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 2014  giugno 03 Martedì calendario

TECNICA, CORAGGIO E STUDIO: I SEGRETI DEL «CINGHIALOTTO» FENATI


Sarà anche un «cinghialotto», come lo chiama il suo capo Valentino Rossi anche se lui non gradisce, ma in un negozio di cristalleria non romperebbe nulla. Aggressivo ma pulito (e corretto), coraggioso ma con lucidità da veterano, spettacolare quando serve, Romano Fenati (foto), l’enfant prodige della moto italiana, a 18 anni sembra proprio un pilota completo, uno che, aggiunge Rossi, «andrà forte anche in MotoGp». Il suo repertorio si è visto bene al Mugello: lettura perfetta della gara, volata con il tempismo giusto, un magnifico doppio sorpasso all’esterno e all’interno alle Arrabbiate che ha fatto inginocchiare Valentino, ammirato. Ovvio che adesso — alla terza vittoria stagionale (la quarta in carriera) e col secondo posto nel Mondiale di Moto3 — arrivino i paragoni. Per Rossi, Romano è addirittura uno alla Marquez: in questo senso è un cinghialotto, per l’aggressività, la bravura nel corpo a corpo, la simbiosi totale con la sua Ktm. Per Carlo Pernat, che ha visto nascere tutti i campioni italiani degli ultimi trent’anni, «ha anche qualcosa dei primi Biaggi e Lorenzo: sportivamente cattivi e perfetti nel leggere le traiettorie. Un vero talento». Paragoni che avranno bisogno di altre conferme, però non azzardati. Formatosi nel Team Italia della Federazione, con cui nel 2012 a 16 anni vinse già al suo secondo Gp, il ragazzo di Ascoli ha vissuto un 2013 difficile, ma ora è rinato. «Tutto merito suo», dice Valentino. Ma anche — oltre che della scuola di moto e di vita del Ranch di Rossi a Tavullia — del lavoro alla Sky-VR46 di Vittoriano Guareschi e del capotecnico Rossano Brazzi, con Rossi 16 anni fa. È lui che lo sta plasmando con passione e saggezza, arginandone gli eccessi caratteriali (e a tavola, razionandogli il cioccolato che adora) e formandogli una mentalità da pilota «vero». Un esempio? Dopo ogni sessione di prova Romano deve fare una relazione scritta. Così si impara a dare indicazioni al box. Al momento resta un solo difetto: in 40 gare ha conquistato una sola prima fila. Ma neanche Rossi è mai stato un mostro del giro secco, salvo poi trasformarsi in gara. Ecco l’ultimo paragone, Valentino, il più impegnativo. Basta non cominciare a chiamarlo erede.