Daniele Dallera, Corriere della Sera 3/6/2014, 3 giugno 2014
MAZZETTE PER I MONDIALI IN QATAR LA FIFA NON ESITI A FISCHIARE FUORIGIOCO
Il 2 dicembre 2010 il comitato esecutivo della Fifa, la potente Federazione internazionale di calcio, ha assegnato il Mondiale del 2022 al Qatar. Il primo ad arrabbiarsi fu Barack Obama, il presidente degli Usa che, con occhio lungo, sentenziò: «La Fifa ha preso una pessima decisione, una scelta sbagliata». Aveva ragione lui, perché da quel giorno il Qatar e la Fifa sono sempre andate in fuorigioco.
Prima s’è scoperto, con scarso senso dell’umorismo, che in Qatar fa caldo e giocare in stadi costruiti nel deserto, con una temperatura che balla tra i 30 e i 45 gradi, si fatica un po’. Quindi, è partita l’azione diplomatica di Sepp Blatter, il presidente della Fifa, per convincere gli organizzatori a spostare il Mondiale in inverno. Sono ancora lì che discutono. Poi, senza indagare tanto in profondità, si è intuito che sono volate mazzette miliardarie (il compagno Greganti l’avrebbe capito prima e con maggiore perspicacia).
Il Sunday Times , che ha scoperchiato il malaffare, ha fatto un lavoro giornalistico di estremo interesse ma ha agito su un campo molto fertile che aveva fatto già emergere l’olezzo, un po’ come se si vivesse in «una terra dei fuochi sportiva». Voci, sospetti, indiscrezioni, denunce più o meno nascoste, più o meno timide, avevano già fatto capire l’aria (inquinata) che tirava. Ora il sospetto è diventato certezza. Il Qatar ha conquistato il Mondiale del 2022 col trucco, sono state verificate e intercettate finora mazzette per 5 milioni di dollari. Si può star sicuri che quella cifra si ingrosserà, come un fiume in piena. Una previsione fin troppo facile se si pensa che il giro d’affari messo in piedi dal Qatar per realizzare il suo sogno mondiale supera i 60 miliardi di dollari.
La Fifa ha aperto un’inchiesta sull’ipotesi di corruzione, ha promesso tempi stretti. Le commissioni, se lavorano bene e in profondità, hanno mezzi superiori ai giornali. Il presidente Blatter vada all’attacco, lui conosce bene il contropiede e, tralasciando per un attimo diplomazia elettorale e affari, prepari un’alternativa al Qatar. Provi a telefonare a Cameron o a Obama, troverà accoglienza (e una temperatura più mite).