VARIE 2/6/2014, 2 giugno 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - RE JUAB CARLOS ABDICA
MADRID - Dopo 39 anni di regno finisce in Spagna l’era di Juan Carlos di Borbone. "Abdico per aprire una nuova tappa di speranza in cui si combinano l’esperienza acquisita e l’impulso di una nuova generazione": queste sono le parole usate dal sovrano, che ha comunicato la volontà di lasciare il trono in un breve discorso televisivo. In mattinata era stato il premier spagnolo Mariano Rajoy ad annunciare l’intenzione del re di abdicare in favore del 46enne principe delle Asturie Felipe, che con il nome di Felipe VI assumerà le funzioni di Capo dello Stato. Nel discorso il monarca spagnolo ha richiamato la necessità del ricambio generazionale per fare le riforme necessarie al Paese, rivendicando di aver sempre operato "per il progresso e la libertà di tutti gli spagnoli". Juan Carlos ha spiegato di aver pensato di lasciare a gennaio, al compimento del suo 76mo compleanno, e ha aggiunto che non può che sentire "orgoglio e gratitudine" per tutti gli spagnoli. Il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha definito il re spagnolo "artefice e difensore della democrazia" e un "sostenitore dell’europeismo e della modernità della Spagna".
L’incontro con Rajoy e l’annuncio. Il 76enne sovrano spagnolo, nato a Roma nel 1938, ha messo così fine al suo regno inziato con la fine dell’era franchista. Il suo contributo alla Costituzione del 1978 e la sua decisiva azione contro i golpisti guidati dal colonnello Antonio Tejero nel 1981 lo hanno fatto diventare un simbolo della Spagna democratica. Rajoy, nel suo messaggio istituzionale, ha elogiato il lavoro di Juan Carlos, definendolo "un difensore infaticabile dei nostri interessi" e ha assicurato che il processo di abdicazione si svolgerà "in un contesto di stabilità istituzionale e come prova di maturità della nostra democrazia". A marzo, secondo fonti della Casa reale, il re aveva già comunicato al premier Rajoy e al capo dell’opposizione Rubalcaba l’intenzione di lasciare. Il premier non ha detto quando esattamente Juan Carlos abdicherà, perché il governo dovrà adesso redigere una legge che crei un meccanismo legale per l’abdicazione e consenta a Felipe di salire al trono. La successione del re è regolata dall’articolo 57 della costituzione spagnola.
Gli scandali. La rinuncia del sovrano arriva in un momento delicato per la monarchia spagnola, il cui gradimento è al minimo dopo gli scandali degli ultimi tempi. A cominciare dal caso Noos che ha vede coinvolta sua figlia, l’infanta Cristina, e il genero Inaki Urdangarin, sospettato di avere sfruttato la sua posizione di duca di Palma di Maiorca per appropriarsi indebitamente di fondi statali. Ed è ancora fresca la memoria dell’incidente in Botswana del 2012, quando Juan Carlos dovette scusarsi pubblicamente per essere andato a caccia di elefanti (e dove si fratturò una gamba) mentre il paese attraversava un momento di grave crisi economica. Secondo alcuni media spagnoli, dopo la diffusione della notizia dell’abdicazione del re, sui social network è partito un tam tam che diffonde la voce di manifestazioni indette per le 20 di stasera in diverse città del Paese per chiedere la convocazione di un referendum in cui gli spagnoli decidano se mantenere o meno la monarchia.
Juan Carlos abdica dopo 39 anni di regno: la fotostoria
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Dall’account Twitter ufficiale della Casa Reale spagnola sono partiti due tweet con l’annuncio della decisione, nel primo ci sono le immagini del re che incontra Rajoy e l’intestazione del documento ufficiale di abdicazione. Nel secondo, si annuncia un messaggio televisivo e radiofonico al popolo spagnolo.
SCANDALI ELEFANTI IN BOTSWANA
NON SI PARLAVA MAI MALE DEL RE
30 GENNAIO 1968, BUON INDICE DI POPOLARITA TRA SPAGNOLI. PIU MONARCHICI DI POCO. L’EREDE AL TRONO SARà UNA DONNA FELIPE E LETIZIA NON HANNO FIGLI MASCHI ELEONOR 9 ANNI
ALESSANDRO OPPES (REPUBBLICA.IT)
MADRID - Lascia. Nel momento più basso di popolarità per la monarchia. Ma anche per la sua figura, rispettata per decenni dall’opinione pubblica, sin dal momento dell’incoronazione 39 anni fa, alla morte del Caudillo Francisco Franco che lo aveva designato come suo successore. Re Juan Carlos abbandona il trono dopo non uno, ma una serie incalzante di "annus horribilis" per i Borbone, che potrebbero culminare (la decisione è attesa forse già in settimana da parte del tribunale di Maiorca) con il rinvio a giudizio della figlia più giovane, l’Infanta Cristina, per lo scandalo finanziario Nóos ordito dal marito Iñaki Urdangarin. E sarebbe la prima volta che un componente della Casa Reale siede sul banco degli imputati. Un’onta che, forse, il sovrano temeva potesse affossare per sempre le speranze di salvare la Corona, in un clima in cui, lentamente, aumentano i consensi per un ritorno alla forma di Stato repubblicana. "Sua Maestà il re Don Juan Carlos mi ha appena comunicato la sua decisione di abdicare", ha detto con tono solenne, con una tensione evidente nel volto, il presidente del governo Mariano Rajoy, che alle 10.30 del mattino ha convocato d’urgenza i giornalisti alla Moncloa per una "dichiarazione istituzionale molto, molto importante", dando adito per una manciata di minuti a ogni tipo di speculazioni.
Rajoy ha elogiato l’impegno del monarca al servizio dello Stato come "difensore infaticabile dei nostri interessi" e ha fatto sapere che il processo di abdicazione si svilupperà "in un contesto di stabilità istituzionale e come prova della maturità della nostra democrazia".
Il premier ha subito convocato un Consiglio dei ministri straordinario, per dare il via al processo di successione, che - dopo il voto delle Camere in seduta congiunta sulla rinuncia del re - culminerà con l’incoronazione del principe Felipe come nuovo monarca con il nome di Felipe VI. Rajoy ha assicurato che la preparazione, il carattere e l’ampia esperienza già maturate dall’erede al trono in questi anni costituiscono "una solida garanzia che il suo impegno come capo dello Stato sarà all’altezza delle aspettative". E se non altro, Felipe è in questo momento l’unico componente della Casa Reale a godere di un sufficiente livello di popolarità. I dubbi, semmai, si centrano finora sulla figura della futura regina, l’ex giornalista della tv pubblica Letizia Ortiz Rocasolano, per il suo carattere spigoloso e anche per le voci ricorrenti (solo negli ultimi mesi si sono relativamente attenuate) di una crisi matrimoniale, quando si sono appena compiuti dieci anni dalle fastose nozze celebrate alla Catedral de la Almudena di Madrid.
Juan Carlos abdica dopo 39 anni di regno: la fotostoria
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I rumors sulla possibile abdicazione di Juan Carlos si rincorrevano da tempo. E solo nelle ultime settimane sembravano, all’improvviso, almeno provvisoriamente rientrati. A trarre in inganno, era stata l’inattesa ripresa dell’attività del monarca dopo una lunga serie di operazioni chirurgiche che negli ultimi tre anni ne avevano ridotto la mobilità costringendolo a stravolgere la propria agenda ufficiale.
L’abbiamo visto sul palco dello stadio di Lisbona per la finale di Champions tra le due squadre madrilene. E poi, solo nell’ultimo mese, impegnato in un tour de force in sei capitali del Golfo Persico, alla ricerca di nuovi contratti per le multinazionali spagnole, forse ultimo regalo al servizio del Paese visti i suoi strettissimi rapporti d’amicizia con re ed emiri dell’area (fu proprio grazie al suo intervento che un consorzio di imprese iberiche ottenne una succulenta commessa per la realizzazione dell’alta velocità tra La Mecca e Medina).
Ma il peso delle sventure recenti non era mai stato cancellato. Per tutte, quella sventurata caccia all’elefante in Botswana che, il 18 aprile del 2012, lo costrinse a comparire davanti alle telecamere con aria imbarazzata per dichiarare: "Mi spiace molto, mi sono sbagliato e non succederà più".
CRONOLOGIA DI REPUBBLICA
Il ’ 900 si apre e si chiude con i Borbone sul trono: nel mezzo, la dittatura del generale Primo de Rivera che prende il potere nel ’ 23 col consenso di Alfonso XIII, la proclamazione della
Repubblica e la guerra civile che si chiude nel ’ 36 con l’ascesa di Franco. Dopo 40 anni di franchismo, è Juan Carlos a gestire il ritorno alla democrazia.
Il golpe sventato. Il principe Juan Carlos con il padre Alfonso XIII, la madre Maria Mercedes e i fratelli nell’agosto 1945. Juan Carlos con il generale Franco nel 1971. L’irruzione del colonnello Tejero in Parlamento nel 1981; il golpe fu sventato.
La dinastia, le origini. I Borbone sono una famiglia originaria della Francia centrale: nel 1589 salgono al potere e governano la Francia per oltre due secoli. A questa famiglia appartengono sovrani di eccezionale importanza come Enrico IV e Luigi XIV
Il ramo italiano. Un ramo della famiglia nel 1734 conquista Napoli e la Sicilia: Carlo di Borbone è il primo re delle Due Sicilie: nel 1816 gli succede il figlio Ferdinando I. Restano al potere fino all’annessione nel Regno d’ Italia.
Il ramo spagnolo. Capostipite è Filippo V, duca d’ Angiò, nipote di Luigi XIV di Francia, diventato re nel 1700. Nel 1931 con la proclamazione della repubblica sono costretti ad abbandonare la Spagna: Alfonso XIII viene deposto
Letizia Ortiz Rocasolano, 41 anni, nata ad Oviedo, ex anchor woman e giornalista d’assalto con tanto di divorzio alle spalle, sarà la nuova regina di Spagna, anche se i blog spagnoli rivelano che non accetterà. Cresciuta in una famiglia progressista e repubblicana, è elegante e mai sopra le righe, ma per quanto non possa vantare sangue blu, viene dalle Asturie, regione di cui Felipe è principe, e ha una solida reputazione come professionista: in televisione ha esordito prima con Bloomberg Tv, passando poi a ’Cnn Plus’, il canale ’all news’ spagnolo, per approdare nel 2000 alla ’Television Espanola’, l’ente pubblico radiotelevisivo del Paese. In questi dieci anni di matrimonio con il principe Felipe hanno avuto due bambine, Leonor 8 anni e Sofia, 7. (ansa)
UN VECCHIO PEZZO DI SANDRO VIOLA
NEL VAGONE-LETTO dove l’hanno sistemato, mentre il Lusitania Express viaggia nel buio da Lisbona a Madrid, il piccolo principe può finalmente piangere. Sin allora non ha potuto farlo. Mentre usciva da Villa Giralda, la casa sulla costa di Estoril dove ha lasciato i genitori e i fratelli, le lagrime gli erano già spuntate negli occhi. Ma suo padre è subito intervenuto con voce brusca: "Ricordati che un Borbone piange soltanto nel suo letto". Il bambino è riuscito a trattenersi. Ha varcato la soglia della villa senza voltare il capo, e una grande automobile nera lo ha condotto alla stazione. Ma adesso che nella cuccetta del Lusitania Express è rimasto solo (i suoi accompagnatori, il visconte di Rocamora e il duca di Sotomayor, sono nello scompartimento a fianco), può dare sfogo alla sua tristezza. Il principe si chiama Juan Carlos, ha dieci anni.
Una prima, bruciante solitudine l’aveva conosciuta due anni prima, quando era entrato in un collegio religioso a Friburgo. Ma stavolta è peggio. A Friburgo, dov’ era giunto accompagnato da suo padre, l’avevano accolto altri bambini e preti sorridenti. Mentre adesso, nella stazioncina prima di Madrid dove poco dopo l’alba il treno viene fatto fermare eccezionalmente, trova un gruppo di anziani signori vestiti di scuro, sui volti un’espressione grave. Sono duchi o marchesi o conti di fede monarchica, e gli s’ avvicinano chiamandolo Vostra Altezza: gli chiedono se il viaggio è andato bene, e se sta bene suo padre, che essi chiamano "el Rey", il re. "El rey està bien", risponde compunto il piccolo principe. Dopo di che la comitiva si trasferisce non lontano da lì, in un convento carmelitano, per assistere ad una messa. Nella cappella del convento fa un gran freddo, e il bambino, che non ha ancora fatto colazione, trema per tutto il tempo della messa. Juan Carlos di Borbone festeggerà il 22 novembre il trentennale della sua ascesa al trono.
In patria gode d’ un vasto e affettuoso consenso, all’estero è uno dei personaggi più rispettati. Ma quando mi capita di vederlo alla televisione - la sua espressione fiduciosa, il sorriso costante, l’allegra e signorile semplicità dei modi con cui tratta gli interlocutori-, mi viene sempre in mente la sua infanzia malinconica. Mi chiedo come mai le tante tristezze dei suoi anni di bambino e d’ adolescente (solitudini, costrizioni, umiliazioni non molto diverse da quelle che Dickens immaginò per Oliver Twist e David Copperfield) siano trascorse senza lasciare una traccia visibile nel suo aspetto. Ma l’aspetto è una cosa, e la personalità un’altra. Sicché è certo che al fondo del suo carattere tutto quel che ha dovuto subire, ingoiare in silenzio,
dai dieci ai trent’ anni, ha lasciato una ferita. Ma torniamo al suo arrivo in Spagna, a quel rigido mattino di novembre del 1948, quando gli aristocratici che gli sono andati incontro hanno chiesto notizie di suo padre "el Rey".
In realtà il padre del bambino non è affatto re. Don Juan di Borbone è soltanto il pretendente al trono di Spagna, una Spagna che nel 1948 il generalissimo Francisco Franco tiene da quasi dieci anni, da quando ha vinto la guerra civile, strettamente in pugno. È vero però che se sul suolo spagnolo il generalissimo ha ormai domato con la forza (e migliaia di fucilazioni) ogni opposizione o resistenza, sulla scena internazionale il regime franchista è in gravi difficoltà. Qualcuno, nelle cancellerie di Londra, Parigi e Washington, sta addirittura pensando a come farlo cadere. Le nazioni democratiche uscite vincitrici dalla Seconda guerra mondiale non hanno infatti intenzione, per il momento, di perdonare a Francisco Franco i suoi rapporti col nazifascismo, né il sistema duramente autoritario, parafascista, che ha instaurato in Spagna con l’appoggio indecente della Chiesa. Esse non hanno perciò relazioni diplomatiche con Madrid. Franco è totalmente isolato, e il paese è allo stremo. A tre anni dalla fine della guerra civile la situazione economica risulta disastrosa, e senza aiuti internazionali rischia di farsi drammatica. È principalmente per questo che Franco ha cominciato a pensare ad una restaurazione della monarchia. Il trono di Spagna è vacante dal 1931, da quando Alfonso XIII - padre di don Juan e nonno del piccolo principe - ha abdicato in favore dei suoi successori trasferendosi a Roma. E quel che è avvenuto in seguito, è noto.
L’instaurazione (e l’instabilità) della Seconda repubblica, la sollevazione dei generali golpisti e tre anni sanguinosi di guerra civile. Ma se Franco ha trionfato, la Spagna è adesso, dopo la disfatta del nazifascismo, un rottame dell’Europa sognata da Hitler e Mussolini. Uomo di leggendaria scaltrezza, il Caudillo si mette quindi alla ricerca d’una via d’uscita dall’isolamento. E presto intuisce che ventilare una restaurazione della monarchia, suggerendo così l’idea d’una transitorietà del franchismo, potrebbe servire alla sopravvivenza del regime. Nel ’47 promulga
perciò una legge costituzionale che fa della Spagna una monarchia con lui, Franco, reggente a vita, e subito dopo avvia i contatti col pretendente don Juan. Come altri ex re e pretendenti in esilio, questi abita ad Estoril, poco fuori Lisbona: il primo tramite cui Franco ricorre è quindi suo fratello Nicolàs, ambasciatore in Portogallo. Una cosa è però certa sin dall’inizio: Franco detesta don Juan. Il pretendente è troppo maturo, volitivo, politicante, perché il generalissimo (il cui istinto più forte e profondo è la diffidenza) possa volerlo sul trono. Così, dopo un lungo scambio di lettere e un intenso va e vieni di mediatori, Franco mette sul tavolo la proposta d’educare in Spagna il principe Juan Carlos. Impegni circa la data della restaurazione, non ne prende: né dice chi sarà, se il padre o il figlio Juan Carlos, il re di Spagna. Anzi, per anni terrà contatti con gli altri pretendenti al trono (col fratello sordomuto di don Juan, don Jaime, e con il ramo Carlista dei Borbone) così da conservarsi intero lo spazio di manovra. Per ora, quel che gli serve è soltanto mostrare all’esterno che un giorno, forse, la Spagna sarà di nuovo una monarchia. Il piccolo principe che giunge a dieci anni nella patria dei suoi avi, diventa così la carta più importante nella partita apertasi tra la Casa Borbone e il generalissimo. Sulla sua testa pesano da subito, e peseranno per altri ventun anni (sino a quando nel ’69 Franco non lo indicherà ufficialmente come suo successore), gli intrighi, le astuzie, i voltafaccia e la reciproca avversione dei due giocatori della partita: suo padre e il Caudillo. L’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza di Juan Carlos trascorrono quindi marcati dalla nostalgia della famiglia e dall’incertezza del futuro. Prima in una villa nei dintorni di Madrid, Las Jarillas, dove lo mettono a studiare insieme a tre rampolli dell’aristocrazia e tre dell’alta borghesia, con precettori di stretta osservanza franchista. Poi, dai dodici ai quindici anni, a San Sebastiàn, nell’ex residenza estiva di suo nonno Alfonso XIII. Quindi di nuovo a Madrid dove viene preparato per l’ingresso nelle accademie militari, e infine all’Accademia dell’Esercito a Saragozza. Che tipo di formazione viene all’adolescente Juan Carlos dagli studi che gli impartiscono i precettori scelti dal generalissimo? Quale cultura, quale visione politica e sociale ricava dai militari, dagli anziani aristocratici, dai preti (ce n’è uno a Las Jarillas, il padre Ignacio de Zulueta, un franchista fanatico, le cui lezioni di etica e religione angustiano in modo particolare il piccolo principe) che gli sono stati messi attorno? Le voci che
circolano a Madrid verso la fine dei Cinquanta non sono affatto lusinghiere. Juan Carlos viene descritto come un giovanotto con grandi doti sportive ma non molto intelligente, che matura a fatica, e comunque totalmente sottomesso all’influenza di Franco e dei suoi consiglieri. Così, quando si presenta la prima volta all’Università, la Gioventù Falangista - che è repubblicana - inalbera cartelli con su scritto "No queremos principes imbeciles" e "Abajo los principes tontos". Il giudizio non corrisponde al vero, come si vedrà bene in seguito, ma al momento è il più diffuso. Io stesso ne sarò ingannato. È l’inizio di maggio del 1962, Juan Carlos è già ad Atene dove il 14 di quel mese sposerà Sofia di Grecia.
A Madrid, incontro ad un pranzo Nicolàs de Cotoner y Cotoner, marchese di Mondèjar, che è il capo della Casa Civile del principe. Il marchese è un gentiluomo d’altri tempi, elegante, gentilissimo: e quando vede che mostro un interesse per il giovane Juan Carlos, propone di farmi visitare la Zarzuela, il palazzetto vicino alla residenza di Franco, il Pardo, dove gli sposi andranno ad abitare (ed abitano tuttora). Nel maggio ’62 la Zarzuela è stata appena riarredata dalla moglie del generalissimo, donna Carmen Polo, del cui cattivo gusto si ride in tutti i salotti di Madrid. Fortuna che alle pareti ci sono dei Luca Giordano e dei Ribera di tutto rispetto, così che posso tralasciare ogni commento sull’arredo e soffermarmi ammirato, invece, davanti ai quadri. Il marchese mi guida per tutto il piano inferiore, e ad un certo punto arriviamo in quello che Mondejar chiama il "salottino del principe": due o tre poltrone, l’apparecchio televisivo, una scaffalatura che contiene una dozzina di volumi.
Quando ne occhieggio i titoli, devo trattenere un sorriso. Cinque o sei fanno infatti parte d’una collana di libri per ragazzi come ce n’è in tutti i paesi: le avventure d’un certo Pablito o Juanito
o Luisito - non ricordo bene-, che in uno dei libretti è pilota, in un altro esploratore, in un altro ancora scienziato, e così via. Altri due o tre libri sono da accademia militare: le autoblinde, l’uso della mitragliatrice. Infine due veri libri: Bernadette di Franz Werfel, e le memorie di Viktor Kravcenko, il primo e celebre transfuga dall’Urss a descrivere gli orrori del comunismo.
Memorie che in tutta Europa s’intitolano Ho scelto la libertà, ma alle quali la propaganda franchista ha messo un titolo politicamente più incisivo: Urss, il paese delle lagrime.
Un giovane di ventiquattr’anni con questi libri alle spalle non poteva certo apparire promettente, ed è appunto questo che scrissi in un articolo per il Mondo. Quel che non sapevo è che tra tanto scetticismo sulle qualità del principe, l’unico ad essere convinto che si trattasse d’un giovane intelligente e di carattere forte, era Francisco Franco: uno che si sbagliava raramente nel giudicare gli uomini. Il Caudillo s’è affezionato al giovane Juan Carlos. Negli anni Sessanta comincia a vederlo frequentemente, lo studia, lo ammaestra. E infine (anche per i consigli dei tecnocrati dell’Opus Dei che stavano intanto ammodernando l’economia spagnola) si decide a delineare la successione.
Nel ’69, con una nuova legge, stabilisce infatti che alla sua morte Juan Carlos salirà al trono. Se leggiamo oggi il discorso d’accettazione che il principe pronunciò davanti alle Cortes, emerge clamoroso il contrasto con tutto quel che Juan Carlos è stato in seguito: un democratico convinto, il re che ha riconciliato i vinti e i vincitori della guerra civile, il paziente ma implacabile demolitore del vecchio regime. Il discorso alle Cortes fu infatti di tono e contenuti strettamente franchisti. I deputati applaudirono entusiasti, la tesi che il successore fosse poco più d’una marionetta manovrata dal Caudillo (e alla scomparsa di questi manovrabile dal "bunker", come veniva chiamato il nucleo duro del regime) si diffuse in Spagna e all’estero.
Ma poi, quando trent’anni fa Juan Carlos divenne re, il discorso del ’69 si rivelò per quel che era: una penosa ma inevitabile finzione. Beninteso, la svolta verso una politica che presto non avrebbe avuto più nulla di franchista dovè essere cauta perché il bunker" faceva buona guardia. Ma dalle prime elezioni democratiche del ’77 in poi, il re di Spagna fece capire di che pasta è fatto. Si trattava di smantellare i residui pilastri del regime: il Movimiento - la struttura politica del franchismo - e l’esercito. Il Movimiento era ormai decrepito, cadente, e metterlo fuori gioco non fu difficilissimo. Mentre l’esercito era, nella Spagna del 1975, il potere stesso. E all’interno dell’esercito l’ala conservatrice, per non dire reazionaria, restava la più
forte.
In quei primi anni del regno, la Spagna era dunque ancora in bilico tra passato e futuro. Mentre il sovrano dialogava con tutti i partiti politici, il comunista compreso, e si varavano le autonomie regionali dopo i quasi quarant’anni del rigido centralismo franchista, a Madrid si rincorrevano le voci d’un prossimo colpo di Stato ad opera degli alti gradi militari. Sinché nel febbraio dell’81 il putsch non venne effettivamente tentato, con l’irruzione d’un reparto della Guardia Civil nel Parlamento e vasti movimenti di truppe in direzione di Madrid. Fu la giornata cruciale nell’ormai lungo regno di Juan Carlos de Bòrbon y Borbòn. Un giro di boa che relegò tra le ombre del passato quel che ancora restava del regime franchista. Il sovrano sconfessò infatti i generali golpisti, rassicurò il paese, e il putsch fallì. Da allora, con una rapidità imprevedibile e mettendo in mostra energie e intelligenza politica stupefacenti, la Spagna imboccò la strada che l’ha portata ad essere uno dei paesi più vivi, moderni e meglio governati dell’Occidente.
(6 novembre 2005)
CORRIERE.IT
ANDREA NICASTRO
Il re di Spagna Juan Carlos di Borbone ha deciso di abdicare. Lo ha annunciato agli spagnoli lui stesso, poco dopo l’una, anche se in mattinata la Casa Real aveva diffuso la notizia. Era stato il presidente del consiglio Mariano Rajoy a dare la notizia convocando d’urgenza una conferenza stampa. In quattro minuti, senza accettare domande, Rajoy ha ricordato l’apporto decisivo dato da Juan Carlos all’affermazione della democrazia spagnola dopo decenni di franchismo, il suo contributo a difendere l’immagine della Spagna del mondo, il ruolo di rappresentante delle molteplici identità spagnole. Il governo dovrà ora varare una nuova legge per permettere la successione legale del monarca. Nella costituzione, infatti, si cita espressamente il nome di Juan Carlos come re degli spagnoli e i costituzionalisti hanno sempre espresso perplessità sull’automatismo della successione.
shadow carousel
Spagna, Juan Carlos abdica: la giornata
Spagna, Juan Carlos abdica: la giornata
Spagna, Juan Carlos abdica: la giornata
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«Una generazione più giovane merita»
Alle 13.05, in ogni caso, Juan Carlos è apparso a reti unificate per spiegare le ragioni del suo gesto: «Una generazione più giovane merita di andare avanti, richiede di essere protagonista», ha detto il re ringraziando gli spagnoli e sottolineando: «adesso bisogna passare il testimone a una nuova generazione che vuole realizzare le grandi riforme che il periodo attuale ci sta richiedendo e affrontare con grande intensità grandi sfide del domani». Il sovrano ha anche assicurato che il figlio Felipe «incarna la stabilità e l’istituzione della monarchia, ha la maturità per regnare e aprire una nuova fase».Juan Carlos ha voluto, poi, precisare che il nuovo monarca avrà «il pieno sostegno della moglie Letizia», nonostante l’ex giornalista sia di tendenza repubblicana.
Il principe sarà re: Felipe VI sul trono
Questa mattina Rajoy ha già indicato il successore nel Principe di Asturia Felipe che se è vero è l’unico figlio maschio è anche il minore dei figli del monarca uscente scatenando così un corto circuito tra le norme di parità tra i sessi, le tradizioni della monarchia spagnola e la stessa volontà di Juan Carlos. Perché Felipe e la moglie Letizia salgano al trono di Spagna, però le Cortes, dovranno approvare la legge. E’ malizioso, ma realistico pensare che la decisione di abdicare sia maturata dopo l’esame dei risultati elettorali di domenica 25 maggio quando il consenso verso i due partiti che hanno fondato e governato la democrazia spagnola hanno raggiunto il livello più basso di sempre.
Scandali
Juan Carlos aveva resistito agli scandali di corruzione che hanno coinvolto la figlia Cristina e il marto di lei Urdangarin, aveva resistito allo scandalo di essere scoperto con un’amante mantenuta a palazzo, allo scandalo di andare a caccia di elefanti mentre il suo Paese era in drammatica recessione economica. Può averlo convinto la paura di perdere l’appoggio delle forze politiche. I nuovi partiti emersi dal voto europeo non hanno legami né di riconoscenza né ideologici nei confronti della monarchia. Per il futuro della Corona, meglio quindi arrivare ad una nuova composizione parlamentare, magari meno favorevole al re, con il passaggio di consegne già fatto.
Il re di Spagna Juan Carlos di Borbone ha deciso di abdicare. Lo ha annunciato agli spagnoli lui stesso, poco dopo l’una, anche se in mattinata la Casa Real aveva diffuso la notizia. Era stato il presidente del consiglio Mariano Rajoy a dare la notizia convocando d’urgenza una conferenza stampa. In quattro minuti, senza accettare domande, Rajoy ha ricordato l’apporto decisivo dato da Juan Carlos all’affermazione della democrazia spagnola dopo decenni di franchismo, il suo contributo a difendere l’immagine della Spagna del mondo, il ruolo di rappresentante delle molteplici identità spagnole. Il governo dovrà ora varare una nuova legge per permettere la successione legale del monarca. Nella costituzione, infatti, si cita espressamente il nome di Juan Carlos come re degli spagnoli e i costituzionalisti hanno sempre espresso perplessità sull’automatismo della successione.
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«Una generazione più giovane merita»
Alle 13.05, in ogni caso, Juan Carlos è apparso a reti unificate per spiegare le ragioni del suo gesto: «Una generazione più giovane merita di andare avanti, richiede di essere protagonista», ha detto il re ringraziando gli spagnoli e sottolineando: «adesso bisogna passare il testimone a una nuova generazione che vuole realizzare le grandi riforme che il periodo attuale ci sta richiedendo e affrontare con grande intensità grandi sfide del domani». Il sovrano ha anche assicurato che il figlio Felipe «incarna la stabilità e l’istituzione della monarchia, ha la maturità per regnare e aprire una nuova fase».Juan Carlos ha voluto, poi, precisare che il nuovo monarca avrà «il pieno sostegno della moglie Letizia», nonostante l’ex giornalista sia di tendenza repubblicana.
Il principe sarà re: Felipe VI sul trono
Questa mattina Rajoy ha già indicato il successore nel Principe di Asturia Felipe che se è vero è l’unico figlio maschio è anche il minore dei figli del monarca uscente scatenando così un corto circuito tra le norme di parità tra i sessi, le tradizioni della monarchia spagnola e la stessa volontà di Juan Carlos. Perché Felipe e la moglie Letizia salgano al trono di Spagna, però le Cortes, dovranno approvare la legge. E’ malizioso, ma realistico pensare che la decisione di abdicare sia maturata dopo l’esame dei risultati elettorali di domenica 25 maggio quando il consenso verso i due partiti che hanno fondato e governato la democrazia spagnola hanno raggiunto il livello più basso di sempre.
Scandali
Juan Carlos aveva resistito agli scandali di corruzione che hanno coinvolto la figlia Cristina e il marto di lei Urdangarin, aveva resistito allo scandalo di essere scoperto con un’amante mantenuta a palazzo, allo scandalo di andare a caccia di elefanti mentre il suo Paese era in drammatica recessione economica. Può averlo convinto la paura di perdere l’appoggio delle forze politiche. I nuovi partiti emersi dal voto europeo non hanno legami né di riconoscenza né ideologici nei confronti della monarchia. Per il futuro della Corona, meglio quindi arrivare ad una nuova composizione parlamentare, magari meno favorevole al re, con il passaggio di consegne già fatto.
Felipe sale al trono di Spagna e sua moglie Letizia Ortiz Rocasolano diventa regina. Una regina borghese, che non ha sangue blu. 41 anni, ex giornalista e anchor woman televisiva - il padre Jesu giornalista e militante di Izquierda Unida, la madre infermiera sindacalista - Letizia è laureata in scienze della Comunicazione all’Università Complutense di Madrid. Ha anche un divorzio alle spalle. Dal suo matrimonio con Felipe in poi i media si sono interrogati sull’eccessiva magrezza e sulla sua presunta anoressia. Di recente si sono anche moltiplicate le voci che il matrimonio tra i due sia in crisi. (Rcd - Corriere Tv)
Palacio de la Zarzuela, 02 de junio de 2014
A los efectos constitucionales procedentes, edjunto el escrito que leo, fermo y entrego al Señor Presidente del Gobierno en este acto, mediante el cual le comunico mi decisòn de abdicar la Corona de España.
El Rey de España
don Juan Carlo I de Borbòn
QUANTO GUADAGNANO I REALI
14 FEBBRAIO 2004
MADRID – A leggere i numeri ufficiali del bilancio diffusi lunedì dalla Casa Reale spagnola ci sarebbe da mettere in discussione una quantità enorme di ataviche convinzioni. Ricco come un re? Difficile con i 140mila euro di stipendio annui che si attribuisce Juan Carlos di Borbone. Beata come una regina? Peggio, visto che doña Sofía guadagna 63mila euro, il 45% del regale consorte. Niente di meglio che sposarsi il principe azzurro? Attente ragazze perché il principe ereditario Felipe, a 46 anni compiuti giovedì scorso, guadagna 70mila euro, la metà del babbo, e la ex borghese Letizia appena 49mila euro. La possibile futura regina prende meno di quanto dichiarava al Fisco da giornalista tv.
Certo, le cifre praticamente raddoppiano se si considerano anche le «spese di rappresentanza» che portano a 292.752 euro il reddito imponibile di Juan Carlos, 131.739 quello della regina, 146.376 quello del principe e 102.464 quello della principessa. Nelle spese di rappresentanza rientrano vestiti e parrucchiere, feste, vini e pasticcini, ma si tratta comunque di reddito lordo su cui i reali pagano oltre il 50% di tasse.
L’Infanta Cristina (Reuters)L’Infanta Cristina (Reuters)Siamo ben lontani da una ricchezza da favola, un qualunque top manager di banca guadagna molto di più. E’ definitivamente finita l’epoca magica di principi e regine? Aspettate ancora qualche riga per giudicare. Nel costo della famiglia reale spagnola vanno inclusi anche i 25mila euro tondi assegnati alla primogentita del re, la Infanta Elena, per le sue spese di rappresentanza quando partecipa agli eventi pubblici. Nulla invece alla sorella minore, la Infanta Cristina, che dal dicembre 2011 è esclusa dagli atti ufficiali per il coinvolgimento suo e del marito in un’inchiesta su tangenti, corruzione, evasione fiscale, riciclaggio di capitali. Cristina è attesa sabato a dichiarare davanti al giudice di Palma di Maiorca ed è facile sospettare che questa operazione trasparenza messa in atto lunedì dalla Corona assomigli a un’operazione di marketing e auto promozione verso i cittadini del Regno. In effetti non sarebbe elegante che un’indagata per evasione fiscale arrivasse in tribunale con scarpe e borsetta pagate dai contribuenti.
Romantici e monarchici si rilassino, non tutti i numeri si leggono allo stesso modo e non tutti i numeri sono leggibili. In realtà lo stipendio del re di Spagna resta avvolto da un alone di magia e vale molto di più di quello di un comune cittadino. Come «personificazione dello Stato e suo rappresentante» il re ha diritto a un’ufficio e una casa (una volta si chiamava reggia). Il che fa salire i costi. Il bilancio concesso per il 2014 alla Casa Reale non è la somma degli stipendi personali alla famiglia (che tra tutti non arrivano a 800mila euro), ma raggiunge i 7 milioni e 775.040 euro. Da notare che, in omaggio alla solidarietà regale, per il quarto anno consecutivo il totale delle attribuzioni è sceso anche se di poco (2%). Con questi soldi i poveri reali devono pagare segretari, portavoce, consulenti d’immagine, giardinieri, cuochi, camerieri e tate (per un totale di 3,8 milioni), ma anche il riscaldamento, le ristrutturazioni delle case (avute in regalo dallo Stato), i mobili e giù giù sino alla bolletta di luce e gas per casa (3,1 milioni).
Restano poi assolutamente invisibili tutti i costi strettamente legati alla sicurezza e ai trasporti. Ad essere onesti ha anche un senso. Nessun cittadino vive in un parco con centinaia di cervi, tanto grande che per difenderlo anche solo dai ladri ha bisogno di decine di guardie armate. Non sono portieri, quelli, ma agenti di polizia a libro paga del Ministero dell’Interno. Poi ci sono gli aerei di Stato, pagati dall’Aeronautica militare. In un viaggio di rappresentanza, così come per andare al mare, i reali viaggiano gratis, protetti dalle Forze Armate con due Falcon di Stato a loro riservati. Diciannove viaggi all’estero di cui molti a lungo raggio, non sono economici.
In omaggio alla crisi e al deterioramento dell’immagine della monarchia, però, la Corona fa sapere che i suoi dipendenti quest’anno hanno ridotto le spese raggiungendoli con normali voli commerciali e non più in business, ma in economy. I costi che i ministeri sostengono per la Famiglia restano per ora un segreto di Stato così come il patrimonio personale del re accumulato in anni di regali, commissioni, ringraziamenti, investimenti di imprenditori, sceicchi, Enti pubblici. E’ possibile che, fra qualche anno, diventino di dominio pubblico e allora si avrà un’idea più precisa di quanto effettivamente costi la monarchia alla Spagna. Certo, rimarrà sotto i 130 milioni che se ne vanno ogni anno per mantenere la Presidenza della Repubblica italiana (che però ha altri compiti istituzionali legati alla valutazione costituzionale delle leggi), ma certo sarà più alta dei 7,7 milioni resi pubblici ieri.
Questo è il terzo anno in cui Juan Carlos fa esercizio di trasparenza. Ogni volta si aggiungono dettagli. Quest’anno, ad esempio, si è specificato che il ridisegno della pagina web di famiglia è costato più di 100mila euro. Mentre le tre operazioni chirurgiche subite dal monarca circa 160mila euro. La maggior differenza tra questo e gli altri anni, è che si è voluto quantificare il lavoro di regina e principessa. Si è usciti dalla melassa della «munifica» attribuzione del re e si è voluto mettere dei numeri. Se il re capo di famiglia prende 100 e il figlio erede 50, la regina guadagna 45 e la principessa 35. Potrebbe venir utile in caso di divorzio, ma soprattutto è utile per dire che l’Infanta Cristina sotto inchiesta prende zero. Non è un caso, non può esserlo, che sebbene la dotazione reale sia stata approvata a dicembre, le cifre siano state diffuse solo ieri in vista della comparsa di Cristina in tribunale. Un modo per dire che la Corona ha nei fatti preso distanza dalla sue (presunte) pecore nere e che l’ansia con cui seguirà il processo dipende solo dai normali, umani, condivisibilissimi sentimenti che dei genitori provano nei confronti di una figlia finita nei guai. Operazione trasparenza o operazione simpatia, la realtà è che la Corona dei Borbone è in attesa di un weekend nero.
LA REGINA ELISABETTA (LASTAMPA.IT)
VITTORIO SABADIN
Ora che Juan Carlos di Spagna, 76 anni, ha annunciato l’intenzione di abdicare in favore del figlio Felipe, tutti si domandano se abbia ancora senso che la regina Elisabetta d’Inghilterra, 88 anni, continui imperterrita a restare al suo posto e non debba invece seguire l’esempio, e lasciare il trono al figlio Carlo. Inutile chiederlo a Buckingham Palace: da decenni, la risposta è sempre la stessa. La Regina ha detto quello che doveva dire al riguardo in un discorso fatto nel 1947, quando annunciò alla radio che finché fosse stata in vita avrebbe continuato a fare il suo dovere.
Nonostante l’età, Elisabetta è ancora in grande forma. Ha ridotto gli impegni, ma questo non le impedisce di fare ancora viaggi all’estero, come la breve visita a Roma dal Presidente Napolitano o come il viaggio in Normandia che farà il 6 giugno per commemorare i 70 anni dello sbarco degli Alleati. C’è poi un traguardo al quale Elisabetta vuole sicuramente arrivare: l’11 settembre del 2015, quando supererà il record di 63 anni e 216 giorni del regno di Vittoria, diventando il sovrano più longevo della storia britannica. Può darsi che il 12 settembre del prossimo anno la Regina faccia come Juan Carlos e decida di farsi da parte, ponendo termine al suo splendido regno. Ma a trattenerla c’è un altro impiccio: il figlio Carlo. Nessuno lo dice apertamente, ma c’è il forte timore che la monarchia britannica corra seri pericoli una volta che Carlo sarà salito al trono. Anche se tutto quello che c’è in Gran Bretagna le appartiene di diritto, Elisabetta è stata sempre molto attenta a non invadere terreni altrui, come quelli di Westminster, dove regna sovrano il Parlamento. Non si è mai espressa pubblicamente sulle attività del governo e ha limitato sempre le sue osservazioni agli incontri settimanali con il premier, dai tempi di Winston Churchill a David Cameron. Sa bene che ogni osservazione può essere interpretata come una ingerenza nell’assoluta libertà del Parlamento, cosa che non verrebbe tollerata. Carlo invece è convinto che il re debba avere ancora poteri sul suo regno e inonda ministri e parlamentari di lettere nelle quali spiega come vorrebbe lo skyline di Londra, ora oppresso da troppi grattacieli, come bisognerebbe passare subito a coltivazioni biologiche e costruire nuove città ecologiche a misura d’uomo, senza auto e inquinamento. Propositi rispettabili, ma che vengono visti a Downing Street come una minaccia all’indipendenza di governo e Parlamento.
Un po’ alla volta, Elisabetta cerca di correre ai ripari. Ha delegato parte dei suoi impegni al figlio, gli ha affidato la comunicazione di Buckingham Palace e con il marito Filippo lo tiene d’occhio, cercando di mettere sotto controllo le sue intemperanze e le sue uscite fuori luogo. E soprattutto ha stretto una inimmaginabile alleanza con la moglie di Carlo, Camilla,, che avrà tanti difetti ma è l’unica che si è dimostrata capace di tenere a bada il marito, consigliandolo per il meglio. Insomma, forse Elisabetta abdicherà, ma non c’è fretta. La successione è sicura per molti anni a venire, con Carlo, William, George e l’altro figlio di Kate che sicuramente arriverà. E poi la monarchia britannica non è come le altre monarchie europee i cui sovrani regnano per un po’ e poi se ne vanno a trascorrere la vecchiaia in Costa Azzurra. E il paragone con Juan Carlos non regge: un re discusso, travolto da scandali sessuali e finanziari e forse anche per questo costretto ad andarsene, esponente di una monarchia compromessa con il regime dittatoriale di Francisco Franco. La corona britannica è un’altra cosa, e la si serve fino alla fine.
LASTAMPA.IT
GIAN ANTONIO ORIGHI
gian antonio orighi
Dagli altari alla polvere. È questa la traiettoria che il re Juan Carlos, 76 anni - che ha abdicato lasciando il trono al figlio Felipe, 46 anni - ha tracciato nei suoi 39 anni di regno.
Quando salì al trono, grazie al dittatore Franco, che lo nominò successore a titolo di re nel ’69, Mitterrand lo chiamava “Juan Carlos il Breve”. Una predizione che facevano in molti, anche perché la “vacatio regis” è durata dal ’39 a ’75.
Eppure, il monarca “ romano” ( è nato nel ’38 nella Città Eterna dopo la proclamazione della II Repubblica, nel ’36), è riuscito a diventare “ Juan Carlos il Longevo”. Non solo per aver traghettato la Spagna da una dittatura a una democrazia, ma soprattutto per il ruolo giocato durante il golpe dell’81, quando fermò il colpo di Stato. Da allora gli spagnoli sono diventati, più che monarchici, “juancarlisti”.
Questa aureola, quasi una santificazione, si è mantenuta per decenni, fino a quando la “congiura del silenzio”, regola non scritta ma applicata da tutti i media, si è rotta. Ed allora sono venute fuori tutte le sue love story: 1.500, secondo una fonte a lui vicina. Ma lo scandalo più dirompente forse accade nel 2012, quando si fratturò un’anca mentre stava cacciando gli elefanti in Botswana, proprio nel periodo in cui gli spagnoli pativano i tagli bestiali imposti dal governo conservatore del premier Rajoy. Non solo: venne fuori anche che la sua ultima amante, la biondissima tedesca Corinna, era con lui nella battuta, oltre a ricoprire, da anni, il ruolo di “regina non ufficiale”, seguendolo nei suoi viaggi e dimorando nei pressi della residenza reale di Madrid.
Il gelo che segnava i rapporti con la regina Sofía, la salute malferma e lo scandalo del genero Iñaki Urdangarin, marito della secondogenita reale Cristina, indagato con la consorte per uno scandalo di fondi pubblici intascati via una Ong No Profit, hanno reso inevitabile l’unica uscita di scena possibile: lasciare il trono al figlio. Ma gli spagnoli non sono monarchici e le bandiere repubblicane fanno sempre più atto di presenza in tutte le manifestazioni di Spagna. Insomma, una eredità molto pesante per Felipe VI, sposato poi con Letizia, una borghese divorziata ed ex giornalista tv, in gioventù di sinistra e repubblicana, che non ha mai convinto gli spagnoli.
CRONACA DI GIANANTONIO ORIGHI (LASTAMPA.IT)
gian antonio orighi
madrid
Re Juan Carlos abdica. Lo ha annunciato stamani alle 10,30 il premier spagnolo, il popolare Mariano Rajoy , in una conferenza stampa straordinaria dal Palazzo della Moncloa, trasmessa in diretta tv. Il sovrano, 76 anni, sul trono dal 1975 per decisione del dittatore Francisco Franco, che lo nominò suo successore “a titolo di re”, ha poi comunicato personalmente le ragioni. Il successore è il principe delle Asturie, Felipe de Borbón, 46 anni, sposato con la ex giornalista Letizia Ortiz e padre di due figlie, che regnerà con il nome di Felipe VI. Laureato in giurisprudenza, ha studiato negli Stati Uniti, prendendo master internazionali a Georgetown.
“Ho assunto questo compito perché la nostra diventasse una democrazia moderna, per restituire il potere politico ai suoi legittimi rappresentanti - ha detto il re nel suo discorso ai sudditi-. Guardando indietro non posso non essere orgoglioso e grato nei confronti del mio popolo”. Il monarca ha parlato della necessità di lasciare spazio alla generazione giovane “che merita di andare avanti”, indicando nel figlio Felipe la figura migliore per affrontare le sfide del presente «incarna la stabilità e l’istituzione della monarchia, ha la maturità per regnare e aprire una nuova fase», auspicando il meglio per la Spagna “cui ho dedicato - ha detto - la mia vita”.
La decisione è maturata nei mesi scorsi, non per motivi politici, economici o salute (negli ultimi mesi Juan Carlos ha recuperato pienamente dopo vari interventi chirurgici, in tutto ne ha subiti 13, e le convalescenze nell’ultimo anno e mezzo), ma l’annuncio è stato rinviato per non interferire con il voto per le elezioni europee del 25 maggio. Il sovrano avrebbe cominciato a pensare alla possibilità di abdicare a gennaio , comunicando le sue intenzioni al figlio Felipe e al portavoce del Palazzo reale, Rafale Spotorno. La decisione poi è maturata nel mese di marzo, quando l’ha comunicata al premier Mariano Rajoy e poi al capo dell’opposizione, Alfredo Perez Rubalcaba.
La monarchia spagnola attraversa momenti durissimi. Scandali a ripetizione, sia per le innumerevoli liaison di Juan Carlos, sia per l’affaire che vede indagati sia il genero del monarca, Urdangarin, sia la secondogenita del monarca, l’Infanta Cristina, di cui a gennaio c’è stata l’incriminazione per malversazione e riciclaggio. La vicenda è legata a una ong che si è intascata circa 20 milioni di euro di fondi pubblici e privati, che controllavano attraverso una loro società, la Nóos. Ma già in precedenza c’erano stati molti episodi che avevano portato a dure critiche verso il sovrano borbonico, come la battuta di caccia all’elefante del 2012 in Botswana, nel pieno della crisi economica della Spagna, in cui Juan Carlos si era fratturato l’anca destra per una caduta e dove pare fosse accompagnato da un’amante. Per placare le critiche, negli ultimi tempi la Casa Reale era stata costretta a pubblicare la dichiarazione dei redditi di re, regina, principi e principesse.
In piena sfida indipendentista della Catalogna e all’indomani delle elezioni europee che hanno segnato una sostanziale crisi dei due principali partiti, quello popolare e quello socialista, re Juan Carlos registrava ad aprile un gradimento di soli 3,72 punti su 10 da parte degli spagnoli. Toccherà a Felipe, che gode di consenso altissimo e si è sempre tenuto al di fuori degli scandali, risollevare le sorti di una istituzione che si regge sul fatto che il re ha fermato il golpe dell’81. I tempi non saranno brevi. Domani si riunisce un consiglio dei ministri straordinario perchè non esiste, nella Costituzione spagnola, una legge che specifichi i passi da farsi per una abdicazione.
COME SONO ANDATE LE ELEZIONI EUROPEE IN SPAGNA
Debacle del bipolarimo? In Spagna Pp e Psoe contano cinque milioni di voti in meno. I due grandi partiti, i popolari al governo e i socialisti all’opposizione, perdono seggi. Chiuse le urne, a Madrid i primi risultati ufficiali delle elezioni europee arrivano intorno alle 23. Il Partito popular del premier Mariano Rajoy vince con il 26 per cento e 2 seggi sul Partito socialista, ma perde ben 8 seggi rispetto alle ultime elezioni e si ferma a 16. Dietro il Psoe, con il 23 per cento delle preferenze e 14 seggi conquistati. Meno 9 rispetto al 2009. Aumenta Izquierda Unida, che si piazza al terzo posto col 10 per cento di preferenze e 6 seggi conquistati. Ma la rivelazione arriva dal basso: Podemos, il nuovo movimento nato appena 4 mesi fa e guidato da Pablo Iglesias, politologo socialista indignato, vicino alle idee del greco Alexis Tsipras.
La partecipazione spagnola è stata del 45,58%, uno 0,68 in più rispetto all’ultima tornata del 2009, secondo i dati diffusi dal ministero degli Interni. Poca cosa, se non fosse per gli oltre otto punti percentuali registrati in Catalogna. A Barcellona vince l’indipententismo di Esquerra Republicana, con il 23,6 per cento, ottenendo due seggi a Strasburgo. Il terremoto c’è stato, ma finora le reazioni dei due grandi partiti sono stati parecchio diverse. Nella sede di calle Génova a Madrid, sede del partito popolare, lo stesso premier Mariano Rajoy ha annunicato la vittoria con tono trionfante. La candidata socialista Elena Valenciano ha invece parlato di una necessità di riflessione, senza però assumersi delle responsabilità sul risultato.
L’analisi del piccolo terremoto politico é stato posticipata a lunedì. Le direzioni di entrambi i partiti si riuniranno in mattinata per fare il punto sui risultati e cominciare a prendere delle decisioni per il futuro. Anche perchè il voto europeo è di certo una prima spia rispetto alle elezioni politiche del prossimo anno.
A Madrid però la sopresa si chiama Podemos: 1,2 milioni di preferenze, un 7,94 per cento di voti e 5 seggi conquistati in Europa. Pablo Iglesias, leader del partito, ha già fatto sapere che la Spagna “non vuole essere una colonia della Germania né della Troika”. Nata lo scorso 11 marzo, la formazione molto vicino ai movimenti del 15M è entrata con forza nel panorama politico, lanciando un preciso messaggio agli elettori “indignati”, con un duro discorso contro il bipolarismo rappresentato dal Pp e dal Psoe, entrambi tacciati come appartenenti alla “casta politica”. Bene anche i centristi di Unión Progreso y Democracia, guidati dalla deputata Rosa Díez, che conquistano 4 seggi con un 6,5 per cento di voti. In Catalogna invece Erc triplica i suoi voti, ottenendo un 23,6 per cento di preferenze e diventando la prima forza politica. Convergència i Unió, il partito dell’attuale presidente della Catalogna Artur Mas, diventa così la seconda forza politica con il 21,8% di voti.