un braccio di ferro tra macchine organizzative di vecchi potentati e dirigenti, amministratori, nuovi volti che pur avendo grandi capacità, in questo quadro verrebbero spiazzati e marginalizzati. La conta brutale dei numeri non garantisce affatto una selezione della migliore classe dirigente».
I congressi non porterebbero agli stessi problemi?
«Anche i congressi, da soli e con vecchie logiche, non servirebbero. Ma se accompagnati da assemblee aperte sul territorio, da luoghi dove chi vale possa esprimersi e mettersi in luce, da momenti di incontro e crescita, possono contribuire a creare quel rinnovamento di cui abbiamo bisogno. Che sarebbe più facile se la vecchia classe dirigente facesse passi indietro, non avanti... Preferenze e tessere non sono l’ordalia fra bene e male. E attenti alle mere lotte di potere».
Come giudica l’uscita di Fitto? Lo considera un possibile traditore?
«Guardi, io non credo né voglio credere a congiure o veleni, né da una parte né dall’altra. Certo ricordo che si oppose alle primarie quando Alfano le chiedeva, fu lui a chiedere che Berlusconi prendesse nelle sue mani tutti i poteri, fu lui a pretendere gli organi statutari... Ha cambiato idea? Va bene. Ora però il dibattito sugli organigrammi non può oscurare quello che deve occuparci davvero, e sul serio, che è il rilancio dei nostri contenuti. Da qui si deve ripartire, poi penseremo pure alle poltrone...».
E ripartiamo da qui: sarete più chiari sulla vostra opposizione a Renzi?
«Lo saremo ancor di più. La sua politica economica è non solo timida ma anche sbagliata, sulla Tasi si sta sbagliando tutto, il Jobs Act non decolla e offre pochissimo. Il dibattito si è impantanato sulle riforme, il Paese ha bisogno di ben altro».
Ma se questo è il vostro giudizio sul governo, come fate a dialogare — come dite che vorreste fare — con l’Ncd che della maggioranza è parte integrante?
«Chiaro che per noi è più semplice e diretto stabilire un rapporto con Lega e Fratelli d’Italia che sono all’opposizione, ma con l’Ncd si può procedere anche a piccoli passi».
Come?
«Scendendo nel concreto, per cominciare. Cosa faranno loro sulla Tasi, daranno battaglia come faremo noi? E su “Mare Nostrum”, come intendono muoversi? Chiederanno a Renzi, come facciamo noi, di andare ad alzare la voce in Europa, perché altrimenti si fa a modo nostro?».
Le riforme possono essere terreno di incontro o di scontro con Alfano?
«Così come sono, limitate al Bicameralismo e al Senato, sono oggettivamente poca cosa e servono molte modifiche... E allora, è la mia proposta agli amici dell’Ncd, perché non si uniscono a noi nella richiesta di allargarle a cose più sostanziali, come l’elezione diretta del capo dello Stato, il rafforzamento dei poteri del premier? Noi ci muoveremo concretamente su questi temi nei prossimi giorni. Vediamo se l’Ncd è disposta a fare una raccolta di firme nel Paese assieme a noi. Potrebbe essere una battaglia unificante, un nuovo inizio per un centrodestra che pensa a un rassemblement alla francese. Aspettiamo risposte» .