Andrea Montanari, MilanoFinanza 31/5/2014, 31 maggio 2014
NEI TENTACOLI DELL’EMIRO
Dovendo gestire un flusso di cassa di 100 milioni di dollari al giorno, cifra derivante dal trading sul petrolio, la ricchissima famiglia Al Thani (patrimonio stimato in 135 miliardi di dollari), che regna sul Qatar dal lontano 1868, può permettersi di tutto. Anche di puntare una fiche da 1,8 miliardi per rilevare il 6% del colosso bancario Deutsche Bank nell’ambito della ricapitalizzazione in corso dell’istituto, tra i principali su scala europea.
Del resto nel 2008, in piena crisi post-Lehman, l’emiro Sheikh Hamad bin Khalifa Al Thani, che un anno fa ha ceduto lo scettro all’erede designato, il figlio Tamim bin Hamad Al Thani, staccò un assegno da 6,1 miliardi di sterline per diventare il primo azionista di Barclays con oltre il 12% (partecipazione ora scesa al 5%). E che dire della valutazione monstre (33 volte l’ebitda 2011) che una delle figlie, Sheikha Al Mayassa Hamad bin Khalida, riconobbe due anni fa alla maison Valentino, rilevata dalla finanziaria Mayhoola per 750 milioni? D’altronde quando non si hanno problemi di contabilità quotidiana e le casse traboccano di quelli che un tempo erano i petroldollari, tutto è acquistabile. Anche senza pensarci troppo. Come dimostra il caso della joint venture IQ Made In Italy, realizzata pariteticamente dalla Qatar Holding Llc con il Fondo Strategico Italiano.
Forte di una dotazione complessiva di 2 miliardi e di un’iniziale iniezione di capitali di 300 milioni nel suo primo anno di vita, non ha ancora concluso un affare. I soldi giacciono in cassa, ma non c’è fretta. Perché nel frattempo i manager dell’emiro, che comanda dal quartiere generale di Doha, continuano a monitorare i mercati europei, valutare dossier e fare offerte alle quali non si può dir di no. Il fine ultimo di questo piano espansivo è quello di creare una rete d’investimenti che copra tutti i principali mercato del Vecchio Continente e che dia la possibilità di spaziare a 360 gradi, dal credito alla moda, dall’informazione allo sport.
E se nel Regno Unito ormai la presenza dei facoltosi Al Thani è consolidata grazie al ruolo di secondo azionista nel London Stock Exchange, unita a quello di primo socio della catena di supermercati Sainsbury’s, investitori importanti nel progetto immobiliare di lusso londinese di Canary Wharf e, infine, di proprietari dei grandi magazzini Harrod’s, è nell’Europa mediterranea che gli emiri vogliono ora comandare. Conquistata una posizione strategica in campo politico e finanziario in Francia anche grazie ai buoni uffici dell’ex presidente Nicolas Sarkozy (il Qatar è azionista di Lagardere, Total, Vivendi e del Paris Saint Germain, oltre ad aver pagato 240 milioni di euro i diritti tv per il torneo transalpino), ora gli obiettivi sono Spagna e Italia. Il fine ultimo, dopo la bocciatura di Doha quale sede delle Olimpiadi del 2020, è convincere l’Occidente della bontà del progetto per i Mondiali di calcio del 2022 curati dall’organizzazione guidata dallo stesso emiro regnante, Tamim bin Hamad Al Thani, che è anche ai vertici del braccio finanziario e controlla in prima persona la società, proprietaria del 70% del Paris Saint Germain. Un target ambizioso per il quale l’emiro non baderà a spese soprattutto se si giocherà in estate, stagione nella quale la temperatura tocca i 50 gradi.
Ecco spiegato il motivo per cui, dopo un anno di studio, la famiglia regnante del Qatar ha accelerato l’ingresso sui mercati di Italia e Spagna. Una strategia che ruota attorno alla potenza di fuoco della Qatar Media Corporation, ovvero il canale all news Al Jazeera (oltre a Doha ha sedi anche a Londra, Washington e Kuala Lampur), che da fine 2006 trasmette anche in lingua inglese, e soprattutto del network televisivo sportivo a pagamento BeIn, lanciato nel 2003 e direttore per anni da Nasser Al Khelaifi, oggi numero uno del Psg. La strategia di Al Jazeera in questo senso è doppia. Con BeIn, che diffonde 19 canali e ha i diritti di ogni evento sportivo di portata mondiale (dal calcio al tennis, dall’atletica al basket Nba, dal 6 Nazioni di rugby alla MotoGp), è pronta a presentarsi entro inizio giugno all’asta per i diritti della serie A di calcio per il periodo 2015-2021 (contratto da 5,94 miliardi), mettendo sul piatto un assegno che gli altri attori, da Sky Italia a Mediaset Premium, difficilmente riusciranno a garantire senza svenarsi. Dall’altro, Al Jazeera sta tentando di intromettersi nella trattativa in corso tra Telefonica e Prisa per la compravendita del 56% della pay tv Digital+, per la quale il colosso delle tlc iberico è però in netto vantaggio anche grazie al via libera del governo Rajoy. Il bacino d’utenza spagnolo fa gola sia all’emiro Al Thani sia a Rupert Murdoch anch’egli in corsa per Digital+ fino a pochi mesi fa. Ma vista la scelta protezionistica che sta facendo la politica (il Paese oltre che protagonista nel mondo del pallone è ai vertici nel Motomondiale con Marc Marquez, del tennis con Rafa Nadal e, seppure in difficoltà come scuderia (Ferrari), della F1 con Fernando Alonso), è plausibile che gli Al Thani debbano ritirarsi di buon grado senza il boccone rappresentato dalla piattaforma da 1,8 milioni di abbonati, da mixare con i diritti della Liga. I padroni del Qatar dovranno per ora accontentarsi della presenza nel mondo del calcio con il Malaga di proprietà di Abdullah bin Nasser, parente stretto dell’emiro, oltre che con la sponsorizzazione del Barcellona.
Ma c’è un modo che può garantire alla piovra-Qatar l’ingresso in forze in Italia e indirettamente in Spagna, passando dal calcio. Proprio Al Jazeera, supportata da Barclays (altro freccia nella faretra degli Al Thani), sta valutando l’acquisto di Mediaset Premium sfidando Vivedi (anch’essa partecipata dalla Qatar Holding). Un asset non facilmente valutabile visto che l’ultimo bilancio noto risale al 2011 (il rosso era di 68,5 milioni) e che conta su 2 milioni di abbonati contro i 4,75 milioni di Sky.
Al gruppo tv di Cologno serve un alleato dopo l’investimento di oltre 700 milioni per l’esclusiva della Champions League 2015-2018 e l’inevitabile partecipazione all’asta, a questo punto al rialzo, sulla serie A. Proprio questa potrebbe essere infatti la vera novità: al bando della Lega calcio potrebbe partecipare BeIn, evitando al Biscione di spendere cifre elevatissime, e successivamente Al Jazeera entrerebbe in forze nel capitale di Premium. Un modo per approdare poi anche in Spagna, visto che Mediaset ha il 22% di Digital+ e vorrebbe rafforzare l’alleanza con Telefonica. Insomma, l’emiro si sta facendo sempre più tentacolare, senza badare a spese. Come dimostrano i 650 milioni messi sul piatto per comprare 4 alberghi di lusso in Costa Smeralda, i 150 milioni per il Four Season di Firenze e i 100 milioni spesi per rilevare una proprietà in Piazza di Spagna a Roma da più di mille mq. O i 134 milioni di dollari pagati anni fa per l’hotel Gallia di Milano.
Andrea Montanari, MilanoFinanza 31/5/2014