Salvatore Garzillo, Libero 1/6/2014, 1 giugno 2014
LE «SVISTE» DEL CARCERE DI LODI CHE LIBERA I DETENUTI SBAGLIATI
Nel carcere di Lodi c’è qualcosa che non va. Lo avevano annunciato le sigle sindacali della polizia penitenziaria pagare questo errore che è riconducibile al clima di tensione e di stress che si vive all’interno da troppo tempo. Appare quanto mai necessario e urgente l’avvicendamento dell’attuale direttrice Stefania Mussio onde smantellare l’attuale assetto dell’istituto e ridare respiro alla polizia penitenziaria». La Mussio è al centro delle polemiche da tempo e qualcuno sospetta che i gravi errori registrati negli ultimi quattro mesi siano un modo per mandarla via. L’unica cosa certa è che i sottoposti non apprezzano la sua gestione del carcere, dove gli agenti denunciano una grave situazione organizzativa, mancanze sindacali, carenza di sicurezza e igiene, la mancata considerazione dell’aggiornamento professionale e una sbagliata ripartizione dei carichi di lavoro.
E poi ci sono le scarcerazioni sbagliate. Della prima, avvenuta a febbraio, si ha solo notizia e neppure i sindacati hanno voluto fornire dettagli, ma la seconda è spettacolare. Ruota attorno a uno scambio di persona causato da errore nella lettura dell’età del destinatario del provvedimento. Protagonista è Hicham Ennakagh, marocchino di 28 anni che era stato arrestato dai carabinieri di San Giuliano Milanese nell’ambito di un’operazione che aveva permesso di individuare un traffico di eroina e cocaina nelle campagne di Pedriano. All’inizio di marzo Ennakagh riceve un’inaspettata notifica di scarcerazione che invece era destinata al suo compagno di cella, il nordafricano Mahjub Echakraoui, che di anni ne ha 48 e non 28.
Il marocchino ritira i propri effetti personali e mentre si avvia all’uscita si accorge di aver ricevuto per sbaglio il portafogli del compagno. Allora chiama il suo avvocato Debora Piazza, la ringrazia per il lavoro svolto e le racconta anche del portafogli, aggiungendo quel dettaglio come fosse trascurabile. Il difensore, che non aveva in calendario la liberazione del suo cliente, gli chiede un paio di volte di ripetere il nome temendo che la persona al telefono avesse sbagliato numero. Alla terza volta è partita per Lodi e ha convinto l’extracomunitario a fare rientro nella struttura di via Cagnola. A sua discolpa ha detto di non aver capito cosa c’era scritto sull’atto perché non era stato tradotto in arabo. Il detenuto, a differenza degli addetti del carcere, non parla e non legge l’italiano.