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 2014  maggio 31 Sabato calendario

DAL DROGATO ALLO SCIPPATORE ECCO L’IDENTIKIT DI CHI USCIRÀ 



Apriti cella. Le sentenze della Cassazione che hanno stabilito di rivedere al ribasso le pene per gli spacciatori condannati secondo l’ormai incostituzionale Fini-Giovanardi spalancheranno i cancelli delle patrie galere a qualche migliaia di detenuti, previa richiesta di ricalcolo della pena da parte dei fortunati interessati. Difficile essere precisi con i numeri: i condannati per reati connessi agli stupefacenti sono oltre 22mila, e quattro su dieci di questo esercito sono stranieri, ma il dato non distingue tra droghe «pesanti» escluse dagli effetti della sentenza della Suprema corte - e «leggere», come invece fa la nuova legge. Come stima di massima, secondo Donato Capece, segretario del sindacato degli agenti di polizia penitenziaria Sappe, dovrebbero tornare in libertà circa 5-6000 spacciatori.
Eppure tanto è bastato perché il ministro di Giustizia, Andrea Orlando, salutasse la sentenza come un passo verso la deflazione carceraria, come se si trattasse di un intervento normativo strutturale per risolvere la piaga delle nostre galere. Il problema, invece, è che se è difficile abbozzare un preciso identikit di chi uscirà, è certo che non saranno solo tossicodipendenti dediti soprattutto al consumo personale o piccoli pusher occasionali a rivedere la libertà con l’arrivo dell’estate.
A farla breve, solo i grandi narcotrafficanti dovrebbero restare certamente dietro le sbarre. Mentre moltissimi spacciatori ultrarecidivi - gente che si dedica allo spaccio «professionalmente », e che spesso ha alle spalle diverse pesanti condanne - potranno avvantaggiarsi della scappatoia offerta dalla sentenza e riconquistare la libertà. Anche perché proprio i delinquenti abituali sanno come comportarsi in carcere, e vantano una condotta impeccabile dietro le sbarre come poco significativo «requisito» per tornare a lavorare in strada.
A far suonare l’allarme della pericolosità sociale è anche un dato di fatto. Lo spaccio di droga, con la prostituzione, è il vero «ufficio cassa» della criminalità organizzata. Quest’ultima vedrà quindi rimpolpati gli organici della manovalanza impiegata nel business degli stupefacenti. Praticamente torneranno a operare anche tantissimi «bancomat» italiani e stranieri di mafia e camorra, mentre i tagli alle forze di polizia indeboliscono ancora il controllo del territorio. Qualcuno ipotizza che torneranno a piede libero anche alcuni detenuti per spaccio già passati per il 41 bis, il carcere duro, poi passati nei reparti di alta sicurezza e infine trasferiti nelle sezioni ordinarie. E, presto, in strada.
Un bel pasticcio, insomma, spacciato addirittura per «soluzione » al sovraffollamento carcerario, il cui costo sociale sarà certamente superiore al presunto beneficio. Il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp, Leo Beneduci, non se la prende tanto con la Cassazione, ma con il caos nel sistema. «A mandare liberi gli spacciatori super-recidivi - sospira- non è tanto la sentenza, ma un sistema penitenziario che non rieduca, abdicando alla sua funzione, e che è abbandonato a se stesso, oltre ai tempi della giustizia che “vantano” 150mila prescrizioni l’anno». Con un ministro, Orlando, che, prosegue Beneduci, «per le notizie che abbiamo si appresta a fare una riforma della Giustizia che terrà fuori sia il carcere che la polizia penitenziaria: niente sul fronte di una migliore funzionalità e di un miglioramento delle condizioni dei detenuti e del lavoro degli agenti». Insomma, le sentenze del Palazzaccio rimetteranno per strada un bel po’ di gente poco raccomandabile, col risultato che le carceri più vuote oggi possano tornare a riempirsi domani. Eppure, se funzionassero meglio, non sarebbero così affollate. «Perché qualcuno, almeno, riusciremmo a recuperarlo - spiega Beneduci - e invece si continua a mettere lo sporco sotto il tappeto».