Silvia Truzzi, Il Fatto Quotidiano 31/5/2014, 31 maggio 2014
“PESCE”, “ALBATROS”, “IDEA”. STORIA POETICA DEL CONTO CIFRATO
Diciamo che nel naming – “nominare”, dare il nome a qualcosa – abbiamo un talento speciale. E no, non state per leggere un articolo sui creativi del Belpaese. Bensì un pezzo su indagati, condannati e compagnia bella che hanno dimostrato notevole fantasia, talvolta con esiti grotteschi, nel chiamare i conti correnti su cui confluivano tangenti, fondi nerissimi, bustarelle ed altre simili amenità. L’ultimo in ordine cronologico è l’ex ministro tecnico dell’Ambiente Corrado Clini che, in omaggio alla sua lunga carriera “verde”, ha chiamato il conto corrente 0247678051 aperto presso la filiale di Lugano della solita Ubs e a lui intestato, “Pesce”. Flora e fauna, no? Più animalista di Clini c’è stato solo Antonino Vinci, ex pm della Procura di Roma, condannato per corruzione in atti giudiziari: nella famosa sentenza con cui nel 2004 i giudici di Milano prendono atto dell’avvenuta prescrizione per la corruzione del Lodo Mondadori a carico di Silvio Berlusconi, si parla diffusamente di un conto “Anatra”, acceso dall’ex magistrato (deceduto nel 1998) il 28 gennaio 1991 presso la SBS di Lugano.
Recentemente è riapparso sulla scena Primo Gregranti, l’ex compagno G che ai tempi di Mani Pulite era titolare del conto “Gabbietta” che lo fece finire davvero al gabbio, a San Vittore, per 115 lunghissimi e taciturni giorni, prima di essere condannato definitivamente a 3 anni e 7 mesi per finanziamento illecito. Condannato anche il suo socio, Giancarlo Quagliotti, oggi vice segretario regionale Pd a Torino, e titolare del conto “Idea” (socialista?). Invece il conto intestato ad Alberto Perego, il capo della casa dei Memores domini in cui vive l’ex governatore Celeste Roberto Formigoni, si chiamava “Paiolo” (presso la Bsi di Chiasso): qui, nel pentolone, affluivano anche i denari provenienti da società del gruppo Finmeccanica e da società petrolifere come Cogep. Bisogna dire che il capostipite di tutti, però, è il conto 633369, aperto presso l’Ubs di Lugano nel 1979: ribattezzato “Protezione” in maniera assai poco lungimirante, fece finire nei guaissimi Bettino Craxi, Claudio Martelli e Silvano Larini. Negli anni di Tangentopoli il naming bancario è uno sport praticatissimo, con risultati di riguardo e ambizioni perfino letterarie. Nella vicenda della maxi-tangente Saipem, a un certo punto, salta fuori un conto corrente baudleriano, senza dubbio un “Fiore del male”: 2 milioni e 100.000 dollari finiscono a Paolo Ciaccia (Saipem) in bot, cct e contanti, in parte versati su sul conto ginevrino “Albatros”.
Famosissimo poi è l’aneddoto delle acque minerali. “Avvocato, riferisca al suo cliente che l’acqua minerale è finita”, disse Antonio Di Pietro a Nerio Diodà, difensore del manager socialista Mario Chiesa, primo imputato di Mani pulite. Il quale sbianca e capisce al volo: il pm ha scoperto i suoi conti svizzeri, “Fiuggi” e “Levissima”. Nel 1993 riceve il suo primo avviso di garanzia Gianni De Michelis, ex ministro degli Esteri e delle Partecipazioni statali ed ex vicepresidente del Consiglio del Psi. I magistrati lo accusano di essersi spartito gli appalti pubblici del Veneto (e relative mazzette) con l’ex ministro democristiano ai Trasporti Carlo Bernini. L’inchiesta è partita dalla scoperta di un conto bancario in Svizzera. Come si chiamava? “Scopa”. Tutta una questione di pulizia.
@silviatruzzi1
Silvia Truzzi, Il Fatto Quotidiano 31/5/2014