Luigi Offeddu, Corriere della Sera 3/6/2014, 3 giugno 2014
I VOTI (VERI) RINVIATI ALL’AUTUNNO
Tutto sommato, questo sarto l’ha fatta, una buona parte del lavoro. Misurando con il suo metro, indicando dove tagliare o allungare; soprattutto tagliare. Nel 2011, ricorda Olli Rehn, erano 24 su 27 gli Stati europei sottoposti a procedura di infrazione per il deficit eccessivo. Oggi sono 17, e saranno presto 11.
Il sarto, cioè Rehn con la sua Commissione, ha ritagliato loro addosso il vestito chiamato «crescita». Ma ora la sartoria sta per accogliere nuovi gestori, una nuova Commissione europea. Il tempo è passato, molte le novità: le elezioni europee, le falangi di euroscettici, la Grecia che si risolleva, la Francia che scivola. Così quel metro, che è stato usato anche oggi, ha forse sui suoi numeretti un velo di polvere. E lo si vede da certe misurazioni enigmatiche.
«Confusione» è la parola che risuona nella sala stampa di Bruxelles, quando un giornalista italiano chiede a Rehn di spiegare meglio le sue raccomandazioni all’Italia: per la riduzione del sidereo debito pubblico e il rispetto del patto di Stabilità, per esempio, si auspicano «sforzi aggiuntivi, anche nel 2014»; Rehn dice che il consolidamento dei bilanci è sempre importante, come un fisco più efficace e i le privatizzazioni. Niente parole come «manovra», né cifre. Gli «sforzi aggiuntivi» valgono per l’Ue 4,5,9 miliardi di euro? E si auspicano per luglio o novembre? Esami rinviati all’autunno, sembra di capire. Bruxelles loda le riforme italiane, mentre ammonisce che il rinvio del pareggio strutturale di bilancio «non metterebbe l’Italia in una buona posizione». E però il rinvio al 2016 è stato già chiesto a Bruxelles,. E Bruxelles aveva già scritto il suo «no» foriero di tempesta per l’Italia, ieri mattina: quando, secondo fonti della Commissione, un intervento del vicepresidente Antonio Tajani l’ha fatto saltare dal testo, mutandolo in un tacito «sì».
Il monito della Commissione all’Italia non era certo ingiustificato, la Commissione è custode dei Trattati Ue: ma ai custodi non è vietata la chiarezza, o la saldezza e la coerenza del giudizio. Ieri, alcuni media titolavano «Ue chiede all’Italia nuova manovra», altri smentivano. Risultato: incertezza generale, banchi di nebbia in transito da Bruxelles a Roma.
L’Ue chiede anche all’Italia di spostare ulteriormente la tassazione dal lavoro ai consumi, alle case e all’ambiente. Lo fa da anni, e anche questo è un monito sacrosanto. Ma se il metro del sarto non deflette, è cocciuta anche la realtà sociale intorno: sarà azzeccato tassare i consumi, proprio ora che sembrano rianimarsi, e si invoca il ritorno della domanda?
Ma è la Francia, un po’ il Lucignolo attuale d’Europa, a mettere più in difficoltà il sarto di Bruxelles. Ha un deficit al 4,3% del Pil (3% è il limite Ue), un debito pubblico al 95,6%, e la Commissione definisce le sue politiche «insufficienti ad assicurare credibilmente la correzione del deficit entro il 2015». Un colpo di metro e forbici sulla Torre Eiffel? No. «La strategia di bilancio del programma di riforme francese - scrive la Commissione - è solo parzialmente in linea con i requisiti del patto di Stabilità». Dove «solo parzialmente in linea» ricorda la diagnosi della Civetta, uno dei tre medici chiamati al capezzale di Pinocchio: « …Per me, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero».