Ennio Di Nolfo, il Messaggero 3/6/2014, 3 giugno 2014
GUIDÒ LA TRANSIZIONE PACIFICA DALLA DITTATURA ALLA DEMOCRAZIA
LO SCENARIO
L’abdicazione di Juan Carlos, re di Spagna dalla fine del 1975, cioè dalla morte di Francisco Franco, può apparire come un altro esempio del cambiamento generazionale che sta avendo luogo in quasi tutta l’Europa (e nel mondo) con l’emarginazione, più o meno spontanea, dei vecchi gruppi dirigenti (ultimo il Partito del Congresso in India) e l’ascesa al potere di uomini nuovi, che rappresentano in modo esplicito o mediatamente, l’esigenza della transizione. In fondo ciò è avvenuto anche in Italia, dove solo la necessaria e nobile presenza del Presidente della Repubblica segna una continuità che su altri piani sta cessando di esistere.
Tuttavia il caso spagnolo è interessante anche per molti altri aspetti e a suo modo rappresenta tutta la traiettoria di come una transizione possa avvenire. Bisogna infatti ricordare che la tradizione monarchica non ha avuto in Spagna, nel secolo XX, un radicamento popolare profondo. La guerra civile del 1936-39 mise fine all’alternarsi di una periodo di incertezze istituzionali poco conosciuto altrove.
IL GENERALISSIMO
Lo stesso generalissimo Franco, che tenne il potere sino alla morte, nel novembre 1975, era dichiaratamente monarchico; nel 1969 aveva voluto che l’istituzione fosse restaurata per il periodo successivo alla sua dittatura e in quell’occasione aveva designato come erede al trono proprio Juan Carlos di Borbone, perché diventasse, secondo il volere del destino, re di Spagna grazie alla nomina dittatoriale.
Nel 1975, l’ascesa al trono di Juan Carlos fu accompagnata da curiosità, speranze e timori. Le stimmate delle quali Franco lo avevano segnato non erano proprio la garanzia che egli sarebbe stato un sovrano democratico.
L’EREDITÀ FRANCHISTA
Invece Juan Carlos, allora trentasettenne, sorprese il mondo politico con la sua abilità. Riuscì infatti a togliersi di dosso abbastanza in fretta l’eredità della tradizione franchista, anche grazie alla collaborazione del primo ministro (recentemente scomparso), Adolfo Suarez. Ebbe poi, se così si può dire, la fortuna che un maldestro tentativo di colpo di stato, tentato da un ufficiale franchista nel 1981, gli permettesse di ergersi a difensore del Parlamento e della democrazia. Da allora e a lungo la sua figura apparve come quella di un esempio per tutti i regimi monarchici.
L’esperienza di transizione dalla dittatura alla democrazia vissuta in Spagna divenne un modello e persino un oggetto di studio per i politologi, circa il modo pacifico per un cambiamento di regime.
La fine politica di Juan Carlos ebbe inizio quando egli incominciò a essere lambito dagli scandali o quando egli stesso mostrò di non essere eticamente al di sopra di ogni sospetto. La crisi economica che colpì duramente la Spagna, dopo che per alcuni anni essa era apparsa come un modello di crescita economica per tutti i paesi dell’area mediterranea, ridimensionò ancora la sua popolarità.
Sebbene dal punto di vista personale egli godesse ancora di larghi consensi, ormai, come le recenti elezioni per il Parlamento europeo hanno dimostrato, il credito di cui godeva era andato affievolendosi al punto di mettere in discussione la stessa istituzione monarchica.
LE SCELTE DEL FIGLIO
È questo il clima nel quale il figlio di Juan Carlos, Filipe VI, dovrà regnare. Dato che il conferimento del potere regale è stato inserito nella vigente Costituzione spagnola con il nome di Juan Carlos, sarà necessaria una legge speciale perché Felipe VI salga al trono.
Poi dovrà scegliere il modo in cui governare: se adattarsi al destino di quei sovrani che, come il re del Belgio e la regina d’Olanda, hanno abdicato senza che nessuno o quasi se ne rendesse conto, per assumere un potere solo simbolico, oppure, come appare poco probabile, vorrà risollevare le prerogative tradizionali che una volta spettavano alla Corona.