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 2014  maggio 30 Venerdì calendario

GRATTA E PERDI: L’AZZARDO SBANCA GLI ITALIANI


Roma. Grattiamo tanto e vinciamo poco. Ci svegliamo la mattina con la speranza di diventare turisti a vita, buttiamo monetine a raffica nelle slot machine, aspettiamo un gol per riscuotere la vincita. Ma i sogni di gloria s’infrangono nella sfortuna e, soprattutto, nella statistica. L’Italia è il secondo Paese al mondo per soldi persi pro capite nel gioco d’azzardo: nel 2013 le nostre tadi Rosario Di Raimondo sche si sono alleggerite di 291 euro a testa, per un totale di 17,3 miliardi andati in fumo. Peggio di noi ha fatto solo l’Australia. A stilare questa classifica è un esperto del settore, Matteo Iori, presidente del Conagga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo) e del Centro sociale Papa Giovanni XXIII di Reggio Emilia. Tutto comincia da una semplice sottrazione. Nel 2013 il fatturato dell’azzardo in Italia è stato di 84 miliardi di euro. Di questi, 67 miliardi sono stati vinti mentre i restanti 17 sono finiti nelle casse dello Stato e dell’industria del gioco. Con questa cifra, tra i dieci Paesi al mondo nei quali le perdite sono maggiori, in valori assoluti l’Italia è «solo» quarta. In testa ci sono Stati Uniti, Cina e Giappone. «Ma se dividiamo queste cifre per il numero di abitanti di ogni Stato, saliamo sul podio» spiega Iori. «Al primo posto ci sono gli australiani, con 795 dollari persi all’anno, e poi noi italiani, con 400 dollari». Appunto, oltre 290 euro. A trainare il gioco d’azzardo, nel nostro Paese, è l’invasione delle macchinette (slot machine e videolottery), che inghiottono 47 miliardi di euro l’anno. «Per questi apparecchi il rischio dipendenza e più alto: ci sono poco tempo tra una partita e l’altra, assenza di relazioni umane e possibilità di giocare ovunque e sempre». Seguono i 12 miliardi che vanno nei giochi online e, infine, le lotterie e i «gratta e vinci». In Italia, secondo il Consiglio nazionale delle ricerche, 300 mila persone sono dipendenti dal gioco d’azzardo e altre 600 mila sono ad alto rischio. «Ma la politica latita» dice Gori: basti pensare che le cure per la ludopatia non sono tra i servizi garantiti dal nostro sistema sanitario. E quindi le strutture pubbliche non hanno fondi specifici per aiutare chi rimane intrappolato nel gioco. Proprio a Reggio Emilia, il centro sociale Papa Giovanni XXIII gestisce Pluto, una comunità aperta 24 ore su 24 destinata ai giocatori patologici, voluta e finanziata dalla Regione Emilia-Romagna. Uno dei pochi esempi in Italia.

Rosario Di Raimondo, il Venerdì 30/5/2014